Sergio Castellitto: "Ho pensato che le idee fossero più forti della palude, adesso cerco rifugio nel pensiero"
Al Filming Italy Sardegna Festival abbiamo incontrato Sergio Castellitto, che ha parlato di tax credit, del suo incarico di Presidente del Centro Sperimentale di cinematografia, del talento di suo figlio Pietro e di Papa Leone.

In mezzo a tanti protagonisti del cinema e delle serie tv a stelle e strisce fa piacere trovare, al Filming Italy Sardegna Festival, un filmmaker italiano con cui parlare di intrattenimento ma anche di attualità, di premi e perfino di Papa Leone. Sergio Castellitto, che intende continuare a fare il regista anche se tempo fa ha dichiarato che avrebbe smesso, va e viene da Roma, dove sta recitando in una serie tv, e dal Lago Maggiore, che fa da sfondo a The Gentlemen 2 di Guy Ritchie, seconda stagione della serie spin-off dell'omonimo film sempre diretto da Guy Ritchie. Recitare continua dunque ad appassionarlo, soprattutto quando i progetti sono interessanti come Conclave, che ha vinto l'Oscar per la Migliore Sceneggiatura non Originale. Il film di Edward Berger è l'occasione per parlare, nel giardino di Forte Village, di Papa Leone: "So per certo che Papa Leone ha visto Conclave un paio di giorni prima di diventare papa" - spiega Castellitto. "So per certo che molti cardinali, soprattutto quelli che hanno partecipato al loro primo conclave, hanno voluto vedere il film per capire come funzionasse. Io stavo girando a Londra e ho ricevuto una serie di telefonate subito dopo la morte di Papa Francesco, che era già stato male la sera in cui abbiamo vinto lo Screen Actors Guild Award come miglior cast, e infatti Isabella Rossellini ha dedicato a lui il premio. Una volta morto Papa Francesco, si è scatenata una Conclave-mania, tanto che mi hanno parlato di 6 milioni di visualizzazioni su Sky. Mi chiamavano sempre i giornalisti per chiedermi un commento. 'Guardate che io faccio l’attore- - rispondevo. All'ultimo ho detto, sapendo di mentire: 'Senta, io so delle cose ma non gliele posso dire".
Poi Castellitto parla di The Gentlemen 2: "Interpreto un mafioso, che non è il classico mafioso italiano perché è molto colto e ha una sua etica, il che non è poi così inusuale, dal momento che le parole d'ordine dei mafiosi sono: famiglia e onore. Lavorare con Guy Ritchie è veramente molto divertente perché è un regista geniale. Faccio la parte del cattivo, ma non sono poi così cattivo, perché nel racconto la psicologia conta relativamente, mentre a essere importanti sono gli stereotipi geniali dei personaggi. Della prima stagione mi è piaciuta l'ironia, che è naturalmente molto british".
L'altra serie tv in cui è impegnato Sergio Castellitto è italiana al 100%: "Sto facendo anche la seconda stagione di Storia della mia famiglia. Sono una new entry. Mi piacciono le serie, perché mi danno la possibilità di approfondire verticalmente i personaggi. D’altra parte, prima c’erano gli sceneggiati, poi i telefilm, poi le fiction e infine le serie, a dimostrare che la serialità funziona sempre. In Storia della mia famiglia interpreto un uomo che aveva abbandonato la famiglia e ritorna dopo un po’ di tempo. È una specie di De Sica nel Conte Max, che ha una grande umanità come i personaggi della grande commedia all'italiana. La prima serie era scritta molto bene così come questa seconda. C'è un po’ del sapore divertente ma anche malinconico di alcuni film di Ettore Scola. Dopo un anno da Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia riescono a farmi lavorare di nuovo! Vedete che bello?".
Castellitto non si è divertito nemmeno un po’ durante il suo mandato presidenziale al CSC e, incalzato da noi giornalisti, descrive l'esperienza in questi termini: "È stato un anno faticoso e complesso, perché non avevo mai sperimentato questo meccanismo della macchina del fango. Il massimo della macchinetta del fango che posso aver subito nella vita è un critico che mi ha detto che non ero bravo, ma uno sopravvive a una simile cosa, però quel meccanismo è stato veramente doloroso. Sono stato ingenuo a non capirlo. Mi sono sopravvalutato: ho pensato che le idee fossero più forti della palude, invece la palude è stata più forte delle idee. Ciò che davvero desidero adesso è trovare rifugio nel pensiero, il pensiero di inventare una storia nella speranza che questa storia sia depositaria di una serie di emozioni, di sentimenti e di drammaturgia che possano interessare a chi la viene a vedere".
Sergio Castellitto commenta poi il "fattaccio" degli 800.000 Euro di tax credit al presunto killer di Villa Pamphili Francis Kaufmann per un film mai realizzato nonché lo scetticismo di Matilda De Angelis nel ricevere un Nastro d'Argento ex-aequo don Elodie. De l'affaire Mangiatoia Cinema il regista dice: "Le migliori storie si raccontano con 2 righe: un assassino si spaccia per regista e ottiene dallo stato 800.000 Euro: è una bellissima storia e, se non fosse una tragedia, sarebbe una commedia".
Sulla vicenda De Angelis si esprime invece in questi termini: "Matilda, che ho avuto come giovane protagonista de Il materiale emotivo, è un'attrice formidabile e una ragazza molto schietta. In linea di principio non le si può dare torto, nel senso che gli ex-aequo possono avere senso per esempio in un festival, dove una giuria vede 20 film in 10 giorni e magari si crea una situazione per la quale due film vengono amati molto e allora, per mettere tutti d'accordo, si opta per un ex-aequo. Per quanto riguarda i premi istituzionali italiani, e cioè i Nastri d'Argento e i David di Donatello, trovo che lei in qualche misura Matilda abbia ragione, perché difende prima di tutto l'individualità del suo mestiere. Che poi per me non ha senso dire 'miglior attore', perché 'migliore' nell'arte è un concetto molto vago. Migliore si può dire per chi arriva prima sui 100 metri e non per un artista, e infatti una volta avevo proposto di cambiare la definizione in attore più amato. Forse i David e i Nastri dovrebbero inventare un riconoscimento per il miglior cast, lasciando l'unicità al miglior attore protagonista, alla miglior attrice protagonista, al miglior attore non protagonista e alla migliore attrice non protagonista. In fondo sono solo 4 premi".
Dopo aver detto la sua sul politicamente corretto, che. Secondo lui "danneggia la vita più che il cinema", Castellitto parla di suo figlio Pietro, ormai lanciatissimo tanto come attore, grazie alla serie Speravo de' mori' prima, quanto come regista. Il suo successo, per papà Sergio, non è affatto una sorpresa: "Me l'aspettavo perché io ho sempre creduto, anche quando da adolescente sembrava buttare un po’ la sua vita, come fanno tutti i giovani, che avesse un grande talento, un talento caotico, per la precisione, perché il talento ordinato è sospetto. Adesso però riesce a metterlo a frutto, e si è liberato di una personalità ingombrante come la mia e come quella della madre. Lo ammiro molto, oltre ad amarlo in quanto figlio. Io i film come li fa lui non li saprei fare, invece Pietro è libero. La libertà individuale, quella che in qualche modo rifiuta un'omologazione, la paghi come naturale solitudine, però quella solitudine, se la superi, ti porta tanto. Al di là di questo, quello che mi fa un po' impressione è pensare: mamma mia, ma 40 anni così devi passare? Mamma mia, 40 anni a stare appresso a questo, a quello, al critico, al giornalista, al produttore, poi c'è quello che esclama: 'Bello il film!', poi si gira e dice a un altro che è bruttissimo. Io l'ho fatta la carriera, io sono un uomo sereno, invece i giovani d'oggi hanno di fronte l'incertezza. Per questo io insisto molto sul fatto che devi difendere la tua unicità e lottare per farti sentire. Per carità, i grandi maestri continuano a fare i loro film, ci mancherebbe altro, però non ci scordiamo che Federico Fellini è morto disoccupato. A Federico Fellini non hanno fatto fare più il cinema. Ricordo che feci un film con Gian Maria Volonté, tanti anni fa, e una sua agente andò da un produttore a dire: 'Dobbiamo immaginare il prossimo progetto per Gianmaria Volonté' e si sentì rispondere: 'Prima bisogna immaginare il pubblico che lo va a vedere”.