Se son rose: recensione della nuova commedia di e con Leonardo Pieraccioni

27 novembre 2018
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L'autobiografia sentimentale del regista toscano subisce un mutamento di rotta e le quote rosa, per fortuna, aumentano.

Se son rose: recensione della nuova commedia di e con Leonardo Pieraccioni

"La sincerità prima di tutto" sembra essere il motto di Leonardo Pieraccioni, l'imperativo categorico al quale, fin dai tempi de I laureati, obbedisce di buon grado con le sue commedie. E la sincerità, dal '95 ad oggi, è sempre andata di pari passo con la condivisione del proprio vissuto, laddove per vissuto si intendono soprattutto le esperienze amorose. E in effetti, a ben guardarlo, il cinema del regista de Il ciclone altro non è se non una lunga autobiografia sentimentale punteggiata di piccoli riferimenti all'attualità, un journal intime le cui pagine sono state spesso simili, e non per mancanza di inventiva, ma perché difficilmente, nelle relazioni interpersonali, si riesce a cambiare pattern, o più semplicemente schema.

Affascinato da donne bellissime, che ha saputo conquistare con le sempre efficaci armi della simpatia, del senso dell'umorismo e di una certa tenerezza fanciullesca, Leonardo ha indossato diverse maschere. A un certo punto ha tentato di allontanarsi dal focolare domestico mescolandosi a un gruppo di studenti universitari, e in un caso è diventato perfino cinico e cattivello. Adesso che ha 53 anni e una bella bambina, per lui è arrivato il momento di fare il punto della situazione, e anche un po’ di autoanalisi, per giungere alla conclusione che le passioni sono fugaci e che il destino ha messo a disposizione di alcuni solo un paio di ciabatte per partecipare alla grande maratona dell'amore, invece di performanti scarpe da corsa con cui tagliare per primi il traguardo.

Se son rose è la summa di queste riflessioni, ed è il primo passo verso un cinema più radicato nella realtà, meno bozzettistico e favolistico, niente affatto volgare visto che Ceccherini al momento risulta "non pervenuto" e più pro-women, dal momento che i personaggi femminili, che qui sono addirittura otto, hanno finalmente lo spessore che meritano, oltre che le "palle fumanti". Certo, il comico toscano gioca sempre a fare il Bertrand Morane (il protagonista de L'uomo che amava le donne, ndr) italiano, ma l'egocentrismo non è poi così di casa questa volta e, cosa ancor più importante, il nostro riconosce prepotentemente i suoi limiti umani. Attraverso il personaggio della suora laica di Caterina Murino, Pieraccioni ammette, per esempio, di essere stato talvolta un fidanzato noioso, mentre sua moglie per finta Claudia Pandolfi gli ricorda e ci ricorda la sua immaturità emotiva. E poi, fra una battuta e l'altra, si fa strada anche quella malinconia che Leonardo ha sfogato e nascosto nei suoi libri, e che ritroviamo nella scena con la fidanzatina del liceo Angelica (Michela Andreozzi) che una malattia mentale porta a dimenticare il passato, quel passato che il regista invece non vuole assolutamente scordare e che poi coincide con la tarda adolescenza, tempo di ormoni impazziti, baci sulle panchine gelide e scuola saltata (o "bigiata", o "marinata").

E’ questo il momento più bello, o meglio l’episodio più interessante, di Se son rose, che narra gli incontri del giornalista Leonardo Giustini con 4 ex, a cui si uniscono altri esponenti del gentil sesso legati in qualche modo al protagonista. Gli altri capitoli sono un po’ più superficiali, anche se il ritorno di fiamma con la professoressa pazza Elettra (Gabriella Pession) è davvero spassoso. In ognuna delle tranche, le donne hanno una marcia in più, perché combattono su tantissimi fronti e hanno motivazioni forti che le spingono ad andare avanti e a tirare la carretta. Quanto al maschio, pure lui evolve - nonostante il gioco di Pieraccioni resti immutato - e riesce ad alzarsi dal divano che ha preso la forma del suo corpo, ma sono passi da formica i suoi, come nel gioco Uno, due, tre, Stella.

Giustini, insomma, non ha le risorse per diventare veramente un altro, ma se un balzo in avanti può compierlo, è grazie a sua figlia, e sono proprio i figli ciò di cui Leonardo Pieraccioni intende raccontare in futuro, i figli e magari storie tutte al maschile, perché, come ci lascia intendere Se son rose, le minestre riscaldate non sono poi così buone, né nella vita né al cinema. E allora la speranza è che per Leonardo sia veramente cominciata una nuova fase, e un nuovo modo di fare la commedia, nuovo solo fino a un certo punto, però, perché negli anni ci siamo affezionati al suo sguardo che trasuda amore per la vita e curiosità.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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