Black Mass: recensione del gangster movie con Johnny Depp
Un film sobrio e non celebrativo con un protagonista cattivissimo ma un po' rigido
Occhi di ghiaccio, sguardo impenetrabile e animo imperscrutabile, voce bassa, indole spietata e irritabile, epifania di morte.
Ecco, in un pugno di aggettivi e caratteristiche, James "Whitey" Bulger, uno dei dieci criminali più ricercati di sempre dall’FBI, latitante dagli occhiali a goccia che dalle pagine del best seller di Dick Lehr e Gerard O'Neill "Black Mass" è approdato al cinema.
Insieme al suo inseparabile compare Steve Flemmi e a una serie di altri loschi tipacci, è diventato protagonista di film violento ma non efferato che ha avuto il coraggio di inoltrarsi lungo la pericolosa strada del gagster-movie, genere difficilissimo da tentare perché obbliga inevitabilmente a un confronto con gli affreschi di Michael Mann, Francis Ford Coppola, Sergio Leone, Martin Scorsese.
Ma Scott Cooper, che viene dall'ottima prova di Out of the Furnace, non è certo un mestierante senza un'idea di regia e, considerando la ricchezza di informazioni del libro di partenza e l'immensa mitologia fiorita intorno a Bulger con cui si è dovuto scontrare, ci sembra sia riuscito giocare di stringatezza, evitando digressioni magniloquenti e lungaggini che smorzano la tensione. In più, l'autore di Crazy Heart si è rivelato bravo a cogliere la specificità, l'originalità e l’essenza stessa del "suo" pluriomicida, un criminale che divenne informatore ufficioso dell'FBI in nome di un’antica amicizia con l'agente John Connolly, rampante nuova leva dell’ente investigativo che ebbe il suo primo direttore in J.Edgar Hoover.
Grazie a un solerte lavoro di documentazione, a una capacità innata di penetrare il cuore più duro e chiuso dell'America e a una notevole abilità nel restituire atmosfere d’epoca, il regista ha insomma capito l’indissolubilità del legame fra i suoi personaggi e il loro luogo di nascita e ha dedicato il giusto spazio all'illustrazione del codice etico e della way of life del quartiere di South Boston, coacervo di conservatorismo, diffidenze incrociate e lealtà verso i vecchi amici. Così facendo, ha costruito una solida base di partenza per i suoi attori, servendo ad esempio il talento di un Joel Edgerton sempre a fuoco e sempre in bilico - nella sua performance - fra tracotanza yankee, ambizione e ambiguità.
E Johnny "aura" Depp? Come se la cava con un delinquente che non è né il fuorilegge esibizionista John Dillinger né il George-delirio di onnipotenza-Jung di Blow?
Lasciate le disneyane e le burtoniane cose, il nostro ritrova solo fino a un certo punto la via del sublime dopo le cadute di The Lone Ranger, Mortdecai, eccetera. Nonostante la sua mostruosa bravura nel passare repentinamente dall'ombra alla luce, rivelando le anomalie mente guasta, l'attore dà l'impressione di non fondersi con la maschera che idossa, che finisce così per paralizzarlo. Nascosto dietro i suoi fanali azzurri un po' da Visitor e dal pesantissimo trucco che per la gente dell'Academy conduce più rapidamente all'Oscar, Depp - ahimè - è rigido come una marionetta cattiva e quindi non ce la fa a dare a Whitey quell minimo di umanità di cui anche il più crudele fra i villain avrebbe bisogno. Il risultato è che, accanto al personaggio, si staglia prepotente il mito di colui che lo interpreta.
Né chiassoso ritratto pulp, né romanzo di formazione strabordante di ammiccamenti, Black Mass di sicuro punta su Depp ma sceglie di non santificarlo, così come sta bene attento a non celebrare, come fosse un antieroe cool, lo stesso Whitey Bulger. E' una scelta intelligente, che determina uno stile di regia sobrio, rigoroso, quasi invisibile. Certo, un po' di epicità si perde, e la moltiplicazione dei punti di vista a tratti toglie compattezza alla storia, ma si avverte comunque una grande onestà intellettuale nel lavoro di Scott Cooper, insieme al rispetto per le vittime della follia assassina di Bulger. Tutto questo fa del film un'opera interessante, forse imperfetta, ma sincera e comunque ben curata.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali