Pan - Viaggio nell'Isola che Non C'è: la recensione dell'origin story di Peter Pan
Il film di Joe Wright con Hugh Jackman arriva nei cinema italiani il 12 novembre
Nella II Guerra Mondiale, il piccolo Peter (Levi Miller) è un orfano a Londra, impegnato a scontrarsi con la mefistofelica suora direttrice, che in segreto vende bambini al pirata Barbanera (Hugh Jackman). Prevelevato da una nave volante di quest'ultimo e portato sull'Isola che Non C'è, capirà di essere l'elemento fondante di una profezia che riguarda la sua stessa identità: imparerà a volare e affronterà Barbanera, in compagnia dell'avventuriero Uncino (Garrett Hedlund) e della dinamica Giglio Tigrato (Rooney Mara).
Pan - Viaggio sull'isola che non c'è, sontuosa produzione Warner Bros diretta dal Joe Wright di Espiazione e Orgoglio e pregiudizio, arriva in Italia dopo un deludente risultato oltreoceano e critiche di certo non entusiastiche. La tentazione della dietrologia preventiva nel valutarlo è assai forte, e d'altronde non è difficile capire da dove arrivino le critiche. Dare un passato a Peter Pan significa abbattere la valenza metaforica voluta da James M. Barrie: è proprio la celeberrima chiave di lettura, relativa alla crescita e al tempo che passa, a venir meno nell'origin story sceneggiata da Jason Fuchs. Per quanto modificata, tale valenza non era mai venuta meno nè nella versione disneyana (adeguamento all'ideologia di Walt permettendo), nè nella rilettura di Spielberg col curioso sequel Hook. Pan diventa invece un omaggio che si ferma alla superficie, piuttosto nebuloso nelle sue scelte narrative: perché creare un Barbanera, clone più dark di Uncino? Perché caratterizzare Uncino in modo così simpatico e debolmente ambiguo, se poi si prevede che diventi un villain? Insomma, le idee alla base del film sono un'arrampicata sugli specchi per giustificare un prequel ingiustificabile.
Concessi i problemi, possiamo provare però a spezzare qualche lancia a favore dello sforzo. Joe Wright, reduce dal metalinguisimo di Anna Karenina, dimostra un coraggio a corpo morto nell'affrontare la costruzione delle scene d'azione e delle sequenze spettacolari, non ponendosi affatto il problema di una giustificazione pseudoplausibile di quello che accade. Il 3D di Pan, esasperato e davvero vertiginoso in molti casi, è convincente e rende l'esperienza molto vivace sul grande schermo. Che Wright avesse intenzione di giocare su un effetto Moulin Rouge! non è nemmeno in dubbio: i pirati di Barbanera addirittura inneggiano al capo intonando "Smells Like Teen Spirit". La follia masochista di applicare questo registro volutamente finto a un blockbuster, nella sua goffa ingenuità commerciale, ci risulta in fondo simpatica. Come simpatici, a dispetto della storia poco efficace, sono almeno due attori, il giovane protagonista Levi Miller e il guascone Garrett Hedlund (un Chris Pratt più espressivo); Jackman invece gigioneggia come ci si aspetta, ma patisce un personaggio debole.
Pan non vi commuoverà, più che altro metterà i vostri sensi e quelli dei vostri figli (meglio se sui dieci anni) in un frullatore caleidoscopico: più che dalle parti del cinema siamo in quelle dell'esibizione di un parco a tema, ma tenendolo presente si può sopportare il film senza gridare all'insulto.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"