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Mare Fuori: abbiamo incontrato Nicolò Galasso alias Gaetano/Pirucchio, fra i vincitori di Meno di Trenta

Gaetano detto Pirucchio è uno dei personaggi più sfaccettati di Mare Fuori. Lo interpreta magnificamente Nicolò Galasso, che ha vinto ben due premi della quarta edizione di Meno di Trenta, ospitata dal festival Lo Schermo è Donna. Noi c'eravamo e abbiamo intervistato l'attore.

Mare Fuori: abbiamo incontrato Nicolò Galasso alias Gaetano/Pirucchio, fra i vincitori di Meno di Trenta

Fra i tanti riconoscimenti cinematografici destinati agli attori, ce n'è uno che amiamo particolarmente, perché premia i giovani e giovanissimi, siano essi esordienti o ragazzi che hanno realizzato già da un po’ il loro sogno di fare della recitazione un mestiere. Ideato da Stefano Amadio e Silvia Saitta, Meno di Trenta ha dato a chi ama vivere le vite degli altri attraverso personaggi reali o inventati la possibilità di affermarsi ulteriormente o di veder riconosciuti una dedizione quasi monastica e la capacità di saper raccontare storie attraverso la voce, lo sguardo, il movimento del corpo.

Quest'anno è stato il festival Lo Schermo è Donna, diretto dai giornalisti Alberto Crespi e Rocco Giurato, a ospitare la quarta edizione di Meno di Trenta. Nel castello di Fiano Romano, il pubblico ha visto salire sul palco artisti premiati dai lettori della rivista Ciak e da una giuria stampa. Fra i primi rientrava, per la sua performance ne Il Sol dell'Avvenire, Valentina Romani, che ha mandato un video- messaggio di ringraziamento. Come miglior attore di serie tv è stato votato Nicolò Galasso alias Gaetano/Pirucchio di Mare Fuori. Quest'ultimo è stato scelto pure dai giornalisti, che hanno premiato come miglior attore di serie tv anche Francesco Centorame (Skam Italia). Ad aggiudicarsi il trofeo nella categoria film è stata invece Greta Gasbarri, straordinaria protagonista di Mia di Ivano De Matteo. Stefano Amadio e Silvia Saitta, infine, hanno voluto rendere omaggio al talento di attori che si dividono fra cinema e teatro attraverso due ulteriori premi, uno andato a Francesco Gheghi (protagonista di Piove di Paolo Strippoli e Romeo nel Romeo e Giulietta di Mario Martone al Piccolo Teatro Strehler) e uno a Blu Yoshimi, che ricordiamo ne Il Sol dell'Avvenire di Nanni Moretti e che ha uno spettacolo in programma al Festival dei Due Mondi.

Subito prima dell'inizio della serata, che si è conclusa con la proiezione di Pane, amore e fantasia, abbiamo avuto la bella opportunità di intervistare Nicolò Galasso, che nella terza stagione di Mare Fuori ha un ruolo chiave. Il suo personaggio ha un arco narrativo molto interessante, perché cresce e cambia. E infatti l'attore ci ha raccontato subito, e con entusiasmo, l'evoluzione di Pirucchio, e se vi state chiedendo il significato del suo soprannome, sappiate che in napoletano pirucchio significa pidocchio:

"L’arco narrativo di Pirucchio è strano" - ha spiegato Nicolò - "perché all'inizio è un ragazzo molto aggressivo e non si capisce quale sia la causa della sua rabbia. Nell'IPM è il braccio destro del boss e cioè Ciro, e a questo proposito sento di dover ringraziare Giacomo Giorgio, che è un attore meraviglioso, per avermi aiutato tantissimo con il napoletano. Non essendo io di Napoli, avevo di fronte un'impresa davvero ardua. Nel costruire il personaggio, sono partito dall'idea di essere in catene, più a livello mentale che fisico, e quindi non solo prigioniero di una struttura ma del sistema in generale. Il percorso di Gaetano prosegue dopo la morte di Ciro e diventa più intenso, perché Pirucchio rischia di impazzire, avendo perso la sua figura di riferimento. Nella serie facciamo la conoscenza dei genitori del mio personaggio, e quindi ho dovuto lavorare sulla relazione di Gaetano con sua madre e suo padre. Per interpretare il secondo è stato scelto il mio vero padre, e ciò ha comportato un surplus di impegno, perché ho costruito con mio papà un rapporto diverso, perché era il padre di Pirucchio e non di Nicolò. È stato un lavoro intenso, particolarissimo, perché sono andato a toccare dei limiti strani, ai quali non ero abituato, e un conto è farlo con altri colleghi, un altro è quando c'è di mezzo un familiare. Certo, anche io e mio padre siamo colleghi, ma è difficile mettersi in gioco in questa maniera. Tornando al percorso di Gaetano, nel momento in cui si fa carico di qualcosa che non ha fatto e arriva sul punto di morire, capisce di aver sbagliato qualcosa. I ragazzi che commettono errori, secondo me non sanno di sbagliare, è tutta una fase di formazione, e quindi è solo grazie all'esperienza che uno impara a comportarsi nella maniera migliore. Se idolatri qualcosa che ti sembra giusto, fino a quando non ti avvicini, non sai se possa andare bene oppure no. Se nessuno te lo insegna, continui ad avere una percezione non corretta.

Per quale ragione Gaetano, che è un ragazzo di buona famiglia, decide di fare il criminale?

Ho immaginato che Gaetano non si riconoscesse all'interno della sua famiglia, perché la scena nella quale veniamo fermati per essere derubati ci mostra chiaramente che il ragazzo cambia l'idea che ha sempre avuto del padre nel momento in cui lo vede "cadere". Quando la fiducia che hai in tuo padre viene a mancare, è devastante, e allora devi rimetterti in gioco, e Pirucchio sbaglia perché si mette in gioco in maniera brutale. Suo papà voleva dargli un insegnamento ma non ci è riuscito, e Gaetano ha frainteso completamente le sue parole. E quando si sente dire: "Lascia stare, questa è brutta gente", si oppone. Ho costruito così Gaetano così: in opposizione a tutto ciò che gli viene detto all'interno del suo ambiente, e quindi è logico che Ciro sia per lui un fratello ma anche un padre. Quello con Ciro è l’unico legame forte che Pirucchio ha. Ce ne accorgiamo nella seconda stagione, quando si ritrova senza di lui, e ovviamente nella terza, quando davvero si sente solo e abbandonato da quelli che pensava essere degli amici. È a quel punto che capisce di aver sbagliato e da Pirucchio diventa Gaetano, e Gaetano va incontro al suo destino.

Un destino terribile che sente di non poter evitare. Perché non fa qualcosa per cambiarlo?

Mentre giravamo la terza stagione, di colpo ho capito che Pirucchio fa quel che fa perché non riesce a perdonarsi di tutto il male che ha provocato. La sua è una specie di fuga, ma suggellata da un atto eroico, e infatti, a chi vede Gaetano come un eroe, mi piace dire che secondo me è un antieroe, un antieroe che ha compiuto un gesto eroico.

Una cosa che colpisce sempre quando si parla di criminalità organizzata è che impossibile interrompere la spirale di violenza, e così succede che i figli si trovino a pagare per gli errori dei genitori. Il guaio è che accade anche nella realtà, quindi possiamo dire che vi siete mossi nel solco della verità?

Abbiamo cercato di raccontare una verità possibile, quindi parlerei di verosimiglianza. Non ho le prove che la storia di Pirucchio sia vera, però, qualora dovesse essere così, sarebbe spaventoso. Purtroppo sono proprio gli errori dei genitori a far sbagliare i ragazzi, perché anche chi nella vita ha una possibilità altra rispetto alla violenza, alla fine non la sfrutta perché qualcosa è andato storto, e sicuramente può dipendere dal ragazzo, ma il ragazzo viene educato, e tutto passa attraverso quello che impartiscono i genitori.

Che cosa lascia in un attore un'esperienza come quella di Mare Fuori?

Sono contento di aver partecipato a Mare Fuori, perché è un progetto che secondo me poteva essere davvero pericoloso, perché trattare un tema del genere non è facile. Inoltre era rischioso sotto più punti di vista, perché parlare di criminalità, associandola ai ragazzi, significa tentare qualcosa di inesplorato. E poi ogni personaggio vive la sua condizione in maniera diversa e ha un ruolo ben definito all'interno del carcere. Con gli altri attori abbiamo creato un bel gruppo. Ci riunivamo spesso, passavamo le nottate a leggere la sceneggiatura e a provare, provare, provare, perché tutto quello che i nostri personaggi sentivano doveva arrivare al pubblico, e secondo me è arrivato. Infine, grazie alla serialità, sono molto contento di aver avuto l'opportunità di raccontare un personaggio per tanto tempo.

Vieni da una famiglia di attori di teatro, e quindi la strada che hai preso sembrava obbligata. C’è stato un solo istante della tua vita in cui non volevi fare l'attore?

Sinceramente no. Fin da piccolo sono stato abituato a vivere in teatro, e la cosa mi piaceva molto, però ero timido, tanto che ho scoperto la mia passione da solo, mentre guardavo i VHS che avevamo a casa. Li guardavo e li riguardavo, e imparavo scene a memoria. Accanto agli spettacoli, e oltre al cinema e alla televisione, tutto quello che accadeva  diventava materiale a cui pensare e su cui lavorare, e quindi inventavo personaggi, oppure proponevo gli stessi ma in un'altra maniera. Non parlerei di "chiamata" o vocazione, ma di una passione, un fuoco che arde dentro, e ciò che mi guida di più è la voglia di raccontare storie.

Pensi che il mestiere dell'attore ti abbia cambiato, magari in meglio?

Penso che a scuola tutti dovrebbero studiare recitazione e fare teatro, perché è un modo per cambiare il punto di vista sulle cose. Noi abbiamo vissuto il Covid, e io personalmente ero al Centro Sperimentale di Cinematografia, al secondo anno, e quando ci è stato detto: "Beh, ragazzi, facciamo una settimana di pausa", e poi la settimana di pausa si è trasformata in 3 mesi di inferno, ho capito quanto mi pesava non avere la possibilità di relazionarmi con gli altri e di scoprire cose nuove. Alla fine questo lavoro è uno studio che non finisce mai, ed è questo il suo bello, perché continui a pensare alle varie possibilità che hai. Una frase a cui tengo moltissimo e che mi piace ripetere è: "Per me recitare significa abitare la possibilità". Le possibilità sono infinite e penso che l'immaginazione viaggi molto più avanti della realtà, e quindi abitare una "possibilità immaginifica" è in qualche modo il dono più prezioso che si possa ricevere.

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