Strange Way of Life: a Cannes è la volta dei cowboy di Almodóvar
Grande confusione all'ingresso e tifo (quasi) da stadio alla proiezione ufficiale del corto western "d'autore" del regista spagnolo, interpretato da Ethan Hawke, Pedro Pascal e una manciata di attori/modelli (lo vedremo in Italia su MUBI). Federico Gironi lo ha visto per noi.
“Penso sempre che prima di fare il direttore di festival tu sia stato un cabarettista, Thierry, perché sul palco sei sempre un ottimo intrattenitore”. Non si è capito bene se il commento di Pedro Almodóvar - rivolto allo spumeggiante Fremaux che ha rischiato anche di ribaltarsi, salvandosi in extremis con un riflesso da judoka, mentre saliva sul palco della Salle Debussy per presentare il corto d’autore dello spagnolo - sia stato più complimento o più presa in giro. Mi piacerebbe la seconda, ma chissà.
Dopo una lunga attesa sotto la pioggia battente, e un sistema demenziale di gestione delle file, il pubblico di Strange Way of Life sciama all’interno della sala, cercando posti a sedere che non siano riservati Saint Laurent, che ha prodotto il corto.
Fuori, intanto, la gestione demenziale ha fatto entrare molti in rush line lasciando fuori tanti giornalisti e spettatori provvisti di regolare biglietto.
Poi comincia il corto.
Digitale ultra nitido, un west americano ricostruito in Spagna in maniera esplicitamente artificiosa, un modello vestito da cowboy canta le strofe della canzone di Amalia Rodrigues che parla del fatto che non ci sia un'esistenza più strana di quella di colui che vive voltando le spalle ai propri desideri.
Ethan Hawke (a Cannes, in sala), sceriffo della cittadina di Bitter Creek con un passato da pistolero, parla con il testimone di omicidio, uno che ha visto un uomo zoppo alla gamba sinistra scappare da casa di una donna uccisa. Nel mentre, in città entra Pedro Pascal (non a Cannes, non in sala), con indosso un giubbotto verde. Pascal arriva da Hawke, è subito chiaro che i due si conoscono, anche se non si vedono da venticinque anni. E che il loro passato comune non è solo quello da pistoleri.
Siamo pur sempre in un film di Almodóvar.
Una cena, qualche bicchiere di vino, Hawke che guarda il culo a Pascal, e il gioco è fatto. Un regista e una storia etero, oggi, non si sarebbero forse potute permettere altrettanto.
E però, al mattino, Hawke fa resistenze, deve andare a catturare l’assassino e si deve liberare dall’imbarazzo di quella notte.
Di imbarazzo ce n’è un altro, però: il sospetto killer è il figlio di Pascal.
Non dico altro, sennò poi è spoiler. Ma si fa a finire dove si sa, nei pressi della morale: cosa possono fare due uomini in un ranch? Tenersi compagnia, prendersi cura l’uno dell’altro. Giustissimo.
Però, come spesso accade, il Tema, o la Morale, o quel che è qui si mangia il cinema. Anche il cinema di Almodóvar, rimasto lontano, lontanissimo dalla bellezza di The Human Voice, per non parlare dei suoi lunghi.
Spiace dirlo ma - sarà il digitale, sarà qualcos’altro - ma Strange Way of Life è un po’ piatto, un po’ banale. Finisce, e ti dici: “Ok, va bene. Ci hai messo anche due sex symbol maschili etero, ho capito. Ma quindi?”.
Quindi è Cannes, è Fremaux, è Saint Laurent.
Va bene così. La pioggia, le code, la disorganizzazione. Funziona così. È giusto.
O no?