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L'Abbaglio: Roberto Andò presenta il suo western garibaldino con Toni Servillo, Ficarra e Picone

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Arriverà nelle sale italiane il 16 gennaio L'Abbaglio, che porta Roberto Andò a collaborare nuovamente con Toni Servillo, Ficarra e Picone. Il regista racconta un episodio legato alle spedizione dei Mille di cui fu protagonista il Generale Vincenzo Giordano Orsini. Il film è stato presentato oggi alla stampa.

L'Abbaglio: Roberto Andò presenta il suo western garibaldino con Toni Servillo, Ficarra e Picone

Per capire il presente - dicono in molti - bisogna sempre guardare al passato, specialmente quando si parla di società e di politica, di buoni e di cattivi, di eroiche imprese e di sconfitte, di ideali e di tradimenti. Lo sa bene Roberto Andò, che dopo aver fotografato Luigi Pirandello e il suo ritorno in Sicilia nel 1920, immediatamente prima della nascita della sua commedia Sei personaggi in cerca d’autore, si spinge indietro fino al 1860, anno della spedizione dei Mille, alla ricerca di quella nota stonata, o meglio di quei compromessi che, nonostante “la rivoluzione”, sono arrivati fino ai giorni nostri, determinando ciò che siamo e che non possiamo non essere. Il suo nuovo film, che riunisce Toni Servillo e la coppia comica formata da Salvo Ficarra e Valentino Picone, si intitola L'Abbaglio ed è la cronaca di un diversivo, di un imbroglio, finalizzato a distrarre l'esercito borbonico mentre Giuseppe Garibaldi entrava a Palermo.

In uscita il 16 gennaio con 01 Distribution, L'Abbaglio si sofferma sul Generale Vincenzo Giordano Orsini, a capo della piccola brigata inviata a distrarre i soldati dei Borboni. "Uomo libero e a servizio della libertà" - come lui stesso amava definirsi - Orsini è magistralmente interpretato da Toni Servillo, mentre Tommaso Ragno è Garibaldi e Ficarra e Picone sono rispettivamente un contadino zoppo e un baro. Questi ultimi personaggi, che sono frutto della fantasia del regista, entreranno nella storia, la grande storia, come eroi, oltre a portare la commedia in un dramma storico rendendolo più accattivante.

Scritto dallo stesso Roberto Andò insieme a Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, L'Abbaglio è stato presentato oggi alla stampa. C'erano diversi interpreti e il regista, che ha spiegato la ragione per cui ha voluto parlare di Garibaldi in Sicilia: "Ci sono delle storie che ti vengono a cercare. Rammento che, prima di iniziare a girare La Stranezza, mi è venuto incontro il ricordo di un retroscena della vicenda dei Mille che mi è sembrato si potesse raccontare solo attraverso questi attori, un episodio che mi ha permesso di raccontare lo spazio e il tempo di un momento di cambiamento che poi è il Risorgimento con i suoi ideali e con tutte le sue istanze. Si tratta di una fase storica in cui tutto poteva accadere e in cui si incrociano, come in una danza, le illusioni e le disillusioni, che qui sono incarnate dai nostri protagonisti: il colonnello Vincenzo Giordano Orsini e due personaggi che invece sono di pura immaginazione, e cioè Domenico Tricò e Rosario Spitale. Lo spazio qui è la Sicilia, perché è in Sicilia che si svolgono i fatti, mentre il tempo è il 1860, che è un anno che ci ricorda tante cose perché è anche cinematograficamente l'anno de Il Gattopardo, nel senso che è l'anno in cui si svolge Il Gattopardo. La cosa interessante è che Orsini è un anti-Gattopardo, perché è un aristocratico che crede moltissimo nella democrazia, un mazziniano che nel film porta un elemento di dubbio e che si interroga su ciò che accadrà all'Italia nell'immediato futuro. Orsini si domanda: ‘La nostra sarà una vera ribellione?', 'La gente potrà effettivamente ricevere un beneficio, come si attendono questi giovani idealisti che si sono schierati dalla parte di Garibaldi?' Il film si muove dentro a questo spazio in maniera libera, non solo per raccontare un episodio che forse i libri di scuola hanno soffocato nella retorica, ma per renderlo vivo e trasformarlo in uno strumento utile".

Roberto Andò è alla sua quarta collaborazione con Toni Servillo, diretto, oltre che ne La Stranezza, in Viva la libertà! e ne Le Confessioni. L'attore ci tiene a dire che lui e il regista hanno "un comune sentire": "Roberto ha debuttato l'altro ieri a teatro con il suo ultimo spettacolo e io ieri sera ho fatto lo stesso al Teatro Argentina. Siamo due uomini di teatro, e ciò significa che non abbiamo mai considerato il teatro come un'anticamera per il successo cinematografico. Siamo fra coloro che praticano il teatro in modo militante parallelamente al cinema. Questa è già una cosa concretissima che alimenta i dibattiti e le discussioni tra di noi. Sono profondamente affascinato dal cinema di Roberto Andò, in particolare dalla sua capacità di intensificare la realtà attraverso la fantasia, creando le condizioni per cui un affresco storico di natura politica com'era Viva la libertà!, o di politica monetaria internazionale com'era Le confessioni, riesca a incuriosire il pubblico a entrare in questi argomenti da una porta laterale, senza venir appesantito dalla cronaca o dalla storia come viene normalmente insegnata. Non vi è condizione più favorevole che collaborare con un regista con cui si condivide un profilo intellettuale e un orizzonte umano".

È buffo vedere Ficarra e Picone in giacca e cravatta come una buona parte degli ospiti. I due comici sono elegantissimi e a parlare a nome della coppia, infilando ogni tanto qualche battuta irresistibile, è il primo: "Quando hai una sceneggiatura ben scritta e personaggi ben costruiti" - dice - "il compito dell'attore è anche più semplice. Poi c'è Roberto che ci guida e che è un lavoratore instancabile. La prima volta che ci ha diretti è successo perché c'era questo desiderio comune di stare insieme, poi credo che abbia voluto frequentare di nuovo un posto dove era stato bene, non tanto perché La Stranezza aveva avuto successo, quanto perché lui sta bene quando sta bene. Quindi avere la consapevolezza di alimentare la sua fantasia, di vivere nella sua fantasia è per Valentino e per me una sensazione meravigliosa".

A proposito dei personaggi affidati a lui e al collega, Salvo aggiunge: "Domenico Tricò e Rosario Spitale sono di quelli che 'U cielo iccò e a terra apparò', che vuol dire che il cielo li ha buttati e la terra li ha raccolti, nel senso che sono due persone molto piccole che non hanno completamente la consapevolezza del momento storico che stanno vivendo e dei personaggi che incontrano in questo loro cammino. Semplicemente prendono un passaggio per tornare in Sicilia per scopi personali. Perso quel treno, vengono riacciuffati dalla grande storia, ma neanche allora si rendono conto dell'importanza della loro missione. Quel sogno inizialmente non gli appartiene, ma lo ritrovano dopo con uno scatto di orgoglio. Roberto ha sintetizzato benissimo il film, dicendo che è la storia di un illuso e di due disillusi, ma questi due disillusi hanno un risvolto umano importante".

A prestare il volto a Giuseppe Garibaldi è un irriconoscibile Tommaso Ragno, che è stato felicissimo di affiancare nuovamente Toni Servillo, incontrato in diverse occasioni sulle tavole del palcoscenico, e di far parte di un progetto importante: “Si è invitati, con questo film, a una grande tavolata, una tavolata di re. L'Abbaglio è un film con una sua complessità, molto profondo. Per me è un bellissimo sunto di un'epoca importante, di un discorso sull'Italia e di tantissime altre cose. Mi hanno molto commosso i duetti tra Ficarra e Picone e quindi come la scrittura ha portato avanti una modalità di racconto già presente ne La Stranezza. Ho visto il film per la prima volta ieri e mi sono sorpreso ad avere gli occhi lucidi, e lo dico anche da spettatore, perché al cinema sono davvero elementare, mi lascio prendere”.

A una giornalista che gli fa i complimenti per l'uso delle canzoni popolari, paragonandolo in questa scelta a Tom Ford, Roberto Andò ci tiene a dire una cosa, che tra l'altro ci è molto piaciuta: "L'Abbaglio io lo considero un western. Questo film è il mio western, nel senso che fin dall’inizio, e cioè quando abbiamo trovato questo spunto storico poco noto, questa vicenda aveva i caratteri del western, e credo che questa cosa sia ben visibile nel film, sia perché ci sono degli omaggi evidenti a grandi maestri del cinema che mi sono divertito a inserire, sia perché questa Sicilia in cui si trovano i personaggi è una frontiera, e quindi era molto interessante andare a ripercorrere e disseppellire tutto il patrimonio che si è sedimentato nel corso del tempo. Quando in Sicilia arrivò Garibaldi, ci fu un’adesione incredibile di "picciotti", in altre parole di contadini che vedevano in Garibaldi Gesù Cristo, o una specie di Che Guevara. Che poi Garibaldi non sia riuscito a mantenere tutte le sue promesse, è cosa nota. Fu sottoposto a delle mediazioni che passarono anche sopra la sua testa”.

Su Garibaldi ha qualcosa da dire anche Toni Servillo, che spiega anche in cosa consista il fascino del Generale Orsini narrato da Andò: "Di Orsini mi ha colpito il conflitto fra il militare che vediamo in azione - anche nel mezzo di battaglie sanguinose - e l'uomo assediato da dubbi sulla sensatezza di quello che sta facendo. Questo conflitto è alimentato dalla relazione con Garibaldi, un personaggio che Tommaso restituisce pieno di inquietudine, e quindi non come lo conosciamo dai manuali di storia. Garibaldi qui comincia ad avvertire che la rivolta alimentata dagli ideali di libertà, non è così limpida. Questo torbido in realtà Orsini lo raccoglie e lo fa suo, specialmente quando rimane da solo nell'esecuzione di questa manovra diversiva".

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