Lockdown all'italiana: recensione

15 ottobre 2020
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Prima regia per Enrico Vanzina, che dietro alla trama immediata, alla pochade, allo sciorinamento dei tic degli italiani durante il confinamento, nasconde un sentimento tenero e malinconico, e finisce con l'ammiccare (senza troppa convinzione) alla lotta di classe in stile Parasite.

Lockdown all'italiana: recensione

A un certo punto di Lockdown all’italiana, l’avvocato fedifrago e donnaiolo interpretato da Ezio Greggio reagisce indignato alle rampogne della moglie e di una procace e temporanea vicina di casa, che lo accusano di essere “un cazzaro”.
E, dalla terrazza di una casa del centro storico di Roma, si lancia in un’arringa difensiva del suo essere cazzaro, rivendicando anche la sua voglia di leggerezza e la sua ricerca della felicità, che passa anche attraverso il raccontare balle, nel bel mezzo di una tragedia mondiale come la pandemia da Covid-19.
Non fossi un cazzaro, dice all’incirca Greggio, mi butterei di sotto. E poi, aggiunge, le vere tragedie son ben altre, mica i miei tradimenti, o le mie fandonie.
È una scena strana, un po’ sbilenca (come in fondo tutto il film), dal tono quasi solenne ma allo stesso tempo ironico. Che un po’ sfotte la retorica da terrazza dei mesi della chiusura, e un po’ la esalta, ma che soprattutto rivendica il diritto di Enrico Vanzina alla leggerezza e alla felicità attraverso il cinema. Perfino di fronte alla pandemia.

Sbilenco, abbiamo detto. Ma anche un po’ squinternato, raffazzonato, e scritto e girato evidentemente troppo in fretta, questo Lockdown all’italiana. Perfino, va detto, decisamente poco divertente nel suo ripercorrere e sciorinare uno dopo l’altro tutti i tic degli italiani durante il periodo del confinamento in casa (mascherine, ricrescita dei capelli, smartworking in mutande, ossessione per il cibo, attività fisiche, permessi da compilare, videochat e compagnia cantando), così come nell’imbastire la pochade del tradimento e delle coppie incrociate.
E di certo non gli fanno benissimo i confronti con i giganti della commedia all’italiana evocati volutamente nel testo del film, con gli spezzoni di I nuovi mostri o La terrazza che si vedono sugli schermi giganti delle tv casalinghe, e con Ricky Memphis che di fronte a Sordi mormora “Ma de che stamo a parla’”, mentre Gassman che parla della felicità al congresso del PCI nel film di Scola viene ammirato da Greggio.

Tra gli spezzoni che si vedono passare nelle tv di Lockdown all’italiana, però, c’è anche Sapore di mare.
Per essere precisi, il finale di Sapore di mare, quello in cui Jerry Calà e Marina Suma si rivedono ad anni di distanza dalla loro magica estate, e si guardano mentre Riccardo Cocciante canta “Celeste nostalgia”.
Un omaggio a Carlo, certo. Ma anche la spia più chiara di quel che è comunque evidente dal film, che Enrico Vanzina ha voluto non solo comico o scollacciato - manco troppo, comunque - ma spesso e volentieri coperto da un velo di malinconia e quasi di tenerezza.
Colpisce il modo in cui, nel contesto sbilenco e cazzone del film che è predominante, Vanzina fa emergere la solitudine e lo sgomento dei suoi quattro protagonisti - e non solo: si veda il confronto ultra-malinconico tra Ricky Memphis e Riccardo Rossi - e il rimpianto per i propri errori e le proprie scelte: tale e quale come nel finale di Sapore di mare.
E se i titoli di testa “alla Woody Allen” potrebbero suonare presuntuosi, sono perlomeno giustificati da questa alternanza di toni.

Ma ancora di più, forse, colpisce il finale del film, e in particolare la sua ultima inquadratura, che di certo non voglio andare a spoilerare, ma che sembra voler sottolineare ed evidenziare con una cupezza inedita gli aspetti di lotta di classe che fino a quel momento erano stati relegati all’uso dei nomignoli, con il personaggio di Paola Minaccioni che, dal suo appartamento di 350mq al centro di Roma, si riferisce a quello di Martina Stella col termine di “periferica”, dato che la ragazza abita sulla Casilina.
Che Enrico Vanzina abbia visto Parasite? Da cinefilo qual è, scommetto di sì. Anche se un po' più di convinzione e coraggio, in questa direzione, non avrebbero guastato.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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