Garfield: Una missione gustosa, la recensione del cartoon con il mito felino
Un doppio ritorno in Garfield: Una missione gustosa: c'è un personaggio mitico creato dalla matita di Jim Davis oltre quarant'anni or sono, e c'è un regista specialista nelle gag visive, Mark Dindal. La nostra recensione.
Non c'è pace per chi vuole godersi quantità industriali di cibi a domicilio (lasagna e pizza su tutti), su una poltrona king size in salotto. Lo capisce Garfield, che comanda a bacchetta il suo umano Jon e il cane Odie, ma deve capitolare quando ricompare nella sua vita il babbo Vic, gatto da strada. Quest'ultimo è nei guai con la gatta-boss Jinx, accompagnata da due allucinati cani scagnozzi, Roland & Nolan. Garfield si troverà costretto ad aiutare il babbo a ripagare un debito, rubando un migliaio di litri di latte dalla Lactose Farm. Troverà il tempo di riconciliarsi con il genitore? Abbraccerà un minimo di dinamismo per affrontare la situazione?
La Sony Pictures rigioca la carta Garfield, personaggio leggendario delle strip, creato dal geniale Jim Davis nel 1978, riproponendolo al cinema. Escludendo i goffi due film in tecnica mista del 2004 e del 2006 (Garfield - Il film e Garfield 2), il pigro e perennemente affamato felino è stato protagonista poco dopo di un trittico di lunghi animati a infimo costo, alquanto dimenticabili. Nel cuore del pubblico è stato perciò via via parcheggiato nelle serie tv, ma fa piacere rivederlo sul grande schermo con un film dal budget sostenuto all'altezza del mito, questo Garfield: Una missione gustosa. Uno sguardo al cast vocale originale lascia intendere che questa volta si faccia sul serio: il mattatore è Chris Pratt (sostituito bene qui da noi da Maurizio Merluzzo), poi si uniscono alla festa Samuel L. Jackson, Hannah Waddingham, Ving Rhames e Nicholas Hoult. Programmatica la scelta del regista, perché è un redivivo esperto come Mark Dindal, animatore degli effetti nel Rinascimento Disney, poi regista del cult Le follie dell'imperatore e di Chicken Little: i credits ci segnalano allo storyboard e alla sceneggiatura alcuni colleghi che ha incontrato nella sua lunga carriera e in quei passati lavori. Insomma, un sospiro di sollievo: questa volta nelle lasagne e sulle pizze ci sono gli ingredienti giusti. Bisogna solo valutare se il tutto sia ben cotto.
Dindal è sempre stato un maestro della gag visiva, di un compiacimento per lo slapstick animato che lo rendeva un po' estraneo in casa Disney: non a caso Le follie dell'imperatore spiazzò in quel contesto, e aveva poco prima diretto per la Warner Bros. il molto diverso Cats Don't Dance. Il suo tocco si sposa bene qui col materiale di partenza, perché chi conosce e ama il lavoro di Jim Davis sa come il fumetto di Garfield si basi su un ritmo visivo surreale, vagamente demenziale: le battute contano quanto le pose ridicole che assumono i personaggi nella vignetta... e in questo caso nell'inquadratura. Ogni volta che può, Dindal divaga e scompone, col montaggio o con tempi strambi, ogni sequenza che in altri casi avrebbe uno svolgimento più lineare. Lo fa con insistenza ed efficacia, si ride spesso, però forse sulla durata di un'ora e quaranta ci si stanca anche un po': la vicenda di fondo è già vista, riecheggia confronti generazionali in stile Kung Fu Panda o scontri con umani satanici stile Galline in fuga, e l'anarchia è più nella messa in scena sfrenata che nella sostanza. D'altronde queste avventure più articolate di Garfield scontano un po' la sindrome di Beavis & Butt-head: come raccontò il loro creatore Mike Judge, la necessità di mandare in giro personaggi sedentari aumenta la sfida in sceneggiatura, perché si rischia di tradirne l'identità. Se invece del babbo Garfield avesse aiutato una catena di cucina italiana che rischiava la chiusura, gli elementi più riconoscibili del personaggio avrebbero mosso proprio l'anima del film, e non solo la sua periferia, le gag secondarie.
Quel che conta comunque è che Garfield: Una missione gustosa è un film divertente, che non dà per scontato la popolarità del suo protagonista per fornire un prodotto tirato via. È una rettifica importante, perché il gattone non se lo merita. Diventa sempre più interessante l'impegno sull'animazione dello studio DNEG: un tempo noto solo per gli effetti visivi digitali nei film dal vero, tra Ron - Un amico fuori programma e il completamento spettacolare di Nimona, ribadisce una crescente sicurezza del suo staff nel gestire espressività e comicità. Insomma, Garfield a questo giro è finito per fortuna in buone mani: un ulteriore piccolo passo verso l'assurdo potrebbe renderlo anche al cinema il mito che rimarrà sempre nel mondo del fumetto.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"