Memory: recensione del film con Liam Neeson
L'attore irlandese ancora alle prese con una storia di vendetta, sebbene declinata in maniera diversa dal solito. Nel cast di questo film diretto da Martin Campbell anche Guy Pearce e Monica Bellucci.
Siccome Memory vede protagonista il solito Liam Neeson alimentare, quello che oscilla tra il cane bastonato e il killer furioso, nei panni di un assassino di professione alle prese coi primi sintomi dell'Alzheimer, uno che si deve scrivere sul braccio, sotto la manica della camicia, le cose che non si deve dimenticare, ha senso, suppongo, che un altro ruolo di rilievo nel film sia affidato a Guy Pearce. Il Guy Pearce che ventidue anni fa (come passa il tempo quando ci si diverte) esplodeva di popolarità come protagonista assoluto di Memento, il film che ha rivelato Christopher Nolan al mondo e che, appunto, parlava di uno smemorato che si scriveva le cose ovunque: su millemila foglietti, certo, ma appunto anche addosso. Tatuandosi, addirittura.
Liam Neeson no, lui non si tatua. Non ne ha tempo. Non ne ha nemmeno voglia. È troppo impegnato a fare il suo lavoro, quello di killer professionista, che fa benissimo. Dopo un lavoro in Messico, viene spedito a El Paso. Lì inizia il lavoro, fa fuori un tipo, però poi si ferma: l’altro suo bersaglio è infatti una ragazzina. E lui le ragazzine e i ragazzini no, non li tocca. Killer va bene, ma con un’etica.
Ma la ragazzina, immigrata messicana, che è sotto protezione testimoni perché il padre la faceva prostituire, viene fatta fuori lo stesso, e allora Liam Neeson, come le formiche nel loro piccolo, s’incazza, e cerca vendetta. e cercando vendetta incrocia la sua strada con quella di Guy Pearce (agente dell’FBI anche lui abbastanza incazzato per l’assassinio della ragazzina, che era sotto la sua protezione, e per la tratta di giovani immigrate messicane che si va delineando) e pure con quella di Monica Bellucci, donna d'affari (loschi) ricchissima e potentissima e stimatissima che non appare del tutto estranea al giro di prostituzione e alla morte della ragazzina.
Tutta la questione delle quasi bambine messicane che, da un centro di accoglienza o giù di lì, vengono spedite a fare le baby prostitute per soddisfare i gusti perversi di maschi laidi, è una questione che, non a torto, cerca di ammantare Memory di una qualche dignità morale, e di sollevare dalla medietà spinta della sua trama e della sua realizzazione. Ed è un qualcosa che, a dispetto del titolo, conta assai di più negli equilibri narrativi della malattia di Neeson.
In questo contesto il cast fa quello che può e quello che sa, procedendo col pilota automatico, con Neeson, Pearce e Bellucci che fanno un po’ i sé stessi visti in tanti altri film.
Alla sceneggiatura, remake di quella di uno sconosciuto film olandese a sua volta ispirato a un romanzo, c’è il Dario Scardapane della serie tv The Punisher (e si vede) mentre Martin Campbell, solidissimo regista industriale, qui rimane lontano non solo dai livelli di cose come Goldeneye o Casinò Royale, ma anche del ben più recente, e meglio riuscito, The Foreigner con Jackie Chan e Pierce Brosnan.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival