Interviste Cinema

Nostalgia: Cannes, Mario Martone, Pierfrancesco Favino e l'emozione di perdersi in un film viscerale

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Unico film al 100% italiano in concorso al 75° Festival di Cannes, Nostalgia racconta un ritorno a casa che coincide con una crescita. Del film hanno parlato ai giornalisti il regista Mario Martone e il protagonista Pierfrancesco Favino.

Nostalgia: Cannes, Mario Martone, Pierfrancesco Favino e l'emozione di perdersi in un film viscerale

Anche se siamo fra gli habitué di Cannes, durante il "festival des festivals" capitano momenti in cui ci mancano la nostra casa, le nostre abitudini, la nostra cucina senza intingoli, i nostri cari. Poi arriva un film che ci fa ritrovare l'entusiasmo e la voglia di cinema, e se il film è italiano e racconta un viaggio emotivo fortissimo, allora ritroviamo facilmente la verve dei primi giorni e ci sorprendiamo a tifare per il nostro paese. Durante la 75esima edizione di Cannes, il miracolo è avvenuto grazie a Nostalgia di Mario Martone, che fa parte del Concorso del Festival di Cannes 2022 e che sarà in sala dal 25 maggio. Il protagonista è uno straordinario Pierfrancesco Favino, che prima della Montée des Marches in e della proiezione ufficiale, incontra i giornalisti insieme al regista in uno degli splendidi saloni dell'Hotel Gray d'Albion.

Al centro di Nostalgia c'è quel Rione Sanità che è stato già raccontato da Mario Martone, che insieme a Ippolita di Majo ha stavolta trasformato in una sceneggiatura un romanzo di Ermanno Rea. Qualcuno suggerisce, durante la conferenza stampa, che il film somiglia a Chinatown di Roman Polanski. Martone naturalmente apprezza il paragone e dice: "E’ bello cominciare questo incontro partendo da Chinatown, e probabilmente il parallelo un senso lo ha, perché tanto Chinatown quanto il Rione Sanità sono luoghi cinematografici dell'anima. Sono dei labirinti, e il romanzo di Rea mi dava la possibilità di fare un film tutto in un quartiere, perché Nostalgia non si svolge a Napoli ma in un solo quartiere di Napoli, che è un'enclave lontana dal mare. Gli stessi napoletani lo conoscono poco. Lo volevo utilizzare come una scacchiera borghesiana in cui i personaggi compiono il loro percorso da soli, confrontandosi con il passato. Ma poi arriva l'incontro con l'altro che determina il loro destino. Essendo poi la Sanità un quartiere con una forte connotazione umana, ho deciso di fare un film non con una messa in scena tradizionale e le solite comparse. Volevo buttare per strada i miei personaggi, un po’ come si faceva al tempo del Neorealismo o della Nouvelle Vague".

Pierfrancesco Favino è seduto accanto al suo regista e ha un sorriso a 32 denti e gli occhi luminosi. E’ emozionato, e parla con il cuore, con la pancia direbbe qualcuno. "Faccio fatica a parlare in termini razionali" - spiega infatti. "Ho vissuto Nostalgia come un'esperienza viscerale. Facendolo, ho vissuto forti emozioni. Nostalgia è stato un luogo, uno spazio e un tempo in cui casualmente mi sono completamente perso. La Sanità è un'ammaliatrice. Credevo non fosse possibile piegare il Rione Sanità alle leggi del cinema. Ma noi ci siamo riusciti e io ho sperimentato zone di me che non avrei potuto scoprire se non avessi accettato il ruolo".

Di questo luogo metaforico in cui smarrirsi e del romanzo di Rea parla ancora Mario Martone: "Il romanzo ce l'ha proposto Luciano Stella. Ippolita, invece, l'aveva già adocchiato. Tante volte mi sono stati proposti film da romanzi belli e giusti per me, ma se non succede qualcosa dentro di me, il film non lo riesco a fare. Il romanzo di Rea questo qualcosa ce l'aveva. Il nostro è stato un percorso misterioso. Non conoscevo bene la Sanità, mi ero infilato una volta nelle catacombe per un documentario, e poi mi ricordo che andavamo a ballare al KGB. La Sanità è un quartiere che è caduto in ombra quando ha finito di essere il percorso che il re faceva per andare a Capodimonte. E’ rimasto abbandonato e inevitabilmente è arrivata la Camorra. Il suo essere una terra di nessuno lo rende ai miei occhi qualcosa che somiglia al Far West, in altre parole c'è un che di mitologico fra le sue strade. C'è il sopra e c'è il sotto, che noi chiamiamo La Valle dei Morti, e necessariamente ci sono il presente e il passato che coesistono.

Anche se parla di tempi, luoghi e personaggi lontani, Mario Martone mette sempre qualcosa di sé nei suoi film. In Nostalgia sono presenti, ad esempio, i suoi genitori: "Ho pensato a mia madre, che non c'è più da tanti anni. Uno fa film come questi perché ci sono cose che risuonano. Nel guantaio Raffaele risuonava mio papà, che vendeva pellicce. La mia speranza è che anche gli spettatori colgano qualcosa di sé in Nostalgia. Devo ammettere che un senso non l'ho mai trovato facendo il film, così mi sono affidato a Ermanno Rea e l'ho seguito a occhi chiusi".

In Nostalgia Pierfrancesco Favino interpreta un uomo di nome Felice che torna a Napoli dopo decenni di assenza e affronta il passato. Lo fa senza gesti eclatanti, ma ben consapevole di aver trovato il suo approdo definitivo. A parlare del personaggio è dapprima Mario Martone: "Felice è un personaggio atipico nel cinema italiano. Non è un eroe, e capire le sue motivazioni è complicato. Il suo agire è determinato dall'emotività e a volte ha degli scatti che non ti aspetti. Per me come regista è rimasto un uomo con qualcosa di inesplorato, e lo stesso è accaduto a Pierfrancesco, che ha capito che Napoli può essere tante cose, perfino un luogo dove un attore di talento può diventare napoletano".

Anche Favino ha qualcosa da dire su Felice, che prima parla in arabo, e poi si riappropria della lingua napoletana: "Tutto l'arco della vita di quest'uomo sta nel ritrovarsi o comunque nel trovare ciò che non sapeva di essere. E siccome non stiamo parlando di un accento, ma di una lingua vera e propria, con certi silenzi, certi respiri e certi ritmi, parlarla in un certo modo significa far parte del coro. Durante la pandemia mi sono messo a studiare l'arabo e mi sono accorto che tante cose della struttura della frase sono le stesse delle lingue del sud. In arabo non esiste il verbo avere, si dice: 'Una cosa è a te'. E’ un po’ lo stesso di 'soreta'. Mi sono avvicinato alla lingua napoletana con timore e rispetto, ma anche con tanti maestri, In ogni modo con Mario abbiamo lavorato anche sul modo in cui Felice sta seduto, perché la sua postura è lo specchio di un modo di pensare e di essere".

Nostalgia esce in un periodo in cui le sale non sono piene e si continua, un po’ per abitudine e un po’ per paura, a guardare i film in streaming a casa. Pierfrancesco Favino è un sostenitore del cinema al cinema e si augura che la gente possa nuovamente uscire di casa e acquistare un biglietto per vedere un film: "Se tu non senti il desiderio di andare al cinema, non puoi cambiare il tuo percorso di vita. Si va a vedere un film o a un concerto per maturare, al limite per confermarsi. Non si può maturare dal divano di casa, che è un luogo acquistato. Felice è un uomo ricco che vive con una moglie che ama, eppure sceglie di stare in un luogo povero, difficile, sporco, e così cresce, cambia. I tempi che stiamo vivendo ci impediscono di fare questa esperienza meravigliosa, perché è solo al cinema che io mi abbandono e penso che la visione di un altro possa essere anche la mia".

"Quando ero ragazzo" - interviene Martone - avevo un amico caro e amavamo il cinema. Ricordo che avevamo visto New York New York e pensavamo:  'Come sarebbe bello poterlo avere, fare il salto. Un film ti passava sotto gli occhi magari 32 volte, ma non lo potevi avere. Il cinema non si poteva possedere".

L'incontro con Mario Martone e Pierfrancesco Favino finisce presto. La giornata di Nostalgia è ancora lunga e bisogna prepararsi per la soirée: Mario Martone è il più trepidante di tutti e, nel salutare i giornalisti, esprime un desiderio: "Nostalgia è un film molto maschile che è stato fatto da diverse donne, donne che hanno grande importanza. Vi chiedo quindi di concentrarvi sul lato femminile del film". 

Passando brevemente di festival in festival, ci piace ricordare che a Mario Martone sarà dedicato l'evento Speciale sul cinema Italiano alla prossima edizione del Pesaro Film Festival a giugno, con anche la copia restaurata di Morte di un matematico napoletano per la prima volta sul grande schermo

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