Un cuore che batte per il cinema e la sua ripresa: intervista a Caterina Shulha, protagonista femminile di Istmo
Nel film di Carlo Fenizi con Michele Venitucci, che uscirà direttamente su Chili il 20 maggio, l'attrice è una runner portatrice di leggerezza.

Caterina Shulha, classe 1993, l'abbiamo conosciuta di persona sul set di The Land of Dreams, un musical italiano girato a Sofia che speriamo di vedere presto, una volta che le sale finalmente riapriranno. Al cinema, invece, l'avevamo "incontrata" prima: in Smetto quando voglio, dove era Paprika, ne La vita possibile di Ivano De Matteo, e poi, per esempio, ne La ragazza del Labirinto di Donato Carrisi e, di recente, in Cetto c'è senzadubbiamente. E’ originaria della Bielorussia Caterina, e dal 2006 abita a Roma. Dal 20 maggio sarà accanto a Michele Venitucci, nei panni di una runner bruna con il piercing al naso, in Istmo, che debutterà direttamente su Chili. Il personaggio che interpreta nel film - ci racconta durante un'intervista telefonica - non le somiglia molto, ma il bello del mestiere dell'attore, in fondo, è proprio questo: essere qualcuno diverso da sé.
"La prima volta che ho incontrato il regista Carlo Fenizi e il protagonista Michele Venitucci, coautore della sceneggiatura, ho detto: ok accetto il ruolo, ma io sono esattamente come il protagonista del film Orlando, che non esce dalle mura domestiche. Sono io quella che si chiude in casa, che si costruisce tutto un mondo ed esce proprio se c'è una necessità estrema. Per questo mi è piaciuto interpretare Marina, una ragazza che è sempre sorridente e portatrice di leggerezza. Esistono persone così. Ricordo per esempio un mio compagno di set in Trentino. Nelle giornate di pioggia eravamo tutti di pessimo umore perché dovevamo restare confinati in albergo. Lui invece era contento e andava a funghi".
Carlo Fenizi considera Istmo la sua opera prima. Anche The Land of Dreams e Hotel Gagarin lo sono. Cosa ti affascina dei debutti dietro alla macchina da presa?
In un film d'esordio c'è sempre tanto amore e l'esperienza per me è sempre bella, a prescindere dal copione e dal personaggio. Istmo è un piccolo film indipendente e chi ci lavorava aveva 22, 23 anni. Nessuno si stancava mai e avrebbe girato notte e giorno. Era uno spettacolo meraviglioso. A volte noi artisti di cinema ci accomodiamo ognuno nella propria posizione, gli attori per esempio diventano capricciosi. Invece su quel set si respirava grande dedizione e una passione comune, si guardava al progetto più che ai soldi e alle ore di lavoro. Mi è capitato di fermarmi a riflettere e di ricordarmi perché faccio questo mestiere.
Il tempo in cui si gira un film è un tempo sospeso, in cui ciò che è fuori sembra non esistere. Anche il lockdown imposto dal Coronavirus lo è stato. Come hai vissuto i terribili 55 giorni di quarantena nazionale?
Quando è arrivata la notizia che ci saremmo dovuti chiudere in casa, rientravo da un lavoro a Milano, la serie di Freud, venivo quindi da un tempo frenetico. Avevo inoltre cominciato l'inserimento all'asilo di mio figlio, insomma avevo incastrato tutto e tutto andava bene. Quando Giuseppe Conte ha detto: "Da domani non si esce più", mi è presa male. Non accettavo di dover cambiare vita, ero arrabbiata più che depressa. Poi ho smesso di combattere, mi sono calmata e soprattutto ho rivalutato il tempo con mio figlio. Una delle poche cose belle del Coronavirus è che ci ha insegnato che la cosa più importante della nostra vita sono le persone che amiamo e il tempo che dedichiamo loro.
E come va con la Fase 2?
La prima uscita l'ho fatta per andare a doppiare e mi ha fatto un certo effetto, era una sensazione strana. A un certo punto ho starnutito e mi hanno guardato come se avessi ammazzato qualcuno. Già nella nostra società l'odio nei confronti dell'altro era abbastanza diffuso prima del Coronavirus. Figuriamoci che cosa potrebbe accadere adesso.
Non pensi che, nel bel mezzo dell'emergenza ma anche adesso che le acque sembrano essersi un po’ calmate, il governo si sia dimenticato della cultura?
Il governo si è scordato di due cose. Per Conte, innanzitutto, i bambini nascono già di 6 anni, il discorso di asili e scuole e materne non è mai stato veramente affrontato. Mia mia mamma è maestra in un asilo nido, quindi ho una famiglia piena di esperienza in questo senso. Per il Presidente del Consiglio i bambini hanno risolto con i compiti a casa, però ci sono anche i più piccoli a cui bisogna pensare.
E il settore dello spettacolo?
Siamo rimasti tutti a casa a vedere le serie tv ed eravamo contenti perché finalmente potevamo recuperare quelle che avevamo perso, ma se non vi muovete e ci aiutate, alla prossima ondata non credo che ce ne saranno di nuove. So di bozze di decreto assurde in cui si parlava di misure di protezione e sicurezza sul set, ma non possiamo scrivere tutti i copioni con gli attori che si baciano con la mascherina. Lo slittamento delle lavorazioni poi non aiuta. Io, per esempio, non ho finito una serie e dovevo cominciarne un'altra. Forse gli attori importanti riusciranno ugualmente ad organizzarsi. Se invece sei agli inizi e dici a un produttore: "In questo momento non sono più disponibile", il produttore va avanti e prende un altro.
Paradossalmente, però, il Coronavirus potrebbe portare fortuna a Istmo, dandogli maggiore visibilità che non in sala…
Sono stata molto contenta di questa uscita in streaming. Credo che uscire sulle piattaforme sarà il futuro del cinema. Penso che i film usciranno come eventi speciali e poi passeranno alle piattaforme.
Ti manca il cinema in sala? Che esperienza è per te vedere un film al cinema, con le luci spente e altri spettatori?
Io vado al cinema da sola, senza nessun familiare e amico, mi prendo il pomeriggio e mi vedo 2 o 3 film di seguito, cosa che ho fatto a Milano per 3 mesi. Mio figlio veniva su il weekend, giravamo molto di notte e siccome a Milano i cinema aprono la mattina, entravo in sala alle 10:30 e uscivo alle 3, dopodiché andavo a piedi sul set. Se le sale scomparissero, mi dispiacerebbe da morire.
In Istmo il personaggio di Orlando, che ha superato i 40 anni, dice di appartenere a una generazione di mezzo, che sta fra l'analogico e il digitale. Tu sei più giovane di Orlando e di Michele Venitucci che lo interpreta. Quanto sei analogica e quanto digitale?
Ricordati che vengo dalla Bielorussia. Anche io ho avuto il mio periodo analogico. Il primo computer l'ho avuto qui in Italia a 13 anni, era uno di quelli fissi e giganti color panna. Sono passata tardi allo smartphone, cominciando con il Nokia 3310. Non sono una malata di Internet. Il computer l'ho acceso l'ultima volta 3 mesi fa per vedere dei film su Netflix. Per postare qualcosa su Instagram mi devo mettere un promemoria, e i messaggi che ricevo a volte mio figlio li archivia.
Il 2019 è stato un anno lavorativamente importante per te. Come ti vedi adesso?
La nascita di un figlio ti cambia, per me ha coinciso con lavori bellissimi. Però, prima, se c'erano 10 provini al mese, dovevo presentarmi a tutti. Adesso, invece, sono entrata nella modalità zen, nel senso che va come deve andare, e se va male significa che, tempo un mese, si presenterà una nuova occasione. Mi è successo con il film con Antonio Albanese. Dovevo fare un'altra commedia italiana che sarebbe stata la mia prima volta da protagonista femminile. Una settimana prima dell'inizio delle riprese è saltato tutto e ci sono rimasta molto male. Cinque giorni dopo è arrivato provino per Cetto c'è, senzadubbiamente. Nella vita bisogna saper lasciare andare.