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Eravamo Bambini: fra thriller e noir Marco Martani racconta una storia di amicizia, infanzia rubata, vendetta violenta

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In sala dal 21 marzo con Europictures, Eravamo Bambini di Marco Martani è liberamente ispirato a un testo di Massimiliano Bruno e, addomesticato al genere thriller/noir, diventa un film dal forte impatto emotivo che riflette sulla violenza e sulle sue conseguenze.

Eravamo Bambini: fra thriller e noir Marco Martani racconta una storia di amicizia, infanzia rubata, vendetta violenta

Qualcuno ha avuto la fortuna di vedere Eravamo Bambini alla Festa del Cinema di Roma 2023. Gli altri dovranno aspettare il 21 di marzo per godersi, nel buio di una sala, il nuovo film di Marco Martani liberamente tratto dal monologo Zero di Massimiliano Bruno. I due registi si conoscono da tempo e insieme hanno trasformato il testo teatrale in una vicenda collettiva, rinunciando alla comicità a favore di una storia di amicizia, di infanzia rubata e di vendetta ambientata in un paese della Calabria. In quel luogo anche di villeggiatura i personaggi principali hanno vissuto un momento drammatico che li ha trasformati in anime rotte. Non erano che un gruppo di ragazzini alla Stand by me, e quindi amici, ma sono diventati adulti in un istante e, come in It, si ritrovano da grandi per riparare a un torto subito.

Come ha detto Marco Martani tempo fa, è la recitazione degli attori e la loro energia a rendere unici e sfaccettati i protagonisti di Eravamo Bambini. Il regista li ha scelti uno per uno, e alcuni lo hanno affiancato durante la presentazione del film alla stampa.

Per prima cosa Martani ha parlato dell'approccio al materiale narrativo, che ha acquistato linfa vitale grazie a un cambiamento di genere: "Il genere, che in questo caso è stato il thriller/noir, ci ha permesso di insistere di più su una tematica che ci stava a cuore: il confronto tra generazioni. Nel film, proprio come nella realtà, le vecchie generazioni hanno schiacciato le nuove. Sempre grazie al genere, siamo riusciti a raccontare un evento traumatico, dandoci la possibilità di scandagliare i nostri protagonisti e capire in che modo ciascuno di loro sia stato segnato dal trauma vissuto. Con Massimiliano abbiamo preso questa storia nella sua linearità e abbiamo costruito una modernità di struttura lavorando su tre piani temporali. Una simile impostazione ci ha permesso di narrare personaggi estremi e nello stesso tempo di mostrare piano piano le loro fragilità, portando il pubblico ad amarli.

I tre piani temporali di cui parla Marco Martani sono l’infanzia di Walter, Gianluca, Margherita, Peppino, Cacasotto e Andrea, il racconto di Cacacasotto alla polizia e la vendetta dei protagonisti ormai adulti. Ha ragione il regista quando dice che le loro debolezze vengono fuori gradualmente, e questo perché gli attori si sono completamente abbandonati ai personagg. "La prima volta che ho letto la sceneggiatura" - dice Francesco Russo - "ho pensato che fosse una tragedia greca e che quindi alla fine il pubblico dovesse avere una sorta di catarsi, rigettando la violenza. Di conseguenza, ho considerato il mio personaggio come il messaggero, cioè colui che espone il fatto di sangue. Ho cercato di lavorare su parole e frasi quotidiane tipo ‘Ciao, come stai?’, ma contemporaneamente ho lasciato che scorressero nella mia mente immagini di violenza, pensando poi a ciò che emotivamente mi avrebbe potuto distruggere”.

La parola passa poi a Romano Reggiani, che interpreta il fratello minore di Margherita: "Leggendo la sceneggiatura, in realtà mi sono accorto che il mio personaggio non doveva sapere niente, e allora per interpretarlo al meglio ho cercato di basarmi sulle sue relazioni mancate, specialmente con Margherita. Dopodiché ho voluto creare un'empatia con il pubblico, perché i miei occhi sono quelli degli spettatori, che non sanno cosa possa essere accaduto. Marco e Massimiliano sono stati bravi: sono riusciti a dare vita a un film corale, in cui però tutti abbiamo un motivo che ci porta a ciò che accade, e questo rende il film emotivamente forte".

Molto vibrante è, in Eravamo Bambini, l’interpretazione di Alessio Lapice, che fa la parte di un celerino sempre sul punto di esplodere di rabbia. È il suo personaggio, Gianluca, a chiamare a raccolta gli amici di un tempo: “La ricchezza drammaturgica dei personaggi ha dato la possibilità a tutti noi di scavare nell'interiorità di ogni personaggio. Nel mio caso, ho cercato di lavorare sulla solitudine: ognuno di questi ragazzi è molto solo, a cominciare da Gianluca, che all'apparenza si sente a disagio in mezzo alle persone. Eppure gli manca il contatto con gli altri esseri umani e vorrebbe riabbracciare l'affetto mancato. Del gruppo è quello che ha più desiderio di liberarsi del male atroce che lo ha colpito".

C'è un'unica donna nel piccolo clan che torna nel luogo del dolore, e la impersona Lucrezia Guidone. Anche lei ha fatto un ottimo lavoro e, come i suoi colleghi, si è innamorata del copione: "Credo che uno dei punti di forza del racconto sia il fatto che i personaggi sono in crisi. Margherita viene condizionata soprattutto dal senso di colpa, che cerca di placare attraverso un'intensa vita sessuale senza tuttavia riuscirci. Margherita è molto accudente nei confronti del fratello e non vuole che Andrea perda la sua innocenza di bambino. Protegge un po’ tutti e ha qualcosa di materno, e ciò che alla fine fa riflettere è che è lei, in qualche modo, a prendersi la responsabilità della vendetta".

Anche se il monologo Zero è stato scritto 20 anni fa, Eravamo Bambini è un film davvero attuale, per il sopracitato contrasto fra generazioni e per la violenza, che per Massimiliano Bruno non è cambiata poi tanto: "La violenza c'è e c'era quando ero piccolo. Sono nato nel 1970 in un quartiere che adesso è molto carino, ma allora dovevano venirmi a prendere, perché compagni e camerati si ammazzavano di botte per strada. La violenza quindi l'ho vista quando avevo 6,7,8 anni, e ricordo che dicevo: "Ma com'è possibile? io non ce l'ho questa cosa dentro". Poi, andando avanti, più cresci, soprattutto se sei maschietto, e più questa violenza ti arriva addosso, e ti ritrovi a 14 anni che ti devi difendere semplicemente perché sei in sovrappeso e ti chiamano cicciabomba cannoniere, e quindi tutti noi cresciamo in un mondo in cui ci sono azioni e reazioni, violenze e contro-violenze. Alcuni porgono l'altra guancia, altri invece reagiscono. Adesso ci sono anche i social che fanno in modo che tu possa vedere la morte e la violenza in continuazione, spesso grazie a video di 7,8 secondi".

In Eravamo Bambini recitano anche Lorenzo Richelmy (Walter), Massimo Popolizio, nel ruolo di un politico influente, e Giancarlo Commare, che è suo figlio Peppino, che riserverà più di una sorpresa.

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