Eternals: la recensione

02 novembre 2021
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L'universo della Marvel al cinema di arricchisce di una nuova saga, Eternals, un gruppo di supereroi che somigliano a una famiglia inclusiva, ma disfunzionale. Il premio Oscar dirige il film. La recensione di Mauro Donzelli.

Eternals: la recensione

L’universo Marvel continua a espandersi. In ogni senso, anche quello più rigorosamente fisico, e astronomico. Anche se l’avvio di una nuova serie, quella dedicata agli Eternals, vuol rappresentare una sorta di diversione periferica, come non smettono di ricordare dalle parti del quartier generale del gigante del fumetto, diventato una delle property più ambite dell’impero Disney. Laterali, gli eterni, scambiati per dèi nel corso dei millenni, lo sono fin dalla metà degli anni Settanta, in Italia qualche anno dopo, quando vennero creati da Jack Kirby, uno dei re dei fumetti che, anche insieme a Stan Lee, ha ideato personaggi iconici come Capitan America, Thor, Hulk, Iron Man, gli X-Men, i Fantastici Quattro.

I nostri hanno abilità, fisiche ma anche mentali, superiori rispetto agli esseri umani. Sono più forti e veloci, ma condividono con noi sapiens, fan Marvel ovviamente inclusi, molti vizi e virtù, per non parlare di disfunzionalità variamente intese. Sono per lo più giovani e sono eterni, è bene chiarirlo perché il film non lo fa, perché rinascono, nel caso in cui ci lascino le penne, adulti e con i ricordi pre morte. La scelta di affidare la regia di questo nuovo itinerario narrativo a Chloé Zhao, fresca vincitrice dell’Oscar per Nomadland, conferma il tentativo della Marvel di provare un nuovo inizio, ma anche di confermare la strada tracciata recentemente da Shang-Chi, quella di ampliare la varietà dei propri supereroi, prendendo atto della rivoluzione dell’inclusività in corso a Hollywood, oltre che nella società in generale, specie quella nord americana.

Allora ecco protagonista Sersei, interpretata dall’inglese di origine cinese Gemma Chan, già affacciatasi nel mondo cinecomic con un ruolo secondario in Captain Marvel. È la sua storia d’amore millenaria con Ikaris (Richard Madden) al cuore del film. L’elemento che fa esplodere la contraddizione principe, quella di un tempo infinito che influisce con le pulsioni umane più elementari, come l’amore, costitutivamente strutturate come finite, mortali. Ma gli eterni sono in dieci, ci sono anche Kingo, Kumail Nanjiani, comico pakistano trasformato in un supereroe da cinecomic. Solo un elemento dell’apertura al mondo mutliculturale di Eternals. Ci sono anche la sorda Makkari, il sudcoreano Dong-seok Lee nei panni di Don Lee, Phastos, il primo eroe Marvel Studios omosessuale, la saggia Ajak (Salma Hayek), la dodicenne Sprite, la guerriera con disturbi mentali Thena, una bionda Angelina Jolie.

Periferica, si diceva, ma non totalmente slegato dall’ortodosso Marvel Cinematic Universe. Ci troviamo infatti in un mondo che ancora subisce gli effetti della tragedia legata ai fatti di Avengers: Endgame, quando ci viene spiegato il mito di creazione degli Eternals, razza di origine aliena e di fatto immortale creata dai Celestiali, abitanti in segreto del nostro pianeta da più di 7000 anni. Il loro ruolo di “cellule in sonno” termina quando si ritrovano per difendere la popolazione terrestre, in realtà la Terra stessa, dai cattivi, i Devianti. Che poi sono cattivi in fondo con un’anima, visto che un effetto collaterale dell’evoluzione dell’industria dell’intrattenimento di questi anni prevede la conciliazione a tutti i costi, la paura del conflitto fino in fondo. In questo modo, si perde, però, anche lo status di un antagonista a cui si vogliono trovare delle motivazioni. Non è cattivo, è che lo disegnavano così.

Il qui e ora fa parte della storia, del passato, per la Marvel, che ambisce sempre più a espandere i limiti del proprio universo, quelli spaziali e temporali, come conferma l’Infinity Saga e ora Eternals. Non più singoli supereroi, ma l’unione fa sempre più la forza, a tratteggiare delle famiglie non biologiche, scelte da adulti, più in linea con la società di oggi. Una famiglia disfunzionale, ma inclusiva, è quella dei dieci Eterni, in una storia in cui il Tempo è al centro, il vero antagonista assoluto, anche per degli immortali che soffrono per una libertà assoluta che diventa peso eterno.

Se l’uso di location reali rende la carrellata paesaggistica del film godibile, così come l’uso degli effetti visivi, la natura rimane una figurina senza spessore, incapace di incombere sui personaggi con un non detto e una profondità che la Zhao aveva saputo rappresentare al meglio in un film più personale, e riuscito, come Nomadland. Agli Eternals manca il senso dell’epica, cruciale per rendere appassionante un viaggio così ambizioso fra tempo e spazio. Per non parlare di un carisma che latita, in personaggi che appaiono mera funzione, un carosello bozzettistico alle prese con spiegazioni periodiche e una piattezza che lascia disorientati.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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