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Maggie Smith e il cinema: classe inimitabile, intelligenza affilata e ironia irresistibile

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Da sempre capace di alternare palcoscenico e set, la grande attrice inglese, scomparsa oggi all'età di 89 anni, sul grande schermo ha sempre privilegiato il lato più ludico e divertito della recitazione.

Maggie Smith e il cinema: classe inimitabile, intelligenza affilata e ironia irresistibile

Sì, certo, Violet Crawley, Contessa Madre di Grantham, ruolo magnifico e scritto magnificamente e magnificamente interpretato. Ma da quanto tempo nel nostro immaginario Maggie Smith era Maggie Smith, la Gran Dama del cinema? Soprattutto, da quanto tempo pensiamo a lei come a un’adorabile e ficcante anziana signora?
Perlomeno dal 1991, quando - appena 56enne - fu scelta da Steven Spielberg per il ruolo della Wendy anziana, oramai nonna, del suo Hook. Film nel quale appariva truccata e invecchiata quasi più di quanto non le accadde nella vita vera.
Le prove generali per Downtown Abbey Maggie Smith le fece dieci anni dopo, nel 2001, quando Robert Altman la volle per interpretare Constance, Contessa di Trentham, nel suo splendido Gosford Park, il film senza il quale la serie di Julian Fellowes non sarebbe forse esistita.
E nello stesso anno iniziò a interpretare il ruolo di Minerva McGranitt, insegnante di Trasfigurazione, vicepreside e direttrice di Grifondoro, nella serie di Harry Potter.
Sempre parlando di ruoli anziani, è stata splendida in Tata Matilda e il Grande Botto, ma anche e soprattutto in The Lady in the Van: il film in cui veniva raccontata la vera storia di Mary Shepherd, una donna che, tra il 1974 e il 1989, visse dentro il suo furgone parcheggiato nel vialetto di casa dello sceneggiatore Alan Bennett. Per non parlare del suo ritratto di Grazia Hawkins (aka Rosie Jones) in La famiglia omicidi.
Qualsiasi personaggio interpretasse, qualsiasi tipo di film girasse, d’autore o hollywoodiano, drammatico o commedia, Maggie Smith portava sullo schermo una classe inimitabile, un’intelligenza affilata e un’ironia irresistibile.

Anche lei, come tanti attori inglesi, forse tutti, veniva dal teatro. Da Shakespeare.
Fu all'Old Vic che venne notata da Laurence Olivier, che la invitò a far parte della sua National Theatre Company. E con Olivier, nel 1965, recitò nell’Otello cinematografico che le valse la sua prima nomination all’Oscar.
Cinema e teatro andarono sempre a braccetto nella carriera di Maggie Smith, che passava di continuo dal palco al set con facilità e mantenendo sempre elevatissimi i suoi standard. Film come Masquerade di Mankiewicz, La strana voglia di Jean di Ronald Neame, In viaggio con la zia di Cukor, stanno lì a dimostrarlo.
A ripensarci, viene quasi da dire che Maggie Smith ritenesse il cinema un divertimento, il lato ludico del mestiere d’attore: e così si spiega anche la sua voglia di partecipare a film come il leggendario e esilarante Invito a cena con delitto o lo strampalato Scontro di titani in cui, ancora più che nei ben più tradizionali e classici Assassinio sul Nilo, o Delitto sotto il sole, mise in scena la voglia che aveva di giocare con la sua immagine.
Allora forse il film perfetto per ricordarla è il California Suite di Herbert Ross.
Non solo per l’Oscar, e il Golden Globe. Ma per quel ruolo di attrice strampalata e nevrotica, per la voglia che aveva Ross di prendere il naso tutta Hollywood e le idiosincrasie, i tic e le ipocrisie che circondano il rutilante mondo del cinema. Con tutta l'ironia e l'intelligenza di cui Maggie Smith era capace.

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