Fosse/Verdon, Recensione: Una Miniserie da recuperare assolutamente

17 giugno 2019
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Il racconto della relazione burrascosa e seminale tra due dei personaggi più influenti dello show business, straordinariamente interpretati da Sam Rockwell e Michelle Williams.

Fosse/Verdon, Recensione: Una Miniserie da recuperare assolutamente

Lui la mente, il coreografo visionario, il regista pluripremiato e l’uomo depresso, drogato e assolutamente incapace di monogamia. Lei il corpo, la ballerina sensuale e delicata, la migliore che Broadway ricordi, l’attrice completa e la donna ferita, che soffocava il proprio ego per il bene dell’arte, ma soprattutto di sua figlia. Questi erano Bob Fosse e Gwen Verdon e in molti lo hanno scoperto grazie alla miniserie di Steven Levenson, prodotta da Lin-Manuel Miranda e basata sulla biografia Fosse di Sam Wasson, che vi consigliamo caldamente di recuperare.

Fosse/Verdon è un’analisi approfondita della relazione burrascosa e seminale tra due dei personaggi più influenti dello show business, che nell’arco di tre decenni hanno cambiato per sempre il concetto di spettacolo, influenzando generazioni diverse di performer e pop star (come Michael Jackson e Beyoncé, solo per citarne due). Dopo uno studio approfondito dei gesti, della postura, dell’intonazione della voce e dell’atteggiamento, Sam Rockwell e Michelle Williams sono riusciti in modo straordinario a ridare loro un’anima, un sorriso impostato per i riflettori e un corpo per ballare, godere e soffrire, sotto la guida dell’unica persona che li ha conosciuti davvero e che è stata al tempo stesso custode e vittima del loro successo, la figlia Nicole Fosse. Senza concentrarsi esclusivamente sulle prodezze artistiche, a differenza di All That Jazz, il film fintamente autobiografico di Bob Fosse, qui non ci sono filtri né celebrazioni edulcorate: ci viene data la possibilità di vedere tutti i momenti di insicurezza, gli errori, la depressione, le meschinità, l’ansia e la continua ricerca di piaceri temporanei, insomma il lato più puramente umano e per questo pieno di difetti di due artisti pluripremiati e artefici del successo di opere come Damn Yankees, Sweet Charity, Cabaret e Chicago. Bob Fosse era indubbiamente un genio creativo, ma era anche uno dei tanti Weinstein che popolavano l’industria negli anni ’70, e senza sua moglie non sarebbe certo arrivato dov’era; Gwen Verdon era più di una splendida interprete, era una donna ferita con un passato difficile, che si buttava a capofitto nel lavoro e dava sempre più di quanto riceveva.

Partendo dalla fine per poi ripercorrere i momenti salienti della loro storia tra passi di tip tap, coreografie, tradimenti, discussioni e viaggi psichedelici, si scopre tutto questo andando a ritroso e seguendo una logica più emotiva che temporale, per poi perdersi nel web alla ricerca di confronti tra la finzione e la realtà. Sia che siate appassionati di danza e musical, sia che amiate semplicemente i biopic e le storie vere, sicuramente resterete affascinati da Fosse/Verdon: una serie che merita di essere premiata ai prossimi Emmy e Golden Globe.



  • Giornalista pubblicista specializzata in comunicazione musicale e televisiva
  • Consulente musicale
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