1485 kHz (Se otto ore): la voce del padrone fa paura nel nuovo corto horror di Michele Pastrello
Unisce sfruttamento del lavoro e soprannaturale il nuovo lavoro del regista Michele Pastrello in 1485 kHz (Se otto ore), scritto con Lorena Trevisan, che ne è protagonista, che sarà disponibile in streaming su Reveel, Kinema.com e Altavod dal primo maggio. Vi presentiamo il trailer.

Fare cinema indipendente, lontano da Roma e dai circoli, circoletti e circuiti disposti a dare visibilità anche a chi non la merita, contando solo sulle proprie capacità in un mondo sempre più distratto e superficiale. è un’impresa molto difficile, quasi eroica in Italia, e anche per questo doppiamente lodevole. Ci prova ostinatamente e in modo efficace un regista di puro talento come il veneto Michele Pastrello, noto almeno tra gli addetti ai lavori e gli appassionati per lo stile narrativo suggestivo, e il contenuto sempre interessante e politico, coltivato attraverso corti e mediometraggi in cui immagine, sonoro e sottotesto si sposano alla perfezione, anche quando, come nel caso del suo nuovo film che vi presentiamo, 1485kHz (Se otto ore), che dal primo maggio sarà disponibile su varie piattaforme streaming indipendenti (Reveel, Kinema.com, Altavod) Pastrello utilizza le spoglie del classico horror soprannaturale.
In questo suo ritorno al genere da cui era partito con film come 32 e Ultracorpo, ma che in fondo non l’ha mai davvero abbandonato (se ne avverte l’influenza anche in opere diverse come Inmusclà). l’autore utilizza il tema della metafonia o psicofonia (fenomeno caro alle pseudoscienze, secondo il quale da alcune frequenze radio o registrando il rumore bianco si possono sentire le voci dei morti), per raccontare quello che accade ad una donna delle pulizie (Lorena Trevisan), mandata da un datore di lavoro dispotico, in sostituzione a una collega extracomunitaria scomparsa. a ripulire una casa abbandonata, dove si imbatterà in presenze che le toglieranno, letteralmente, la voce, rubata da quella del padrone. Un padrone che, ieri come oggi, è sempre lo stesso: non indosserà più le braghe bianche della celebre canzone di protesta, ma ritorna nel canto storico delle mondine dell’inizio del secolo scorso che dà il sottotitolo al film e che ha avuto un revival anche nel 1977, ed è pur sempre quello che sa di poter contare su una manodopera a basso costo, costretta per necessità a vendere la propria dignità. 1485KHZ ribadisce l’efficacia dell'horror nel raccontare metaforicamente la realtà, ridando forza ad un cinema politico che negli anni Settanta era il segno distintivo di un genere ridotto oggi spesso a mero entertainment per adolescenti. Questo è il trailer di 1485kHz (Se otto ore).
1485kHz (Se otto ore): la trama
Italia settentrionale. Friuli Venezia Giulia. Una donna addetta alle pulizie, minacciata dal licenziamento, si ritrova vincolata – dal bisogno di lavorare – ad accettare un incarico insolito: ripulire una casa proletaria in un luogo sperduto tra le montagne. Prima di lei era stata mandata una collega extracomunitaria, di cui si sono perse le tracce. Giunta sul posto, si trova immersa in un silenzio irreale. Le tapparelle sigillate avvolgono l’interno in un’oscurità quasi totale, e l’aria è pervasa da un senso di sospensione. Frugando tra gli oggetti impolverati, s’imbatte in un vecchio volume sulla metafonia scritto da un fisico teutonico. Più il tempo passa, più l’ambiente si rivela non solo isolato, ma profondamente sinistro. Eppure, la necessità di portare a casa lo stipendio la spinge a ignorare ogni segnale d’allarme, rimanendo intrappolata in un luogo che sembra respirare un’eco di presenze invisibili.
Michele Pastrello sul suo 1485kHz (Se otto ore)
Dopo i premi vinti ai miei esordi, ritorno nel 2024 con 1485KHz al thriller-horror, al sovrannaturale, con una ghost-story (il cui titolo si riferisce agli studi sulla metafonia di F. Jürgenson), ma sempre nel modo con cui già anni or sono mettevo in immagini l’orrore: quello con il sottotesto politico e sociale, come un tempo grandi maestri erano soliti a utilizzare il cinema di genere. Il mio film affonda le radici in una tematica che, nel nostro Paese e non solo, è sempre stata dolente: il soffocamento delle istanze di giustizia sociale. La Storia dimostra che il potere – qualunque esso sia – non si limita a reprimere, ma freme affinché la tua voce, le tue parole, la tua volontà siano quelle che esso reclama.
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