Ogni giorno: recensione della commedia fantasy con Angourie Rice e Justice Smith

11 giugno 2018
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Un ritratto delicato e libero dell'adolescenza e una difesa della libertà e della tolleranza che un gruppo di giovani e bravi attori rende efficace e incisivo.

Ogni giorno: recensione della commedia fantasy con Angourie Rice e Justice Smith

Svegliarsi nel corpo di qualcun altro, o nel proprio corpo tornato bambino o magari costretto a rivivere sempre lo stesso giorno, accade sovente ai personaggi del cinema di intrattenimento, tanto che negli Stati Uniti esiste addirittura una tipologia di film che raggruppa queste insolite situazioni e che in un certo senso risponde alla domanda "cosa succederebbe se"?. Si tratta della "What if comedy", a cui appartengono, per esempio, l'intramontabile Big o il meno conosciuto Quel pazzo venerdì.

Il tenero Ogni giorno, che porta sul grande schermo un best seller per giovani adulti del 2012, rientra solo in parte nella categoria, perché non ha come scopo primario il divertimento che nasce dalle imprevedibili conseguenze del caso "di turno", ma la diffusione di un messaggio sacrosanto e attuale: non importa cosa tu sia ma chi tu sia. Attraverso la storia fantasy dell'anima buona, candida e profonda "A", che ogni mattina si reincarna in un sedicenne diverso - sia esso maschio o femmina, nerd o "fichetto", bianco o giallo o nero - Michael Sucsy, e prima di lui David Levithan, ci invitano insomma a trascendere ogni limite estetico o di genere esaltando la diversità, la varietà e un'idea nuova di monogamia e perfino di attrazione fisica.

Ma quanto è rivoluzionario il film che di un siffatto elogio della libertà si fa portavoce? A pensarci bene, soltanto un poco, perché la protagonista femminile Rhiannon (Angourie Rice), che dopo lo sgomento iniziale prova a vivere una relazione "completa" con "A", in realtà si regala momenti di intimità solo con boyfriend e mai con girlfriend e, in fin dei conti, si rivela decisamente più eterosessuale che omosessuale, nonostante "A" non sappia se sentirsi più maschio o più femmina. Ma quel "poco" è comunque importante, perché, un po' come accadeva, in misura maggiore, con Tuo, Simon, impreziosisce il genere teen-movie, e poi ci racconta l'adolescenza come un periodo della vita nel quale si definisce la propria identità e si diventa persone profonde solo se si "coltiva” l'empatia. E dell’empatia Ogni giorno è la quintessenza ed il vessillo, visto che Rhiannon, che è un interessante condensato di determinazione e vulnerabilità, diventa una ragazzina dalla mente aperta, mentre "A", al sorgere del sole, si mette letteralmente nei panni di qualcun altro e prova a capire ed eventualmente aiutare il suo "ospite". 

Le piacevoli sorprese però stanno altrove: nelle performance dei molti attori che si sono calati nei panni di "A", in particolar modo, che hanno ricevuto una letterina di istruzioni dal regista e che hanno studiato non solo la propria ma anche le altre varianti. Il risultato del loro sforzo è che davvero sembrano tutti la stessa persona, perché ognuno esprime, attraverso gli occhi, la maturità e la sensibilità di una creatura un po’ magica di cui, ahimè, non ci è dato sapere più di tanto. Il mistero del ragazzo (o della ragazza) senza un corpo fisso non viene infatti svelato fino in fondo nel film, ed è una scelta che un po' spiazza,  anche se lascia ad "A" la giusta inafferabilità e magari la possibilità di tornare: forse in un nuovo libro, forse in uno o più sequel per immagini.

Ha un ritmo un po’ discontinuo Ogni giorno, e siccome si affida a un meccanismo ripetitivo, ci sono istanti in cui il bel gioco dura troppo e il film diventa eccessivamente uguale a se stesso. Ma Sucsy è bravo, in diversi altri momenti, a introdurre piccole varianti (inaspettate reincarnazioni, "soggiorni" più lunghi, nuovi ostacoli che si frappongono fra "A" e Rhiannon), e così la noia non sopraggiunge quasi mai, mentre a tratti apprendiamo qualcosa sulla difficile vita della famiglia della protagonista, che ha una mamma iperattiva e un padre che ha sofferto di depressione. Ciò che purtroppo manca, e che fa capolino di tanto in tanto e in prevalenza nelle fasi iniziali, è la giusta dose di comicità. Con una premessa tanto gustosa, quanti strambi accadimenti avrebbero potuto verificarsi in Ogni giorno! E quanti equivoci! Se "A" leggesse quest'ultima affermazione, probabilmente commenterebbe: "Non c’è proprio niente da ridere!". Avrebbe ragione, ma non è detto che per fare un discorso serio, o delicato, non si debba per forza cancellare o limitare l'ilarità. E invece il film rivendica orgogliosamente il suo diritto restare Emo, quasi a ricordare che essere ragazzi non è affatto facile.

Un altro diritto che Ogni giorno rivendica è cambiare il punto di vista, che nel romanzo di partenza è quello di "A", mentre qui lo sguardo privilegiato appartiene a Rhiannon. Ecco, forse sarebbe stato più interessante, sebbene più complesso, stare dentro la testa dello spirito privo di carne e ossa, che ha il privilegio di innamorarsi per la prima volta e che quotidianamente deve adeguarsi alla vita di colui (o colei) al quale si sostituisce. Ma allora Sucsy avrebbe dovuto ricorrere agli effetti speciali, e probabilmente il film avrebbe perso quella semplicità e quella straordinaria normalità che lo rendono così autentico.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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