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BIOGRAFIA DI ERNST LUBITSCH
Regista e attore. Benché per anni abbia dichiarato di essere nato a Vienna, in realtà trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Berlino dove frequenta il Sophien Gymnasium. Dopo il diploma, grazie a un corso di recitazione, si innamora del palcoscenico e decide di lasciare gli studi per tentare la carriera di attore. A soli 19 anni entra a far parte della compagnia di Max Reinhardt, con cui rimane poco tempo poiché nel 1912 - subito dopo essere apparso sul grande schermo in un piccolo ruolo in "Das Mirakel", di Cherry Kearton e Reinhardt - riceve una proposta interessante dalla Bioscope e decide di tentare la via del cinema. Queste prime esperienze gli aprono gli occhi su un mondo espressivo mai immaginato, tanto che a partire dal 1915, inizia a firmare regie di cortometraggi. Sono soprattutto commedie di costume, che si segnalano per la presenza di grandi interpreti come Ossi Oswalda, Emil Jannings e Pola Negri. Il successo, arrivato nel 1918 con "Sangue gitano", viene confermato l'anno successivo da "Madame DuBarry", un melodramma romantico ambientato alla corte del Re Sole, e da "La bambola di carne" dove per la prima volta Lubitsch si confronta con le tematiche espressioniste. Nel 1923, diventato uno degli autori tedeschi più noti, si trasferisce a Hollywood, negli Stati Uniti, dove si conferma regista dalla straordinaria prolificità e dal tocco lieve ma al tempo stesso dotato di profondità, che la critica di tutto il mondo non esiterà a definire "Lubitsch's Touch". Negli anni Trenta, è tra i pochi a aprirsi coraggiosamente al sonoro raccogliendo clamorosi successi con "Montecarlo"(1930), "Un'ora d'amore"(1931) e "Mancia competente"(1932). Con "Partita a quattro"(1933) non esita a mettere in scena un triangolo amoroso platonico tra un drammaturgo, un pittore e una giovane e bella ragazza, che stenta a risolversi finché in scena non compare un 'quarto incomodo', e l'anno successivo, con "La vedova allegra", aggira nuovamente la censura, disseminando il film di situazioni al limite della convenienza e con doppi sensi e battute sagaci. Dopo aver diretto Marlene Dietrich in "Angelo"(1937) e in "L'ottava moglie di Barbablù", nel 1939 sceglie la 'diva' Greta Garbo per interpretare la commedia "Ninotchka", una satira del comunismo sovietico e della sua rigidezza, ma anche dello stile di vita occidentale. Il film, pubblicizzato con lo slogan "Garbo ride!" ottiene il successo, mentre con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il suo cinema si ammanta di un velo di tristezza. Nel 1942 con "Vogliamo vivere!" mette in scena una feroce e divertente satira del nazismo e di Hitler, ma l'anno successivo, subito dopo aver firmato uno strabiliante contratto con la 20th Century Fox e la fine delle riprese di "Il cielo può attendere", viene colto da un infarto. Risoluto a non abbandonare il cinema, nel 1944 è impegnato nelle vesti di produttore in "Scandalo a corte" di Otto Preminger, un altro regista formatosi alla scuola di Max Reinhardt. Nel 1947 l'Academy gli tributa l'Oscar alla carriera e inizia a dirigere "La signora in ermellino", il film che non riesce a portare a termine perché muore stroncato da un infarto nove giorni dopo l'inizio delle riprese. Si è sposato due volte: la prima con Helene Kraus, conosciuta nel 1922, da cui divorzia nel 1930; la seconda con Vivian Gaye, da cui ha la figlia Nicola che, nel 2006, accetterà di ripercorrere i primi passi della carriera di suo padre davanti alla macchina da presa di Robert Fischer.