Solo: A Star Wars Story, recensione del film che racconta la origin story di Han Solo presentato al Festival di Cannes 2018

15 maggio 2018
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Gli ingredienti giusti ci sarebbero anche tutti, ma il film si affloscia come un soufflé venuto male.

Solo: A Star Wars Story, recensione del film che racconta la origin story di Han Solo presentato al Festival di Cannes 2018

Esserci tutto, c’è tutto.
Le origini, l’incontro con Chewbacca, quello con Lando Carlissian. C’è il Millennium Falcon, ovviamente, è c’è una trama che ci spiega l’Han Solo che abbiamo imparato a conoscere ed amare nel 1977 e negli anni che son seguiti: non solo la spavalderia e l’ironia, quello è carattere, ma anche il cinismo che è tutto una difesa, la diffidenza nei confronti di tutto e tutti, soprattutto delle donne, ma anche il cuore d’oro e la generosità. Ci sono, ovviamente, i link alla saga che verrà (o che è stata, a seconda dei punti di vista).
Insomma, c’è tutto quello che in Solo, che è una origin story, ci doveva essere, parlando di ingredienti. Quello che manca è il film, il pathos, l’avventura, la passione. Quegli ingredienti lì, messi assieme, non danno il risultato sperato: perché il cinema, come la cucina, non è una questione di pura matematica. E il film di Ron Howard si affloscia, come il soufflé dell’inesperta Audrey Hepburn in Sabrina.

Non è questione di lesa maestà, quella interessa pochissimo, e oramai sia nel mondo di Star Wars che in quello di altre celebri saghe provenienti dal passato, è stato desacralizzato tutto il desacralizzabile, e in fondo va anche bene così.
Il punto è che Solo: A Star Wars Story è un film che nonostante sia tutto un inseguimento, un’avventura, una sparatoria, una missione spericolata, un intrecciarsi di giochi e doppi giochi nel quale in fondo nessuno sa mai bene di chi si può fidare veramente, nonostante Howard giochi con cliché cinematografici come gli inseguimenti d’auto, la guerra di trincea in stile I Guerra Mondiale o l’assalto al treno, riesce a non appassionarti mai come vorrebbe.
Nonostante, o proprio perché, verrebbe da dire: l’impressione è che tutto questo giro sulle montagne russe, che magari centra anche singoli momenti, stia lì a mascherare l’assenza di un racconto solido e ben strutturato. E nei pochi momenti in cui il film si rilassa, e si gioca la carta dell’umorismo, battute e frecciatine vanno a segno solo in parte.

Se Alden Ehrenreich non ha le spalle larghe abbastanza per ereditare il ruolo e la performance di Harrison Ford, e strizza sempre gli occhi per ostentate disincanto e farabutteria, col risultato di sembrare sempre un po’ miope, fanno il loro dovere Woody Harrelson, che interpreta una sorta di suo mentore nel mondo degli avventurieri, e Donald Glover nei panni di Carlissian, e fa piacere ritrovare, anche se per poco, Thandie Newton.
Sarebbe però ingiusto addossare colpe e responsabilità al giovane protagonista, in un film che ha evidentemente risentito anche delle traversie produttive che hanno portato Ron Howard ad ereditare la regia da Phil Lord e Christopher Miller.
E anche Howard, dal canto suo, cerca di rispettare la mitologia, indugiando a più riprese sul solito carosello di creature extraterrestri che si muovono in sordide taverne o in lussuosi saloni dove abbondano gli abiti e i volti più stravaganti, e intessendo il solito ordito di riferimenti, che vanno dalla Trilogia originale a quella dei prequel (in particolare,nel finale uno dei personaggi centrali di Solo svela una connessione non da poco con uno di quei prequel, e altri si rivelano all’origine di quella che diverrà l’Alleanza Ribelle).

Forse è allora questo il limite più grande del suo film.
Un film, Solo, che è schiacciato dal peso della responsabilità di dare un background a uno dei personaggi più amati e iconici, dell’intera saga, che è ossessionato dal mostrarsi parte integrante di quel mondo lì, e che è irrigidito e ha paura di deviare, tradire, come fatto ad esempio da Rogue One o Gli Ultimi Jedi.
Di commettere qualche sventatezza impulsiva ed eretica: di quelle sui cui uno come Han Solo ha costruito sopra un’intera carriera.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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