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Arrivederci Berlinguer!: intervista ai registi del documentario sui funerali e l'eredità di Enrico Berlinguer

Sarà al cinema il 10 e 11 giugno, per i 40 anni dalla morte di Enrico Berlinguer, il documentario Arrivederci Berlinguer!, realizzato a partire dal film collettivo L'addio a Enrico Berlinguer. Abbiamo incontrato i registi Michele Mellara e Alessandro Rossi.

Arrivederci Berlinguer!: intervista ai registi del documentario sui funerali e l'eredità di Enrico Berlinguer

Il 7 giugno del 1984, mentre era a Padova per un comizio, Enrico Berlinguer fu colpito da un ictus ma volle continuare il suo discorso agli elettori. Nel pomeriggio venne portato in ospedale e 4 giorni dopo morì a causa di un'emorragia cerebrale. Sono trascorsi 40 anni da quella tragica giornata e oggi un documentario intitolato Arrivederci Berlinguer! vuole ricordarci che grande uomo politico fosse l'antifascista sardo che fu segretario del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino al giorno della sua scomparsa.

Al cinema il 10 e l’11 giugno distribuito da Wanted Cinema, Arrivederci Berlinguer! è diretto da Michele Mellara e Alessandro Rossi, che sono partiti dal film collettivo L'addio a Enrico Berlinguer - che raccontava il funerale di Berlinguer - per poi aggiungere prezioso materiale d'archivio. Di quel film celebrativo i registi hanno voluto stemperare il carattere liturgico a favore di una messa in evidenza dell'umanità di Enrico Berlinguer e della sua lungimiranza, nella speranza di far comprendere a chi non ha vissuto in quell’epoca, la grandezza di un leader politico come non ce ne sono stati più.

Qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere di intervistare proprio Michele Mellara e Alessandro Rossi, che a partire dal 2003, con Domà - Case a S. Pietroburgo, hanno cominciato il loro originale percorso come filmmakers nel cinema documentario. I loro film sono stati trasmessi dai canali televisivi di oltre 50 paesi del mondo e hanno ricevuto diversi premi. Rossi e Mellara insegnano entrambi all'Università di Bologna e sono tra i fondatori della Mammut Film. Abbiamo cominciato la nostra informale conversazione con loro dalla nascita dell'idea di Arrivederci, Berlinguer!: "Tutto è cominciato con la proposta di Luca Ricciardi dell'Archìvio del Movimento Operaio e Democratico di Roma e di Riccardo Costantini di Cinema Zero di Pordenone" - ci hanno spiegato. "Entrambi ci conoscono come registi e hanno apprezzato i nostri documentari, in particolare La febbre del faro, uscito nel 2010, distribuito dalla Cineteca di Bologna e incentrato sulla stagione politica felice di Bologna, dal dopoguerra agli anni '80. Con soddisfazione ed entusiasmo abbiamo raccolto la sfida di questo film, coinvolgendo Massimo Zamboni. Avevamo già lavorato con lui nel 2013 per God, Save the Green e da allora abbiamo continuato a sentirlo di tanto in tanto. Massimo ha accettato immediatamente di comporre la colonna sonora di Arrivederci Berlinguer!, anche perché è una materia viva e pulsante che sente molto vicina. A quel punto abbiamo lavorato su tre binari: il primo è il film dal quale siamo partiti per realizzare buona parte del montaggio di Arrivederci Berlinguer!, e cioè L'addio a Enrico Berlinguer, girato in concomitanza con i funerali di Enrico Berlinguer da molti dei maggiori cineasti italiani dell’epoca: Michelangelo Antonioni, Ettore Scola, Gillo Pontecorvo e così via. Il secondo è il materiale d'archivio proveniente dall'AMOD, che abbiamo distillato, selezionato e utilizzato come contrappunto narrativo alle immagini del funerale. Lo abbiamo fatto perché volevamo mostrare un Enrico Berlinguer vivo e politicamente attivo non solo nel rapporto con i suoi elettori ma anche nei maggiori contesti internazionali e nazionali. Il terzo binario è la collaborazione con Massimo, che in realtà ha prodotto ed elaborato insieme a noi, più che una colonna sonora, una drammaturgia sonora del film, vale a dire un altro elemento portante e narrativo che tende a emozionare, coinvolgere e da un certo punto di vista evocare un senso di perdita irrecuperabile".

Il punto di partenza è stato dunque L'addio a Enrico Berlinguer. Come mai nel titolo del documentario avete sostituito "addio" con "arrivederci"?

Il titolo è stato preceduto da una lunga diatriba. Volevamo qualcosa che fosse un'apertura, visto che c'è un morto e c'è un funerale, ma il funerale si chiude con una panoramica dall'alto su una folla. Si vede anche il cielo, che rimanda a un'idea di felicità e di futuro. La parola arrivederci ci apriva all'oggi. Volevamo un titolo che fosse solare. L'addio è un taglio netto, mentre nell'arrivederci un po’ di speranza c’è.

Cosa vi piacerebbe che arrivasse al pubblico che vede il documentario?

I film che funzionano sono quelli che emozionano e che fanno pensare, e quindi mi auguro che anche Arrivederci Berlinguer! sia per il pubblico fonte di emozione e di coinvolgimento, di partecipazione e di riflessione, in particolare sull'oggi rispetto a quello che è successo l'altro ieri, perché 40 anni non sono secoli, e infatti molti di noi hanno dei ricordi diretti, personali e familiari di quella stagione. Ciò significa che il confronto può essere più forte e più immediato, e quindi l'arrivederci del titolo è un arrivederci anche a temi della politica, che possono tornare nei vasi comunicanti delle idee ed essere rimessi in campo.

Chi ha 40, 50 anni si svegliava la mattina, quando era ragazzo, con la voglia di cambiare il mondo e la fiducia nelle proprie possibilità di cambiarlo. Come sono i ragazzi di oggi? Svogliati o capaci di militanza? Ottimisti o pessimisti? Certo non è un periodo fulgido questo per la politica…

In effetti c'è da dire che questo non è un bel momento per la politica e in generale per il mondo, se però pensiamo alla fine degli anni '70 e all'inizio degli '80,  ci ricordiamo che c'era una guerra in Libano, ci sono state Cernobyl e Ustica, la strage di Bologna, le stragi fasciste, la gente che si picchiava per strada e l'eroina che dilagava. E poi erano i primi anni del craxismo… e che dire della paura della bomba atomica? Siamo nati con la paura della bomba atomica. Adesso è tornata,  dopo un lungo periodo in cui sembrava l'avessero dimenticata, quindi i tempi sono sempre molto brutti, ma entrambi abbiamo delle figlie in cui notiamo uno slancio di militanza e una profonda attenzione a ciò che sta accadendo anche fuori dall'Italia. I giovani ci mettono la faccia e investono il loro tempo, rischiando di prendere delle manganellate o di essere arrestati. Questi gesti producono in noi un barlume di speranza perché, se c'è una possibilità di cambiamento rispetto a temi centrali della nostra convivenza civile come l'egualitarismo, la giustizia sociale e la pace nel mondo, è certamente nei nostri ragazzi e ragazze. E quindi chi scrive sui giornali: "Ah, questi giovani non hanno valori" farebbe meglio ad andarsene in pensione.

A guardare le immagini del funerale di Berlinguer, ci si stupisce per il numero di persone che parteciparono ai suoi funerali. C'erano uomini, donne e bambini, e molti piangevano. Voi ricordate quel giorno?

Avevamo 13, 14 anni quando è morto Berlinguer e ricordiamo i suoi funerali. Quel bagno di folla ha qualcosa di unico nella storia della Repubblica Italiana, perché nessun funerale di un leader politico ha richiamato così tante persone. Fu una partecipazione trasversale, sia a livello geografico che sociale, e ciò è legato alla storia del PCI e alla capacità di Enrico Berlinguer di parlare a tutti da varie latitudini, facendo arrivare in modo chiaro il suo pensiero. Oggi parliamo tanto di comunicazione in tempo reale, ma quanto respiro ha questa comunicazione? Che portata ha? Che capacità di generare adesioni rispetto a temi e idee nella politica?

Nel vostro film a un certo punto si vede Sandro Pertini, e so che inizialmente avevate pensato di far vedere i vari segretari di partito. Era così ampia la fascia di estimatori di Enrico Berlinguer?

Per noi non è importante soltanto il popolo che ha partecipato al funerale, ma anche quello che era assente, nel senso che c'era un grande rispetto da parte delle varie correnti politiche e dei partiti, oltre alla condivisione di una modalità di fare politica, perché adesso magari ci sono forme di amore e passione, pensiamo al colpo di stato dei seguaci di Trump che sono entrati dentro il Campidoglio armati in nome di quello che gli aveva detto il loro Presidente. Anche Berlusconi ha avuto un'incredibile popolarità. Il problema, tuttavia, è che non c'è più uno spazio di condivisione dell'idea della politica, della società e della collettività. Berlinguer e i suoi avversari litigavano furiosamente ma erano consapevoli del fatto che insieme avevano costruito la democrazia del paese. E poi c'erano dei collanti: egualitarismo. come già detto, giustizia sociale, diritto al lavoro, diritto alla casa.

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