Addio a William Friedkin, grandissimo regista e grande amico: un ricordo personale
Ci ha lasciato purtroppo all'età di 87 anni il regista premio Oscar William Friedkin, nell'anno del cinquantesimo anniversario de L'esorcista e col suo nuovo film che sarà a Venezia. Il nostro personalissimo ricordo.
Le cattive notizie sono sempre inattese e le pessime ancora di più. Perdonerete chi scrive se questo non sarà il solito impersonale e professionale necrologio, perché in questo maledetto 2023 è arrivata oggi 7 agosto la notizia della morte di un amico, un uomo e un regista straordinario, uno di quegli incontri che si fanno poche volte nella vita e che ti segnano per sempre. Se n'è andato William Friedkin, a 87 anni (ne avrebbe compiuti 88 il 29 agosto), l'autore di capolavori come Il braccio violento della legge, Il salario della paura, L'esorcista, Cruising... il grande affabulatore, l'uomo dotato di uno straordinario senso dell'umorismo, di insofferenza per le sciocchezze e gii stolti, entusiasta, innamorato dell'opera e di Puccini, coltissimo, pieno di amore per l'arte, la letteratura, la pittura, come solo un autodidatta può esserlo. Un uomo che non aveva mai dimenticato le sue radici popolari, pur frequentando la Casa Bianca, sempre disponibile, curioso della vita in tutti i suoi aspetti, affascinato dal lato oscuro, dal mistero della fede, dalla fallibilità e ambiguità dell'essere umano. Generoso, al punto da concedere la sua fiducia a molti giovani critici, incluso me, che all'epoca, nel 1994, ero solo e da sempre un'appassionata dei suoi film. Lo intervistai quando venne a presentare Basta vincere, in una fase calante della sua carriera. Gli scrissi (all'epoca c'erano le lettere cartacee) dopo aver visto Jade e lui mi telefonò per ringraziarmi e dirmi che sarebbe stato sempre felice di collaborare con me. Fu di parola e venne al Noir in Festival dove all'epoca collaboravo col fondamentale Giorgio Gosetti, su mio invito, apprezzò i miei libri su di lui (ho ancora la scatola con le VHS marcate Paramount che mi fece mandare dei film all'epoca introvabili, inclusi i suoi primi documentari), mi concesse la sua fiducia ancora e ancora, anche quando magari non eravamo d'accordo su qualcosa. All'epoca, ricordo, nessuno lo considerava a parte i francesi e quando proposi un Castoro su di lui mi fu risposto "ma chi se lo compra un Castoro su Friedkin?". Grazie al Noir e alla mia testardaggine scrissi per Transeuropa il primo libro europeo dedicato al suo cinema (gli altri, tra cui il primo di Mark Kermode, erano incentrati solo sull'Esorcista). Va da sé che poi tutti lo riscoprirono e se ne appropriarono, ma a me non interessava "la gloria", ero solo felice di aver potuto dimostrare il mio affetto e la mia ammirazione per l'autore (come odiava questa definizione!) responsabile di almeno un mese di notti insonni dopo la visione dell'Esorcista, il film, visto in sala a 14 anni, che mi fatto capire la potenza del cinema, e di cui ho ancora il poster originale incorniciato con una sua affettuosa dedica. Ma sono davvero tanti, troppi, i ricordi che si affacciano alla memoria: quando mi impose di fargli da interprete, non soddisfatto di quella ufficiale, alla presentazione ufficiale della prima del Wozzeck, la prima opera da lui diretta, al Comunale di Firenze, quando andando a ritirare il Leone d'Oro alla Carriera si fermò strada facendo per abbracciarmi, l'inatteso regalo che mi fece, quando mi accomunò con una collega più anziana e con l'adorata moglie Sherry Lansing, sua anima gemella e pilastro di stabilità della sua vita, alla quale vanno adesso i miei pensieri, citando pubblicamente dal palco dell'Auditorium le donne intelligenti che apprezzava. E ancora le interviste (quella di Torino durò un'ora e mezzo), le sue email, le telefonate, i Tweet personali, il suo affetto paterno.
Oggi questa notizia, che in parte mi aspettavo (non rispondeva più alle email, e l'avevo visto in un'intervista americana a inizio anno sempre lucido e fantastico nel raccontare ma fragile, di colpo invecchiato ed era evidente che avesse seri problemi di salute) mi ha letteralmente devastato. Non saprei come altro rendergli omaggio se non dicendo cosa è stato per me: sul suo lavoro, straordinario, ho scritto più volte, oggi esiste una letteratura fittissima su quello, inclusa la sua splendida autobiografia, e in fondo sappiamo tutti quello che ha fatto e come il suo cinema grintoso, moderno, sempre in anticipo sui tempi abbia segnato la storia della settima arte (e se non lo sapete, leggete i riassunti della sua carriera, comparsi ovunque in queste ore). Per me è motivo insieme di gioia e di dolore sapere che è riuscito a girare un ultimo film, The Caine Mutiny Court-Martial, con le poche forze che gli restavano, e che quel film sarà a Venezia, dove lui purtroppo non potrà accompagnarlo come amava sempre fare. In fondo è bello sapere che è morto lasciandoci un ultimo regalo, con cui come al solito avrà cercato di trasmetterci la sua passione civile, come ha sempre fatto senza mai piegarsi alle leggi commerciali di Hollywood. Quando era all'apice della fama e avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, dopo L'esorcista, diresse Il salario della paura, che considerava giustamente il suo capolavoro e che fu un fiasco. Da giovane era stato anche arrogante, ma non era un uomo presuntuoso, era solo cosciente del proprio valore e ascoltarlo parlare, anche se lo avevi sentito raccontare tante volte - anche durante una cena con Christopher Lee e Peter Weller al Noir in Festival, a proposito di ricordi indimenticabili - era una gioia assoluta, un divertimento unico, come sanno i molti che lo hanno incontrato ai festival. William Friedkin era un uomo sincero. La mia casa è piena di foto, poster, dvd e ricordi del tempo che ho avuto la fortuna di condividere con lui. Non riesco a scrivere altro: in questo caso purtroppo la giornalista cede il passo all'essere umano. Grazie caro Billy, ti ho voluto davvero tanto bene, mi dispiace solo, come sempre succede in questi casi, non averti potuto abbracciare ancora una volta, ma sai che non ti dimenticherò mai.