A Modern Family: recensione della commedia con Steve Coogan e Paul Rudd
Una coppia alle prese con un figlio inatteso.
In una commedia lavorare in coppia è una tradizione e spesso una benedizione. La storia della risata è lastricata di affiatati batti e ribatti, di assist e schiacciate. Sempre che non si abusi dell’intesa degli interpreti trascurando il materiale vivo, la sceneggiatura. Avvertimento che non ha preso troppo sul serio Andrew Fleming, mestierante piuttosto oscuro di commedie per teenager negli anni ’90 come Giovani streghe e Le ragazze della Casa Bianca. Successivamente per lui solo qualche escursione nell’horror, senza arrivare dalle nostre parti. Questa volta non deve averci creduto neanche lui di avere sotto mano due fuoriclasse come Paul Rudd, in versione maschio virile con capelli ingelatinati e barbone d’ordinanza, divisa pilifera che più hipster non si può, e Steve Coogan, poliedrico asso della risata britannico, qui nei panni di Erasmus Dickie Brumble, celebre chef televisivo con immenso ranch nel deserto del Nex Mexico.
I due hanno già perfezionato l’intesa nel 2011 con Quell’idiota di nostro fratello, transitato per il Sundance Film Festival. In A Modern Family (titolo originale Ideal Home) sono una coppia da anni e da anni litigano come bambini capricciosi, creando imbarazzo nella nutrita corte dei miracoli che amano invitare nella loro proprietà, a gozzovigliare, ubriacarsi e raccontarti storie, meglio se zozze.
Il loro equilibrio viene brutalmente sconvolto dall’arrivo del nipote di Erasmus, che non sapeva di avere, spedito in tutta urgenza dal padre appena prima di essere restato per spaccio. Avete già intuito cosa accadrà successivamente, con il panico iniziale non privo di goffe soluzioni educative, a tratti divertenti, che lascerà spazio a una nuova consapevolezza che permetterà di crescere ai due, più che al bambino. Insomma, la storia di formazione sarà più riservata ai due fanciulli di mezza età, alle prese con la maturazione verso l’obiettivo tanto naturale quanto complesso: diventare un genitore credibile e un partner più attento.
L’extravaganza dei due, chiusi in un mondo tutto loro, oltretutto ben lontano rispetto a quello che li circonda, è la chiave comica di A Modern Family, che insiste poi nel porre in contrapposizione il rigore qualitativo dell’improbabile chef con la passione del nuovo venuto per Taco Bell. La catena di fast food Tex-Mex, non presente da noi, emerge con un sonoro product placement come il luogo ideale per (ri)costruire il concetto di famiglia, luogo d’elezione per calmare i bollori del nipote e per passare un felice pranzo di Natale.
Un nuovo capitolo della presa d’atto anche del cinema, questa volta in chiave di commedia, di come la ‘famiglia moderna’ sia il frutto di decisioni consapevoli, rimanendo un combattimento complesso in cui impegnarsi ogni giorno. L’intesa fra Coogan e Rudd è palese, rimangono dei fuoriclasse della commedia. Quello che latita è un canovaccio che renda la commedia armonica e coerente con la vicenda della nuova famiglia, con le sue eccentricità. Salutiamo il piccolo ruolo, come agente dei servizi sociali, per la drammaticamente sotto utilizzata Alison Pill, memorabile Maggie Jordan nella serie The Newsroom di Aaron Sorkin.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito