Joker: Folie à Deux, Todd Phillips difende Arthur: "Vuole essere chi è" [SPOILER]
Entertainment Weekly ha chiesto a Todd Phillips, regista di Joker: Folie à Deux, perché il personaggio di Arthur Fleck interpretato da Joaquin Phoenix decida di andare in una determinata direzione...
Si avverte un certo astio online verso alcune scelte operate dal regista Todd Phillips per il suo Joker: Folie à Deux con Joaquin Phoenix e Lady Gaga, in particolare quelle relative all'epilogo del film, che però Phillips difende nella sua poetica, in un'intervista con Entertainment Weekly. Si è giocato sulle aspettative del pubblico, e questo forse non sta andando troppo giù, però Todd, ancora cosceneggiatore con Scott Silver, rivendica una coerenza del discorso... Si prosegue in zona spoiler, chiaramente. Leggi anche Joker: Folie à Deux, il video del finale alternativo con Harley Quinn... [SPOILER]
Todd Phillips sul finale di Joker: Folie à Deux: "Arthur è un'icona involontaria"
Verso il finale di Joker: Folie à Deux, il triste Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) accetta di essere se stesso, di non essere più il Joker, di non essere più un simbolo, perdendo anche l'amore di Harley Quinn (Lady Gaga). Una dichiarazione di resa, di impotenza, che gli costa anche la vita, per mano di un altro deluso paziente del manicomio criminale. Una resa che ha lasciato esterrefatti molti fan, anche perché il primo Joker giocava più sull'ambiguità perdente / vincente, nonché sulla collocazione del personaggio nell'universo DC (era davvero IL Joker o avrebbe solo ispirato quello vero?). Todd Phillips spiega il finale di questo secondo e ultimo atto, confermando tra l'altro che la scena dell'abbandono di Harley Quinn sulle scale avviene sul serio, non è immaginata da Arthur.
Realizza che tutto è troppo corrotto, niente cambierà mai, e l'unico modo di aggiustarlo è bruciare tutto. Quando quelle guardie uccidono quel ragazzino, si rende conto che truccarsi, fare il suo numero, non cambierà nulla. In un certo senso, ha accettato il fatto di essere sempre stato Arthur Fleck: non è mai stato questa cosa che gli hanno attribuito, l'idea che Gotham si è fatta di lui, quello che rappresenta. È un'icona involontaria. Gli hanno affibbiato questa cosa, ma lui non vuole più essere finto, vuole essere chi è. [...] La cosa triste è che lui è Arthur, e a nessuno importa niente di Arthur. Lee non lo chiama mai Arthur per tutto il film, finché non lo lascia: realizza che il suo viaggio è del tutto diverso. Amico, non sai essere quello che volevo che fossi.