Non c'è pace per l'Oscar a Green Book: nasce una polemica tra un produttore e una giornalista
Charles Wessler ha scritto una lettera di fuoco a Jenni Miller, che ha risposto via Twitter.

Come la si pensi, è un dato oggettivo che la vittoria di Green Book come miglior film agli Oscar 2019 ha suscitato numerose polemiche sia negli Stati Uniti che all'estero.
Justin Chang, critico del Los Angeles Times, fresco di giuria al Festival di Berlino, ha definito quello di Peter Farrelly "il peggior film a vincere l'Oscar dai tempi di Crash"; un film "imbarazzante" che "riduce la lunga barbarica e tutt'ora presente storia del razzismo americano in un problema, una formula, un'equazione drammatica che deve essere equilibrata e risolta."
E se è noto che, al momento dell'annuncio, Spike Lee ha espresso tutto il suo disappunto nei confronti della scelta dell'Academy voltando le spalle al palco, questa invece è stata la reazione di Chadwick Boseman, lo sguardo d'intesa e rassegnazione rivolto al collega Michael B. Jordan che sta diventando virale:
When you're disappointed but not surprised pic.twitter.com/t8tWvr55Ns— Matthew A. Cherry (@MatthewACherry) 25 febbraio 2019
Delle ultime ore è anche la polemica nata su Twitter tra la giornatsta della NBC News Jenni Miller e uno dei produttori di Green Book, che non aveva digerito un pezzo sul film scritto dalla Miller lo scorso novembre, il cui titolo recitava: "Green Book è un film sul razzismo fatto da bianchi per i bianchi. Capite il problema?"
È stata la stessa Miller a rivelare attraverso il social media che uno dei produttori di Green Book, Charles Wessler, le aveva inviato una lettera infuocata, datata 28 gennaio, pubblicandone gli screenshot e commentandola con queste parole: "Ecco la mai che ho ricevuto su Green Book da uno dei suoi produttori. Ho nascosto il nome del capoderattore che ha messo in copia, che penso essere stata una mossa intimidatoria. Chiunque abbia ricevuto qualcosa di simile si senta libero di contattarmi."
"È stato fatto da bianchi e da neri," scrive Wessler nella sua lettera chiaramente enfatica. "Non c'è alcun 'problema', come scrive nel suo titolo acchiappaclick. La maggioranza degli afroamericani AMA questo film. Come può dire che sia stato fatto per i bianchi quando IN REALTA' lei NON lo sa?"
here’s the email I received about Green Book from one of the producers. I censored the name of the editor he cc’d, which I guess was supposed to be a power move? anyone who has received something similar, feel free to reach out. pic.twitter.com/LIiV4CEp3Z— Jenni Miller (@msjennimiller) 25 febbraio 2019
Tendo a pensare che la maggior parte delle persone che di mestiere fanno i critici e scrivono di cinema si siano almeno una volta ritrovate nei panni della Miller. Produttori o registi o altri professionisti del cinema che esprimono le loro lamentele nei confronti di recensioni poco lusinghiere non sono certo un'invenzione di questi giorni.
La grande differenza sta nei toni che vengono utilizzati nell'espressione di queste legittime idee, come legittime sono quelle dei critici. Personalmente, mi sono trovato a che fare con proteste poco educate così come con lettere di grande eleganza e signorilità.
E se Wessler ha esagerato nei toni - la lettera integrale la potete leggere nel tweet della Miller - forse non è stato elegantissimo da parte della giornalista mettere in piazza tutta la faccenda in questo modo. Anche perché ha twittato a un mese di distanza dal giorno in cui ha ricevuto la lettera.
Ancora una volta, però, non importa come la si pensi sul film di Farrelly dal punto di vista cinematografico: tutte queste polemiche dimostrano - se già la cronaca non l'avesse reso abbastanza evidente - come la questione razziale negli Stati Uniti sia tutt'altro che risolta e pacificata.