Lo Squalo che compie 50 anni, Federico Gironi e le voci nella sua testa
I 50 anni de Lo Squalo: cosa succede quando uno che scrive di cinema si mette in testa di rivedere uno dei più grandi film di sempre, peraltro con ritardo rispetto all'anniversario giusto? Succede che qualcuno o qualcosa inizia a bastonarlo. Ecco cosa è successo.

Federico Gironi è al buio sul divano, illuminato solo dai bagliori che provengono dallo schermo del televisore acceso. Oltre all’audio del televisore, si sente solo un ventilatore rumoroso come uno Spitfire della II Guerra Mondiale. Ma, all’improvviso, una voce misteriosa fa sobbalzare Federico sul divano.
- Gironi, cosa fa?
- Chi, io?
- Lei, lei. Non faccia il vago. Cos’ha lì sullo schermo?
- Ma niente, un film…
- Che film?
- Mah, uno a caso…
- Gironi non faccia il furbo. Lo sappiamo che sta guardando Lo squalo!
- Perché, non si può?
- Si può, si può. Certo…
- Certo cosa?
- Certo si poteva svegliare prima.
- Vabbe’, sapete come vanno le cose, le cavallette, le 7 meno un quarto, la bambina che ha vomitato tutta la notte…
- Ma poi, suvvia, davvero: cosa pensa di fare?
- In che senso?
- Nel senso: cosa pensa di poter dire, lei, ora, su questo film, che non sia già stato detto prima?
- Oddio, non lo so. Che tipo mi ha traumatizzato e pure quando faccio il bagno in piscina la paura dello squalo sta sempre lì acquattata dietro ai miei pensieri?
- Sta facendo lo spiritoso?
- Un po’.
- Tutti sono stati traumatizzati. Altro?
- Che Spielberg era giovanissimo, che la lavorazione è stata un mezzo inferno, che ha inventato il concetto di blockbuster?
- Gironi, sia serio.
- Che è stato definito “film perfetto da Tarantino”?
- Stiamo perdendo la pazienza.
- Ce l’ho! Roy Scheider, Richard Dreyfuss e Robert Shaw non erano divi di primo piano, e oggi un film così non te lo farebbero fare!
- Gironi, faccia il bravo, lasci perdere e spenga film. Vada a fare qualcosa di utile, per una volta nella vita.
- Ma mi piace!
- Ci crediamo che le piace. A chi non piace?
- Ma è uno dei miei film preferiti! Certo, non l’ho messo nei dieci per il sondaggio nel BFI sui migliori film della storia del cinema, ma è stata una dimenticanza.
- Si sta pavoneggiando, Gironi?
- Ma no, era per dire.
- Non ci provi con noi, non ci pensi nemmeno.
- Va bene, chiedo scusa. Posso continuare comunque? Sono arrivato a un momento topico, Brody, Hooper e Quint hanno appena salpato.
- Ah è arrivato lì dove il film si trasforma in Moby Dick?
- Oddio, si trasforma… diciamo che c’è una chiara ispirazione melvilliana.
- Sta facendo il critico con noi?
- Beh no. Forse, sì, un po’.
- Lo sa, vero, che lei però è pagliaccione?
- Lo so. E me ne vanto.
- Non ce lo ricordi. E poi Lo squalo non è un film pagliaccione.
- Pagliaccione pagliaccione, no. Però è anche un film con tanta ironia.
- Tipo?
- Boh, che ne so. La giacca con le ancore del sindaco, i bambini che fanno lo scherzo con la pinna finta e poi si rirtovano con tutti i fucili puntati contro. Perfino la scena dello squalo che si affaccia mentre Brody pastura, e Brody che dice “You’re gonna need a bigger boat”, volendo, è un po’ pagliacciona.
- Lo sa che ci ha quasi convinto?
- Vado avanti?
- Per carità, non ci provi nemmeno.
- Posso finire il film allora?
- Va bene, finisca. Ma poi torni qui.
- Promesso.
Federico Gironi finisce il film
- Ecco, ho finito.
- Ha finito? È contento adesso?
- Beh, sì.
- Per forza. E ora?
- E ora?
- E ora che fa? Scrive?
- Scrivo? Non lo so, ditemelo voi.
- Se proprio deve scrivere, scriva.
- Non è che io debba. Però, sapete, il lavoro, il sito, lo stipendio, quella roba lì…
- Ma pensa davvero di poter scrivere cose utili? Cose mai dette prima?
- Temo di no.
- E allora?
- Allora… allora ditemelo voi, visto che la sapete così lunga.
- Faccia una cosa, Gironi, dia retta.
- Cosa? Mi dimetto?
- Ma no, cosa si dimette, stia buono. Faccia così.
- Così come?
- Faccia una cosa. Ci dica a noi, ora, qui, con parole semplici, perché le piace tanto Lo squalo, e quali sono i momenti che preferisce. Come parlasse a degli amici.
- Amici? Ma amici critici? O amici amici? No, perché cambiano le cose.
- Gironi non ci faccia perdere la pazienza.
- Chiedo venia. Allora ci provo. Vado?
- Vadi Gironi, vadi.
- Ma “vadi” non è un altro film?
- Gironi!
- Ok allora vado.
Federico Gironi fa un profondo respiro, chiude gli occhi, li riapre. Espira, e con l’espirazione inzia a parlare.
- Mi piace Lo squalo perché è un meraviglioso film di avventura, perché è eccitante, spaventoso, divertente. Mi piace perché ha dei personaggi costruiti benissimo, con Brody che ha paura dell’acqua, Hooper che è un ragazzino ricco, Quint quasi la parodia (ma mai la parodia) del pescatore ruvido e rotto a tutte le esperienze. Mi piace perché è un film che parla contemporaneamente al me bambino e al me adulto, come tutti i film di Spielberg, e che adotta in maniera alternata e sottile quei due punti di vista (perché in alcune cose Brody è come un bambino rimasto al suo trauma). Mi piace perché nessuno mai prima aveva raccontato il mare nello stesso modo, fissato sullo schermo in maniera così netta quella sensazione strana e spaventosa che si ha in acqua, quando improvvisamente devi fare i conti con una dimensione ulteriore, quella sotto di te, dalla quale potrebbe arrivare un pericolo, e quell’ansia legata a una visibilità più limitata del normale. Mi piace perché Spielberg è uno che parla il linguaggio del cinema come pochissimi altri, e dove mette la macchina da presa, come la muove, cosa inquadra, da che angolazione, chi racconta, come monta fa sullo schermo lo stesso effetto che fa sulla pagina leggere un grande classico della letteratura, e qui forse quel classico non è di certo Melville, o solo in parte, ma forse di più Dumas, o Verne. Mi piace perché è così nettamente diviso in due parti altrettanto avvincenti, quella sull’isola e quella in mare, perché il monologo di Quint in cui racconta della USS Indianapolis, quello che è stato scritto da John Milius, e io a John Milius gli voglio bene, è un momento di cinema da far venire la pelle d’oca tutte le volte. Mi piace perché ci sono scene e immagini che ti si piantano nella memoria per quanto sono belle: il primo piano sulla spiaggia, alla luce del falò, della ragazza che sarà la prima vittima; la prima inquadratura dal basso in mare di lei che andata a fare il bagno di notte e ci lascerà le penne; Brody che scrive “SHARK ATTACK” con la macchina da scrivere; Brody pensieroso sulla spiaggia; il materassino giallo dilaniato sul bagnasciuga, l’acqua sporca di sangue, e la mamma che chiama il nome del piccolo Alex; le unghie sulla lavagna di Quint; la moglie di Brody che prima lo riprende per aver chiesto a Michael di uscire dalla sua barca a vela, e poi fa lo stesso dopo aver visto l’illustrazione di uno squalo che affonda una barca (hint hint); Hooper che chiede un bicchiere d’acqua mentre esamina il cadavere della ragazza; la spedizione notturna di Brody e Hooper con la sua barca che sembra un’astronave; lo sbarco dell’orda di turisti dai ferry, che è un momento quasi David Foster Wallace; il vertigo effect sul primo piano di Brody in spiaggia quando pensa sia arrivato lo squalo; il terrore sul volto di Michael quando è in acqua nel pond e lo squalo c’è davvero; la baia di Amity vista dalla finestra di Quint e incorniciata dalla mandibila di squalo; i battibecchi tra Quint e Hooper a bordo dell’Orca; il modo in cui Quint si imbraga silenziosamente quando capisce che qualcosa ha abboccato alla sua lenza; il monologo di Quint; la faccia di Brody quando lo squalo gli fa cucù e “You’re gonna neet a bigger boat”; i barili gialli che non dovrebbero andare giù e invece ci vanno lo stesso, e poi riemergono, immobili, proprio lì vicino allo scafo dell’Orca; la morte di Quint; Brody sul pennone oramai quasi nel tutto in acqua che spara, la sua esultanza quando lo squalo esplode; quella scena bellissima in cui quel che resta dello squalo affonda nell’oceano mentre lo schermo si riempie sempre di più del rosso del sangue; Brody e Hooper che nuotano verso la riva. Basta?
- Basta Gironi. Basta. In tutti i sensi.