The Killer: la recensione del thriller di David Fincher con Michael Fassbender in concorso a Venezia
David Fincher con un thriller teso protagonista al Festival di Venezia in concorso, a distanza di 25 anni da The Fight Club. La recensione di Mauro Donzelli di The Killer, con protagonista assoluto Michael Fassbender.
Un killer, non un assassino seriale fuori controllo. Uno che ha rigorosi codici d’azione, efficiente nel suo agire sempre con successo e su commissione. Poi, va detto, o meglio lo dice proprio lui, siamo quasi otto miliardi di abitanti sulla terra, nascono oltre 4 bambini ogni secondo, e nello stesso intervallo muoiono meno di due persone. Cosa cambierà mai nell’equilibrio mondiale qualche lavoretto pulito che elimina qualcuno? Non spetta poi a lui, frequent flyer sempre in giro per il mondo, campione di miglia, stabilire se lo sia meritato o meno.
David Fincher ha voglia di giocare, come in passato ha voluto fare fino al punto di intitolarci un film, sulla sua direzione di un’orchestra del divertimento, che qui torna in pieno spolvero. A partire da Andrew Kevin Walker, sceneggiatore di quel capolavoro di Seven. Anche se, come detto, qui la fotografia è altrettanto cupa, almeno in quanto a colori e ambientazione, anche se non piove, l’atmosfera ha qualcosa di più rilassato, come un esercizio di stile di altissima nobiltà messo in atto per giocare proprio con l’incongruo, l’inatteso, a partire dalla colonna sonora.
Basti pensare a una scena di lotta in una casa, fra le più lunghe e coinvolgenti degli ultimi tempi, ma anche fra le più silenziose. Inutile dire che Fincher controlla la macchina cinema con una maestria ormai assoluta, con la sicurezza di uno dei grandi maestri contemporanei. È ormai talmente a suo agio che può permettersi di divertirsi con la grammatica, con la forma, senza sperimentalismi sterili, ma con sempre ben presente il divertimento dello spettatore. Anche per una produzione importante come quella The Killer.
Lo vediamo subito appostato all’ultimo piano di un palazzo di Parigi, nella prima sequenza del film, il killer. Monacale nello stile di vita, fa yoga e dorme a dosi omeopatiche, disinfetta sempre tutto e la dose di proteine se la prende in uno dei 15 mila McDonald’s francesi, ma senza i carboidrati del pane. Si mimetizza da turista tedesco, categoria che tutti odiano, di peggio al massimo ci sono i mimi di strada. Ma un momento, dove le otteniamo queste informazioni? Dal suo voice over, insistito e sotto forma di monologhi interiori, fino al subconscio. Sicuramente li usa per convincersi dei suoi mantra professionali. Che poi dica solo verità, lo scopriremo presto, ma non si è mai sentito nessuno non mentirsi. A proposito di schizofrenia, Fincher ne sa qualcosa, così come di voci fuori campo, basta un salto nella sua filmografia. E per l’occasione rivedere quanto molti suoi film non siano per niente invecchiati, visto che ci siete.
Ma torniamo al killer, visto che non ha nome. Fallisce proprio il colpo che ci viene raccontato e inizia a cercare di tenere sotto controllo la situazione, mentre palesemente tutto le sue certezze e le sue regole da samurai si sfaldano. Prima si vantava di uccidere solo per soldi. Eccolo in una serie di capitoli tornare indietro verso il primigenio mandante dell’assassinio, spostandosi in giro per il mondo, comprando pochi abiti in aeroporto. Per la verità passa anche da un posto che potrebbe definire casa, con tanto di fidanzata che rischia di pagare le conseguenze del suo fallimento.
The Killer è una gioia per gli occhi, un meccanismo perfetto scandito con un ritmo serrato ma comprensibile, senza frenesie gratuite. Un thriller godibile ai massimi livelli, anche grazie a un sontuoso Michael Fassbender e a qualche apparizione gustosa. Su tutte quella di Tilda Swinton.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito