Mavka e la foresta incantata, la recensione della fiaba cartoon ucraina
Arriva dallo studio ucraino Animagrad Studio la fiaba Mavka e la foresta incantata, rielaborazione di una leggenda locale, nei canoni dello spettacolo in CGI per famiglie in formato internazionale. La nostra recensione.
Mavka è un'anima della Foresta, inaspettatamente nominata sua Guardiana dai Supremi Spiriti della Natura, per prendere il posto del dimissionario albero senziente Lesh, che la mette però in guardia: la difesa della natura dagli umani sarà ricca di insidie. Mavka non le vede, anzi s'innamora del giovane Lucas, mandato con l'inganno nella foresta a cercare un albero raro, per conto dell'avida Kylina, interessata alla Fonte della Vita... ma quando due mondi entrano in conflitto, è possibile non farsi accecare dall'ira?
Mavka e la foresta incantata è il nuovo film di animazione in CGI realizzato dall'Animagrad Studio di Kyiv, attivo dal 2012 e già autore nel 2018 di una precedente fiaba animata, La principessa incantata (disponibile su Sky e NOW). Il regista del precedente lavoro, Oleh Malamuzh, è qui affiancato da Oleksandra Ruban nella costruzione di questo tipico cartoon europeo d'esportazione, che segue alcuni dettami stilistici e narrativi di stampo disneyano / americano, di solito sacrificando una propria identità nazionale. In questo caso tuttavia, nonostante tali dettami siano rispettati puntualmente, rimane un ancoraggio interessante alla cultura locale dello studio, con una lettura metaforica piuttosto preziosa... e chissà quanto della sua attualità è voluto, oppure si rifà a principi eterni puntualmente disattesi dalla società umana.
Con un remake della Sirenetta dietro l'angolo e la lunga tradizione Disney alle spalle, la storia d'amore tra due rappresentanti di mondi incompatibili è più che familiare, anzi è diventata un classico dei lungometraggi cartoon. Eppure già Shakespeare con Romeo e Giulietta non poteva essersi sbagliato, e questa struttura continua a funzionare, specie quando le si risparmia un finale tragico. I mondi in conflitto sono qui umanità e natura, un tema già popolare quando concetti come la "transizione ecologica" non erano sulla bocca di tutti, per esempio in un lungo del 1992 come Ferngully - Le avventure di Zak e Crysta di Bill Kroyer: un lavoro che ci è tornato in mente guardando Mavka, nonostante lì si parlasse di foresta pluviale e gli Animagrad puntino più su un'atmosfera alla Rapunzel / Frozen. Nei poteri di Mavka si sentono inoltre echi dello Studo Ghibli, o meglio ancora del modo in cui quella poetica è stata occasionalmente riletta dal cartoon occidentale, si veda il segmento "L'uccello di fuoco" di Fantasia 2000.
È in fondo anche normale che una storia con radici nella tradizione popolare favolostica e fiabesca ricordi altre tradizioni cinematografiche, che a loro volta vi hanno attinto. Nel contesto va cercata l'identità, e Mavka e la foresta incantata a nostro parere regge il colpo, anche quando s'impantana nelle caratterizzazioni dei comprimari poco ispirate ma obbligatorie per questo tipo di prodotto, o in una parentesi musicale altrettanto obbligatoria ma poco memorabile. L'Ucraina non è mai stata così al centro dei nostri pensieri come nell'ultimo anno, e non può non commuovere una sfumatura preziosa: Mavka ha il potere di risolvere la situazione di conflitto che si viene a creare, ma a scapito della sua innocenza, facendosi letteralmente divorare dall'ira, come avvenne al suo predecessore Lesh. Rabbia, violenza e distruzione, assenza di comunicazione tra due mondi, volontà da parte di uno di cancellare l'altro, per reazione o deliberatamente. Su tutto, la tradizione di un odio reciproco, da rispettare finché non ci si opporrà a quella che sembra l'unica possibile visione del mondo.
Per le tempistiche di lavorazione di un lungometraggio del genere, è improbabile che la sceneggiatura volesse occuparsi della guerra in corso da un anno, però il fascino di ogni impresa artistica sincera sta nel suo acquisire significati a prescindere dalla volontà dei suoi autori. Nel loro piccolo, nella loro giovane tradizione, gli Animagrad con Mavka guardano da lontano al Miyazaki della Principessa Mononoke, finendo per raccontare una fiaba sulla volontà di pace, sulla brutalità insensata dello scontro fisico e sul rispetto per l'ambiente, vittima indiretta della follia. C'è tanto da discutere con i piccoli spettatori accompagnati al cinema, in una confezione che si difende bene sul piano tecnico, specialmente nella direzione artistica di colori saturi e nella resa degli effetti visivi in alcune sequenze più visionarie. E paesaggi e costumi per un'ora e mezza ci ricordano l'identità di una nazione, che negli ultimi tempi siamo più abituati ad associare a fredde cartine politiche o terribili reportage.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"