Ciao Francesco Nuti, tenero, stralunato clown lunare e uomo sfortunato
È morto il celebre comico toscano, da molti anni ridotto in sedia a rotelle e praticamente muto dopo un incidente domestico che lo fece cadere in coma. Aveva 68 anni. Ricordiamo i suoi successi e la sua carriera prima della caduta.

A volte anche nella morte si può essere sfortunati, quando la propria dipartita terrena coincide con la tempesta mediatica che si è scatenata attorno a quella di chi, a torto o ragione, viene ritenuta più illustre. Ma noi a Francesco Nuti, come tantissimi, volevamo bene e non passeremo sotto silenzio il suo addio a una vita da tempo vissuta senza la parola e i movimenti che ce lo avevamo reso caro ed erano gli strumenti della sua arte. Perché chi è stato bambino, ragazzo o adulto negli anni Settanta, Ottanta e parte dei Novanta, non può non associare il suo ricordo a un periodo d'oro della nostra comicità, lo stesso che ci ha dato Massimo Troisi, Carlo Verdone, lo scatenato Roberto Benigni degli esordi e moltissimi altri talenti, che dai teatrini locali passavano alla tv e da lì al cinema, riempiendo le sale. Francesco Nuti era un fuoriclasse di questa arte, vittima in parte di se stesso e della propria umana fragilità e in parte ancora maggiore della sfortuna che è cieca, come la buona sorte.
Francesco Nuti e il suo prezioso contributo allo spettacolo e al cinema italiano
Chi scrive queste poche e doverose righe, ad esempio, dopo averli scoperti come molti in tv grazie all'epocale trasmissione di cabaret Non Stop, ebbe la fortuna di vedere due volte dal vivo il gruppo in cui Francesco Nuti recitava, I Giancattivi, la seconda delle quali poco prima del loro scioglimento, quando Alessandro Benvenuti annunciò dopo lo spettacolo ai presenti che lo attorniavano di avere intenzione di fare altre cose, magari anche più serie (come poi fece). Chi li ha visti dal vivo potrà testimoniare il potere dirompente della loro verve comica: su youtube ci sono ancora alcuni dei loro pezzi migliori. Autori e interpreti di memorabili sketch, i tre attori, con l'apporto fondamentale di Athina Cenci, separarono le loro strade dopo un primo film insieme, il divertente anche se frammentato A Ovest di Paperino. Dei tre, il fiorentino/pratese Nuti, coi ricciolini biondi e la fossetta sul mento, era il comico più surreale, interprete di personaggi tra il tenero e lo svagato, vittima ideale del destino. Paragonato inizialmente a un Benigni meno scurrile e più gentile, ben presto trovò la sua strada personale nel cinema. Diretto dal critico diventato regista Maurizio Ponzi nel 1982 in Madonna che silenzio c'è stasera, fu il fantastico interprete di una commedia deliziosa che gli era stata cucita addosso, in cui il protagonista, che aveva il suo stesso nome, si aggirava per le vie di Prato, in fuga da una madre iperprotettiva e in cerca di lavoro. Pieno di gag fisiche (l'assalto delle spolette nella tessitura è da antologia, alla Chaplin) e verbali, nel film Francesco trovava un inatteso successo ad un'esibizione di dilettanti allo sbaraglio con l'indimenticabile canzone Puppe a pera, e provava a riconquistare l'amata Maria, che l'aveva lasciato e a cui non aveva il coraggio di telefonare. Un film da vedere e rivedere, che sfruttava tutte le sue potenzialità in maniera perfetta.
Ma Francesco Nuti puntava più in alto come interprete, in storie più classiche, e appena un anno dopo, sempre diretto da Ponzi e con Giuliana De Sio coprotagonista, interpretava Io, Chiara e lo Scuro, romantic comedy con biliardo (nel cast anche il suo attore feticcio, Novello Novelli). Il film fa centro al box office e con la critica, che lo premia con un David di Donatello e un Nastro d'Argento come miglior attore protagonista e un Globo d'oro come attore rivelazione. Ancora diretto da Ponzi interpreta poi Son contento, prima di passare alla regia con una sorta di sequel di Io, Chiara e lo Scuro, Casablanca, Casablanca, per cui viene candidato al David come miglior regista esordiente e lo vince di nuovo come miglior attore. Come molti comici di carattere malinconico e incline alla depressione, Francesco Nuti non riesce a gestire il successo, o meglio, la successiva perdita di popolarità, e inizia a bere. I suoi film incantano il pubblico fino agli anni Novanta, poi il declino, dovuto anche al fallimento della sua opera più ambiziosa, OcchioPinocchio. Il suo ultimo film da regista, Caruso, Zero in condotta, conferma che ha perso quel tocco magico che lo rendeva caro agli spettatori o forse, semplicemente, altri astri sono sorti e il suo è tramontato. Il resto, purtroppo, è noto, fino a quella maledetta caduta in casa nel 2006 che gli toglie la capacità di parlare e camminare. Ad assisterlo con amore, fino all'ultimo, la figlia Ginevra, il fratello Giovanni Nuti e gli amici e gli ammiratori che non l'hanno mai lasciato solo. Nel 2021 gli viene dedicato un documentario dal titolo eloquente: Ti vogliamo bene Francesco Nuti. Oggi questo attore e uomo sfortunato ha terminato il suo doloroso cammino sulla terra, ma noi avremo sempre modo di ricordarlo e ridere con lui.