Jurassic World: il Dominio, la recensione del film che conclude una saga
I protagonisti della trilogia di Jurassic World e quelli del primo, leggendario Jurassic Park di Steven Spielberg si riuniscono in un blockbuster spettacolare che mette assieme anche riferimenti che provengono dall'universo spielberghiano e da quello lucasiano in senso ampio.
Si chiude un cerchio, finisce un ciclo. Forse.
Owen e Claire s'incontrano, e uniscono le forze, con Alan Grant e Ellie Sutter. E, ovviamente, anche con Ian Malcolm. Uniti contro i cattivi. Che, come sempre, non sono i dinosauri, che fan solo quel che devono fare come Natura comanda, ma gli uomini.
Dominion, il dominio. Perché oramai i dinosauri sono nel mondo; è spuntata fuori una multinazionale del biotech che ha il monopolio sulla loro gestione e la ricerca genetica, e non la conta proprio tutta giusta; i contrabbandieri e i bracconieri fanno il loro sporco lavoro; e Maisie viene rapita.
I cinque, con l'aggiunta di una sesta, una pilota alla Han Solo, partiti da luoghi diversi si ritroveranno sulle Dolomiti (sì, proprio quelle nostre, ma coi dinosauri) dopo una tappa a Malta ricca di sorprese e inseguimenti.
Dentro Jurassic World: il Dominio Colin Trevorrow ha messo, come può e come sa, tutti gli elementi topici della serie nata nel 1993 dalla splendida unione tra la fantasia e la scienza di Michael Crichton e il genio cinematografico di Steven Spielberg. Trevorrow sa bene di non essere Spielberg, e i suoi omaggi sono semplici, a volte ingenui, ma fastidio non danno.
E però dentro questo film, Trevorrow (anche autore del soggetto con Derek Connolly, e della sceneggiatura con Emily Carmichael) ha messo anche molto altro. Ha messo una serie di riferimenti evidenti che fanno di Jurassic World: Dominio non solo un compendio della serie, ricchissimo di link interni, ma di tantissimo cinema contemporaneo e non, di derivazione spielberghiana e non. Una sorta di mosaico composto da tessere provenienti da quanto ha contribuito a strutturare il modello del blockbuster contemporaneo.
Qualche esempio? Alan Grant, a modo suo, fa venire in mente Indiana Jones, specie quando, dentro una galleria buia, torcia (non elettrica) alla mano, si attarda a recuperare il cappello anche di fronte alla minaccia di un dinosauro a caso.
Il mercato segreto di contrabbandieri di dinosauri a Malta pare nato dalla fusione tra il bar di Guerre Stellari (aka Cantina di Mos Eisley) e il palazzo di Jabba the Hut.
Del personaggio di DeWanda Wise, la pilota Kayla Watts, novella Han Solo, abbiamo già detto.
La lunga scena d'inseguimento a Malta, con Kayla e Claire a bordo di un camioncino, e Owen in sella a una moto, braccati da dinosauri ferocissimi, pare uscita da un Bond movie a caso dell'era Daniel Craig.
E si potrebbe andare avanti a lungo, citando tantissimo cinema hollywoodiano che, per l'appunto, è stato influenzato in maniera radicale da quanto Spielberg, Lucas e sodali hanno fatto più o meno dagli anni Ottanta a oggi.
A voler proprio osare, si può anche ipotizzare una certa qual dinamica marveliana tra i protagonisti (Chris Pratt è pur sempre Peter Quill), mentre la storia della multinazionale cattiva guidata da un guru miliardario presunto illuminato, ma invece molto oscuro, pare venire direttamente da The Circle (non tanto il libro di Dave Eggers, quando il film di James Ponsoldt, con Campbell Scott al posto di Tom Hanks).
In più, ovviamente, ci sono i dinosauri, che sono tantissimi e diversissimi. Anche se raptor e T-Rex, per ovvi motivi, continuano a fare la parte principale. A dominare.
Perché, tanto per cambiare, anche in questo Dominion si parla di quello di cui si è sempre parlato nella serie giurassica: dei pericoli derivanti dalla manipolazione genetica, ma anche delle domande e delle necessità che emergono quando ci si trova di fronte alla problematica della convivenza tra specie diverse. Qui, quasi, con accenni vagamente antispecisti, e sicuramente molto progressisti, decisamente ambientalisti, che mirano a rimettere l'essere umano al suo posto, a privarlo della sua hýbris, a ricordargli che la Natura, leopardianamente, lo considera al pari delle formiche, nonostante "l'uom d'eternità si arroga il vanto".
Tutto, in questa ideologia neo ambientalista, e in questo disegno cinematografico e mosaicale che riassume nelle oramai canoniche due ore e mezza l'idea contemporanea del blockbuster, è molto semplice, molto superficiale, facilmente dimenticabile.
E però è innegabile, anche, che Jurassic World: Il dominio, che di momenti di stanca veri e propri non ne ha, sappia essere, anche, molto divertente. Specie quando in scena c'è Jeff Goldblum.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival