Silo, la serie di cui non sapete di aver bisogno: tra Rebecca Ferguson, Orwell, Lost, lotta di classe e un villain memorabile

20 gennaio 2025
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Sono disponibili in streaming su Apple TV+ tutte le puntate delle prime due stagioni di quest'avvincente serie di avventura e fantascienza distopica, che dovreste davvero vedere.

Silo, la serie di cui non sapete di aver bisogno: tra Rebecca Ferguson, Orwell, Lost, lotta di classe e un villain memorabile

Sono piuttosto convinto che, se fosse presente su qualche piattaforma più di moda, e quindi anche più diffusa, Silo sarebbe una di quelle serie sulle quali tutti ammorberebbero tutti, sui social come alle cene tra amici. E inveve Silo è una serie Apple Original che trovate in streaming su Apple TV+ (che, sia detto per inciso, ha il migliore rapporto qualità:quantità che si possa trovare tra tutti i vari competitor, con l’eccezione di MUBI, che però le serie non le fa), e quindi non ne parla praticamente nessuno. E quindi, ora lo faccio io.
Non ricordo esattamente perché avessi deciso di vedere Silo, considerato che non sono un grandissimo consumatore di serie. Le serie spesso - per come sono fatto - mi annoiano dopo poche puntate anche quando gli spunti sono buoni, e in genere le trovo o troppo impegnate a inseguire più o mano vanamente una struttura e uno sguardo cinematografico, o al contrario troppo piatte e superficiali (non mi va mai bene niente, lo so).
Forse è stato proprio il fatto che fosse sulla piattaforma della Mela, che già mi aveva regalato due serie notevolissime come la Servant targata Shyamalan e la Slow Horses con un Gary Oldman fenomenale. Forse la presenza di Rebecca Ferguson, per la quale ho un debole (come attrice, ma forse anche non solo). Forse un’idea di partenza che mi pareva interessante. Fatto sta che, una volta iniziata, Silo l’ho vista tutta, e quando di recente ha debuttato la seconda stagione (di cui pochi giorni fa è stato diffuso l’ultimo episodio) mi sono affrettato a vedere anche quella.
Silo è tratta da una serie di romanzi di grande successo (che io non avevo mai sentito nominare e che è nata autopubblicata) scritta dall’inglese Hugh Howey, che è stata adattata sotto la supervisione dello showrunner Graham Yost. È ambientata in un futuro - ovviamente distopico - e in particolare in un gigantesco silo sotterraneo, un alveare verticale di 144 piani che si estendono verso il basso, dove vivono diecimila persone. A regolare la vita di questa società, che emerge piuttosto rapidamente avere tratti abbastanza orwelliani, una serie di norme e regole (tutte contenute in una Bibbia laica nota come "Il Patto") che sono, almeno in apparenza, mirate a proteggere il Silo e i suoi abitanti; regole dettate da misteriosi “fondatori” che hanno costruito il Silo e vi hanno rifugiato gli ultimi sopravvissuti dell’umanità dopo una qualche misteriosa apocalisse che ha reso l’aria velenosa e irrespirabile.

Silo: il trailer della prima stagione

Tra le autorità che governano il Silo ci sono: un Sindaco; il capo del dipartimento IT; un Giudice; il capo dei Giudiziari, i temibili pretoriani del Silo; uno Sceriffo incaricato di mantenere l’ordine. Non di rado, capiamo in fretta, queste figure sono in conflitto o in tensione tra loro, impegnate in complessi giochi di potere per ambizione personale o chissà per cosa. La struttura stessa del Silo, poi è una evidente metafora della divisione in classi: quelli che contano vivono nei piani alti, quelli più vicini alla superficie, mentre in basso ci sono i Meccanici, i proletari del Silo, fondamentali per il suo funzionamento ma trattati quasi come paria.
Proprio tra i Meccanici incontrriamo Juliette Nichols, protagonista della serie, il personaggio interpretato di una bravissima Ferguson: una giovane donna tosta e intelligente, una delle colonne del suo reparto, che attraverso una serie di vicende che sarebbe inutile se non dannoso riassumere, nominata a sorpresa Sceriffo da un predecessore che non fa una bella fine, inizia a capire che qualcosa nel Silo e nella sua gestione non è esattamente limpido. Che forse alcune delle strane regole cui tutti devono essere sottoposti sono insensate. Che perfino la sua storia personale, con un padre medico che l'ha abbandonata tra i Meccanici ancora bambina, è stata influenzata da qualche strano intrigo. Che forse il mondo di fuori, che si può vedere grazie a degli enormi schermi situati nelle caffetterie a vari livelli del Silo, non è così orrendo, desolato e pericoloso come sembra. Forse alcuni strani glitch che mostrano un mondo esterno verde e rigoglioso sono la verità. O no?

Nel corso della prima stagione di Silo Juliette cerca di capire cosa si nasconde dietro ai vari misteri, alle stranezze, alle incongruenze che si trova di fronte, suscitando l’irritazione e la voglia di fargliela pagare di un altro personaggio fondamentale: il Sindaco e capo dell’IT Bernard Holland, che - con la collaborazione del temibile Robert Sims, a capo dei Giudiziari - finirà al termine della stagione per mandare Juliette “a pulire”. “Pulire” vuol dire esiliare qualcuno dal Silo, mandarlo fuori a morire, perché esperienza insegna che nessuna tuta con casco e respiratore serve per sopravvivere all’esterno. Tutto quello che gli esiliati possono fare, appunto, è pulire la lente della videocamera che riprende l’esterno che poi viene proiettato sugli schermi della caffetteria. Pulire, e quindi espiare le proprie colpe.
Mi perdoneranno i fanatici dello spoiler se vi dico che però Juliette non morirà, una volta fuori: la prima stagione di Silo la vede sparire dall’orizzonte, dietro una collina, ancora in piedi e ancora viva laddove nessuno prima di lei era riuscito a fare tanta strada. E nella seconda Juliette scoprirà un secondo Silo dove pare esserci un solo, stranissimo sopravvissuto, mentre nel suo Silo le cose per Holland e Sims si complicano, Juliette diventa un simbolo di lotta e di voglia di verità, e i Meccanici preparano una rivolta.

Silo: il trailer della seconda stagione

Ora, a parte il fatto che Silo è una serie con valori produttivi decisamente elevati, che si vedono tutti nella cura delle scenografie, dei costumi e di tutto il resto, la cosa più importante è che è scritta con molta intelligenza (e con rispetto dell’intelligenza dello spettatore) e senza alcuno snobismo né complesso per il fatto di essere quella che è: una serie di genere.
I riferimenti alle distopie e a Orwell già li abbiamo fatti, ma se volessimo aggiungere un riferimento si potrebbe dire che era dai tempi di Lost che il mistero dietro alle vicende e alle situazioni raccontate da una serie non era tanto intrigante. E nel suo costruire un mondo credibile e affascinante, esplicitamente di finzione, Silo è in grado di parlare, tra le righe, di questioni assai contemporanee: dalla lotta di classe alla gestione del potere e al funzionamento della democrazia, passando per la manipolazione e la post-verità.
Worldbuilding, quindi, come dicono gli inglesi. Ma anche, per dirla come dicono loro, una serie character driven. Perché i personaggi, prima ancora che gli intrighi e i misteri, e le rivolte e le alleanze, sono quello che ti appassiona in Silo. Certo, Juliette Nichols è un bellissimo personaggio, e tanti personaggi secondari (che poi magari nella seconda stagione emergono come protagonisti, ma anche no) sono curatissimi.

Il simbolo però dell’attenzione alla scrittura (e alla recitazione) di questa serie è quello che emerge in fretta e chiaramente come il suo villain principale, il Bernard di un grande Tim Robbins. Bernard, nelle sue trame, nei suoi machiavellismi, nella sua capacità di manipolare e ricattare, nella sua ottusa pretesa di mantenere uno status quo che sta crollando, è uno di quei personaggi che ami odiare. Che è talmente stronzo che vorresti entrare nello schermo e prenderlo a schiaffi, ma è anche talmente umano - nelle sue contraddizioni, nelle sue debolezze, nelle sue reazioni e perfino in certe sua fragilità, perfino in questa sua ossessione per l’ordine e le regole che appare in fin dei conti quasi ridicola - da non essere mai una macchietta bidimensionale, ma una figura complessa e stratificata. Umana, vera. In qualche modo una figura in cui rivedere qualcosa, qualcuno, forse parti di sé.
Lo stesso vale anche per il Sims di Common, uno che ha una presenza scenica notevolissima, per la sua machbethiana moglie Camille (Alexandria Riley), per il (vice)sceriffo Paul Billings di Chinaza Uche, per la meccanica Walker di una meravigliosa Harriet Walter e per tutti gli altri personaggi complessi e sfaccettati, pieni di punti deboli e punti di forza, che si muovono in questo mondo e in questa serie così affascinante.
Insomma: cosa aspettate a guardare Silo, invece di perdere tempo con le solite sciocchezze di cui parlano tutti?



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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