Reptile: recensione del thriller con Benicio Del Toro in streaming su Netflix
Grande performance dell'attore in un thriller ombroso e ambizioso che lo vede al fianco di Justin Timberlake, Alicia Silverstone, Eric Bogosian e Michael Pitt. La recensione di Reptile di Federico Gironi.
Come molti, moltissimi, la prima volta che mi sono accorto dell’esistenza di Benicio Del Toro è stata quando ho visto I soliti sospetti. Il suo Fester, in mezzo agli altri personaggi, in mezzo a un gruppo di attori mica male, spiccava chiaramente.
No, non è esatto: prima ancora c’era stato il personaggio di Dario dello 007 con Timothy Dalton.
In ogni caso, da lì in avanti, il gioco è stato facile: film dopo film, ruolo dopo ruolo, vedevo Del Toro diventare sempre più bravo e sempre più carismatico all’aumentare delle sue occhiaie e della sua pesantezza fisica, fondamentali nel dargli quella gravità menefreghista e stropicciata che sta alla base di un magnetismo irresistibile. Perché, e forse non lo ricordiamo mai abbastanza, un grande attore non si vede solo da come pronuncia le sue battute, ma da come muove e usa il suo corpo, nello spazio e sullo schermo, apparenza compresa.
Tutto questo per dire che Reptile non sarà un capolavoro (ma non è nemmeno una schifezza), ma vale la pena vederlo anche solo per come Benicio Del Toro ci sta dentro, a questo film. Come lo abita, lo subisce, lo domina.
Nel film Del Toro è Tom Nichols un poliziotto di Scarborough, che non è quella inglese della fiera cantata da Simon & Garfunkel, ma sta nel Maine. Tom è finito in provincia con la moglie (Alicia Silverstone) quando ha dovuto lasciare Philadelphia in seguito a uno scandalo che riguardava il suo partner di lavoro, e lo zio di lei (Eric Bogosian) gli ha offerto un posto nel distretto locale. Quando la bella e giovane moglie di un noto agente immobiliare (lei è Matilda Lutz, lui Justin Timberlake) viene barbaramente uccisa in una delle case che stava vendendo, Tom inizia a indagare. E più indaga, più gli sembra di sprofondare in una palude di menzogne, omertà e segreti che sembrano non riguardare solo i sospettati, ma anche le persone a lui più vicine.
La trama è quella di un thriller, certamente, e thriller lo è in tutto e per tutto, questo film che segna l’esordio alla regia cinematografica di Grant Singer, noto regista di spot e videoclip (in un cammeo appare qui Sky Ferreira, che con Singer ha lavorato più volte). Ma Singer sa benissimo che la trama è quasi solo un pretesto - anche perché si capisce dove si andrà a parare piuttosto presto - per mettere in scena un personaggio, una paranoia, una performance d’attore.
Ottimamente fotografato da Mike Gioulakis (It Follows, Us, Gli occhi di Tammy Faye), onestamente girato, con atmosfere e situazioni compresa una certa voluta algidità di fondo, chiaramente ispirate a quelle di certo cinema di David Fincher, somigliante per certi versi anche al Fino all'ultimo indizio di John Lee Hancock, Reptile è un film che non sempre regge il peso delle sue ambizioni, e che certe volte inciampa un po’ goffamente, ma che trova la sua ragione d’essere nelle ombre, nelle ambiguità delle situazioni e ancora di più nella magnifica dolenza del suo protagonista, anche sceneggiatore col regista e con tale Benjamin Brewer.
“C’è solo una cosa che amo quasi quanto te, ed è essere un poliziotto”, dice a un certo punto Tom alla moglie. “Solo che questo lavoro non ama me”, aggiunge. È una frase simbolo della condizione del personaggio di Del Toro, alla ricerca di un’armonia esistenziale che gli viene negata dalle circostanze, che più cerca di amare ciò che ha intorno, più ne scorge i lati oscuri, le ambiguità, i tradimenti.
Il modo in cui Del Toro rende con il linguaggio del corpo e con gli sguardi il fardello psicologico di tutto questo, della progressiva consapevolezza del marcio che lo circonda, ci ricorda per l'ennesima volta la sua qualità di attore, e alza il livello di tutto Reptile.
Un film che non sarà un capolavoro (ma non è nemmeno una schifezza), ma che per la media di ciò che offre Netflix, è da tenere decisamente da conto.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival