Le spectre de Boko Haram ha vinto e con merito il Film Festival Rotterdam
Un documentario davvero perturbante nella sua semplicità che rende vivissima la quotidianità in un angolo del mondo mai veramente raccontato. Le spectre de Boko Haram ha vinto il Film Festival Rotterdam e noi ne siamo contenti.
Un villaggio rurale nell'estremo nord del Camerun, al confine con la Nigeria. La vita quotidiana di quattro bambini, la scuola, le loro famiglie. Un'apparente quiete ordinaria è al centro di un documentario di grande potenza, Le spectre de Boko Haram, che ha vinto (con merito) il Film Festival Rotterdam, portandosi a casa il Tiger Award, riconosciuto il migliore fra i sedici titoli del concorso. Lo ha deciso una giuria composta, fra gli altri, dall'autore di culto per i cinefili, Lav Diaz, e da Sabrina Baracetti del Far East Film Fest e distributrice in Italia con Tucker Film.
Le spectre de Boko Haram è un film diretto dalla giovane camerunense Cyrielle Raingou, all'esordio nel lungometraggio documentario, con studi di cinema in Europa, che per la prima volta racconta in presa diretta cosa voglia dire vivere in una regione in cui da quasi dieci anni è virale e costante la minaccia dell'organizzazione terroristica Boko Haram, responsabile di stragi e rapimenti di massa, prendendo di mira in prima persona giovanissimi studenti nel tentativo di convertirli allo studio fondamentalista del Corano. Una vita quotidiana in cui un gruppo di bambini costruiscono il loro mondo, sognano il futuro, si ribellano a famiglie e alla scuola. Vivono, insomma, crescono e formano il loro carattere. Quello che mi differenzia da milioni di loro coetanei, ed è raccontato con abilità e con una semplicità disarmante che si trasforma in inquietudine, è proprio l'irrompere ogni giorno della presenza attorno al loro ambiente di Boko Haram.
Sentiamo spari in lontananza, intuendo conflitti con le forze speciali, che vediamo spesso pattugliare il villaggio e la scuola. Una costante minaccia che appare piano piano nella sua portata reale, con la popolazione letteralmente circondata dagli aggressori così come dai militari che cercano di proteggerla. Nei discorsi degli adulti e dei più piccoli si racconta di qualcuno sparito, rapito, tornato traumatizzato per sempre. Ci sono Fata, studiosa e brillante, che cerca di elaborare il lutto per la morte del padre, ucciso durante un attacco terroristico. C'è il compagno di scuola, Ibrahim, insieme al fratello maggiore Mohamad, che sono tanto simpatici ed energici quanto lavativi e spesso assenti da scuola. Un sorriso e la confusione a nascondere con sempre minore efficacia i traumi di un'infanzia privata della naturale innocenza.
Le spectre de Boko Haram si avvicina a quel mondo con delicatezza estrema, si affianca ai giovani e agli adulti, li ascolta senza irrompere nella loro vita con prepotenza. Un ritratto sconvolgente anche per la banalità di un pugno di persone che vorrebbero solo normalità, aggrappandosi alle fasi di crescita e invecchiamento, alle tradizioni e alle innovazioni, ai sogni e alle speranze. Ma intorno c'è una minaccia che sembra impossibile arrestare.
"Non riuscivo a crederci, ho cominciato a piangere chiedendo più volte se fosse vero. Questo premio significa molto per me e per il mio popolo". Sono state le prime parole della regista, Cyrielle Raingou, in un messaggio inviato al festival e postato sui social. Un premio che accogliamo con piacere, per il film visto a Rotterdam che ci ha colpito maggiormente.