La Casa di Jack: la nostra intervista a Matt Dillon
Abbiamo incontrato il magnifico protagonista del nuovo e incredibilmente denso film di Lars Von Trier, in quella che è una delle prove migliori dell'attore.

Capita anche a chi, come noi, fa questo lavoro da almeno - ahimé - trent'anni, di impappinarsi per l'emozione e dimenticare grammatica e sintassi, dopo aver vissuto l'emozione di un grande film come La casa di Jack e trovarsene davanti lo straordinario protagonista, che non è un attore qualunque, ma Matt Dillon, la cui carriera seguiamo fin da quando ha iniziato, a 15 anni in Giovani Guerrieri, per poi diventare giovanissimo protagonista di film come I ragazzi della 56ma strada e Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola, e proseguire con perle come Drugstore Cowboy e Da morire di Gus Van Sant, e con commedie di enorme successo come Tutti pazzi per Mary e Tu, io e Dupree, mettendoci in mezzo anche un bel film da regista come City of Ghosts.
Appassionato tra l'altro di musica, Dillon lavora da qualche anno a un documentario intitolato El Gran Fellove e dedicato al musicista di scat cubano Francisco Fellove, e anche di quello gli abbiamo chiesto nei cinque minuti in cui l'abbiamo avuto di fronte, ancora giovanissimo nell'aspetto, con la sua inconfondibile voce, con cui ci ha raccontato quanto abbia amato la sensazione di libertà del lavoro con Lars Von Trier, le difficoltà ma anche l'allegria che si respirava sul set di un film così cupo (ma con parecchio humour nero) come La casa di Jack, che arriverà nei nostri cinema il 28 febbraio distribuito da Videa (
).C'è stato anche il tempo per un breve ricordo di Bruno Ganz, scomparso poco tempo fa e ci ha molto colpito che Dillon, che ne conosceva il lavoro e lo ammirava molto, ne abbia parlato al presente, come è giusto che sia, perché un artista vive per sempre nella sua opera.