I Primitivi: la recensione del film di animazione in stop-motion della Aardman
Il papà di Wallace & Gromit si diverte col calcio e i nostri antenati.
Il cavernicolo Dag, sempre accompagnato dal fedele cinghiale Grugno, è un volenteroso cacciatore della tribù gestita dal tollerante e pacato capo Barbo. Nessuno di loro è una cima, ma per cacciare conigli nell'Età della Pietra non sembra poi tanto necessario, se non fosse che il perfido Lord Nooth si impadronisce della loro valle, aprendo ufficialmente (secondo lui) l'Età del Bronzo. Unica speranza sarà sfidare questa nuova civiltà al gioco che, Dag ne è sicuro, è nel DNA dei primitivi: il calcio...
I lungometraggi targati Aardman Animations, lo ammettiamo, ci hanno sempre messo in crisi, in quanto appassionati d'animazione. I maestri inglesi della stop-motion, Peter Lord e Nick Park su tutti, si sono guadagnati sul campo Oscar per i loro lavori, hanno partorito meraviglie di dolcezza surrealista come l'inventore Wallace e il suo cane Gromit, per non parlare della pecora Shaun. Nel trasloco tuttavia dalla forma breve a quella lunga, troviamo che la Aardman abbia via via mostrato occasionalmente la corda nella costruzione di vicende realmente profonde ed emozionanti, con due solide eccezioni: Galline in fuga (2000), diretto proprio da Park & Lord, e il recente sottovalutato esplosivo Shaun - Vita da pecora: Il film (2015). Questo I primitivi, Ideato e diretto da Nick Park, si colloca proprio nel mezzo dei due film citati.
La narrazione riprende l'idea della salvezza tramite una presa di coscienza collettiva: in Galline in fuga il modello di riferimento era La grande fuga, qui si sentono echi di Fuga per la vittoria. I primitivi cerca la forza poetica e metaforica, adagiandosi su una storia di riscatto sportivo degli "underdogs", un vero e proprio sottogenere, visto più spesso nell'ambito hollywoodiano che in quello europeo. Sarà la visione recente di L'ora più buia, ma il solenne rifiuto di un'umiliante resa negoziata sembra la versione ironica delle resistenze di Churchill a Hitler. E' un meccanismo di lettura elegante, però nel contesto dell'animazione internazionale d'alto livello (dal cui ambito non si può escludere la Aardman) si nota che non è retto da una costruzione psicologica dei personaggi sempre adeguata, perché accennata o data forse troppo per scontata. Dag e i suoi proseguono su binari di tratte percorse tante volte.
Alla fine tuttavia I primitivi lascia un sorriso stampato sul volto e carica d'entusiasmo lo spettatore, grazie alla sua seconda anima, quella puramente aardmaniana anarchica, che viaggia sottotraccia e compensa la storia prevedibile. L'anima Aardman doc è quella del surrealismo, della divagazione gratuita e lunare: spostando l'attenzione dalla vicenda centrale e dai protagonisti verso il contorno, si colgono appieno l'originalità e la forza di Park e dei suoi collaboratori. Il cinghiale Grugno ruba la scena, un coniglio irride il suo ruolo di preda, un piccione viaggiatore interpreta con veemenza i suoi messaggi, esseri grotteschi si affacciano sulle inquadrature, un sasso si sacrifica per il bene comune: si rimpiange la libertà con cui questo registro nonsense esilarante e slapstick era invece al centro della scena in Shaun - Il film (per chi scrive l'apice della Aardman in sala), ma è un bene che sia sopravvissuto anche in una produzione più irreggimentata.
Al di là della collocazione storica nella cronologia delle opere Aardman, I primitivi può essere comunque significativo specialmente per il pubblico italiano: sono pochi i film d'animazione dedicati al gioco del calcio, realizzati ad alto livello professionale dai principali autori del settore. Qualche anno fa Juan José Campanella in Goool! diede la vita ai giocatori del Calcio Balilla, con uno spirito molto sudamericano, mentre nei Primitivi si respira una durezza ruspante più europea: siamo pronti a scommettere che nel pubblico molti coglieranno benissimo satire su arbitri venduti, società avide, commentatori pseudo-spiritosi, club di giocatori strapagati e star senza spirito di squadra. E immaginiamo con gioia che gli impagabili sguardi lunari dei personaggi Aardman, vivi sullo schermo con l'usuale stellare perizia tecnica, sapranno così conquistare chi li conosce poco o addirittura li ignora.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"