Enea, Pietro Castellitto parla del film e papà Sergio lo ringrazia: "La nostra vita è diventata drammaturgia"
Arriva in sala l'11 gennaio Enea. Si tratta della seconda regia di Pietro Castellitto, che si è ritagliato il ruolo del protagonista affidando a Sergio Castellitto la parte di suo papà e rendendolo un genitore orgoglioso. Padre e figlio hanno presentato il film a Roma.

La filmografia di Pietro Castellitto attore comprende 9 titoli, fra cui tre regie di suo padre Sergio Castellitto, che accettando di recitare in Enea ha festeggiato il suo centesimo film davanti alla macchina da presa. E anche se ha gridato: "Azione!" soltanto per 7 volte, lo ha fatto con maggiore frequenza rispetto a suo figlio, di cui l'11 gennaio arriva in sala l'opera seconda, che esce in 250 copie con Vision Distribution. C’è un grande divario dunque fra Castellitto senior e Castellitto junior in termini di esperienza professionale, ma quando Pietro ha voluto affidare a Sergio il personaggio di Celeste Tammaro, perché convinto che nessun'altro sarebbe stato così adatto al ruolo, Sergio ha detto sì e si è lasciato dirigere, stregato dallo sguardo del suo primogenito sul mondo e sulle persone. Il set, magicamente, ha accorciato le distanze fra padre e figlio e ha annullato le gerarchie, e a vederli seduti uno accanto all’altro su un divano dello sciccoso Hotel de la Ville di Roma, in occasione della conferenza stampa del film, si ha l’impressione che i due appartengano a un clan cinematografico, oltre che allo stesso nucleo familiare. E infatti Sergio, che pure è orgoglioso del "sangue del suo sangue", ha un atteggiamento tenero e insieme rispettoso nei confronti di Pietro, forse perché "il piccolino" del film è Cesare Castellitto, che è anche il cucciolo di casa. In ogni modo, alcune dinamiche della famiglia Castellitto sono presenti nel modus vivendi dei Tammaro, come spiega ai giornalisti il regista: "La cosa più autobiografica del film è forse l'ironia che caratterizza i Tammaro, soprattutto durante i litigi a cena. Anche il rapporto tra Enea e Brenno è simile a quello che ho con mio fratello, che è uno strano miscuglio di odio e riverenza da una parte, e di senso di protezione e rabbia dall’altra".
Pietro Castellitto parla lentamente, così lentamente che suo padre lo prende in giro commentando: "Si prende delle pause lunghissime". Pietro sta allo scherzo e aggiunge: "Sono pause che sembrano intelligenti, ma in realtà esprimono un vuoto totale", dopodiché ci tiene a informare i presenti che, in una scena corale del film ambientata durante la vigilia di Natale, i congiunti di Enea sono realmente i parenti dei Castellitto. Altra eterna pausa ed ecco che Sergio Castellitto dice la sua sulla relazione fra i Tammaro e i Castellitto: "Scusate, ma come capo famiglia mi sento in dovere di intervenire. Intanto portatemi una famiglia italiana proletaria, sottoproletaria, piccolo-borghese, borghese o aristocratica che non abbia almeno un 10% di disfunzionalità. Portatemene una! Secondo me la cosa bella di Enea è che Pietro non ha fatto un'autobiografia in termini di somiglianze caratteriali o di cose accadute. Ha fatto un'autobiografia interiore, psicanalitica, sentimentale, spirituale, per cui è chiaro che io e Margaret non siamo come Celeste e Marina (Chiara Noschese ndr), però c'è, come dire, un rimbalzo simbolico. Mettendo in scena la sua famiglia, Pietro non ha fatto un gesto narcisistico: è quasi un atto di generosità il suo, e cioè l'aver fatto diventare la nostra vita drammaturgia".
Enea è la storia di due ragazzi (Enea e Valentino) che cercano di reagire alla "paralisi" dei grandi. Lo fanno mordendo l'esistenza, comportandosi da eroi romantici e guardando con sospetto l'umanità "rotta come un piatto di coccio" di cui Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio) parla nella primissima scena del film. E se il secondo trova la poesia pilotando un aereo che attraversa il cielo di Roma, il secondo s’innamora di una ragazza bellissima che ha il volto di Benedetta Porcaroli. "Una delle cose affascinanti di Enea" - dice Sergio Castellitto, riflettendo sui genitori e sui figli che vediamo ne film - "è che c'è una generazione di adulti per bene, che ha condotto la propria esistenza con dignità tentando di svolgere al meglio il proprio lavoro, di educare i propri figli e di costruire questo strano aggregato di sangue e di affetti che è la famiglia. Questa generazione, però, ha perso inevitabilmente il sync con il desiderio della felicità e della contentezza. Poi c'è una generazione di ragazzi 'per male', che tuttavia rivendica il diritto alla felicità e a una visione possibilmente ancora idilliaca della propria esistenza, e questo, secondo me, è l'elemento più commovente del film. Enea secondo me è molto morale, è un film profondamente morale che non fa morali".
Il film "morale" di cui parla papà Sergio nasce dall’esigenza di Pietro di parlare di vita ma anche di morte, perché in fondo la morte fa parte della vita: "Mi piaceva l'idea di una storia che fosse molto simbolica nei confronti dell’esistenza e che non fosse retorica nei confronti della morte. La morte è improvvisa, arriva e cancella tutto, cancella i pranzi in famiglia, cancella amicizie infinite, amori eterni, pranzi di Natale, cancella tutto in un secondo, anzi in meno di un secondo. Ho cercato di costruire un contenitore dove poter mettere in scena tutto questo, e quindi il contesto della Roma bene mi sembrava ideale, perché in quell’ambiente sussistono prepotentemente il culto del corpo, la voglia di raggiungere la bellezza e di fare soldi. Queste ambizioni creano dinamiche narrative molto interessanti, creando un bel contrasto tra una ferocia di fondo e il desiderio di una vitalità incorruttibile. Enea e Valentino si sentono come prigionieri in un simile contesto, e sono disposti a tutto pur di affrancarsi, uscire e dare senso alle cose. La Roma bene, o Roma Nord io non la esalto, piuttosto l'ho criticata difendendola, fa parte della mia indole, e poi sono convinto che soltanto così sia possibile mostrare l'ipocrisia di quanti, nascondendosi dietro la maschera del perbenismo, si comportano allo stesso modo di chi cede alla corruzione".
La posizione di Pietro Castellitto non gli impedisce tuttavia di amare i suoi personaggi, che si somigliano per una caratteristica ben precisa: "Tutti i personaggi, perfino chi abbraccia la vita, resistono a qualcosa, e mi ritrovo in questo loro atteggiamento, perché ogni volta che ho avuto problemi, mi sono reso conto che se mi impegnavo a resistere almeno un giorno in più, riuscivo a risolverli anche senza volerlo. La vita si aggiusta da sola, e anche il cinema è così: quando sembra che tutto stia andando per il verso storto, ti fermi un attimo e poi le cose tornano a filare lisce".
A sentir parlare Pietro Castellitto sembra che la vita e l’arte si confondano molto spesso, perché il set gli ha permesso di accorciare le distanze anche con i suoi attori e di comunicare meglio che nella realtà. Il regista sa che il suo è un mestiere che si impara facendolo e sbagliando, ma non è mai stato schiacciato dal senso di responsabilità. Nonostante questo, per lui un film è una missione da portare a termine, sempre e a qualunque costo.