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David Lynch ci lascia e il mondo improvvisamente è un posto più buio e spaventoso

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Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio, arriva come una bomba la notizia della scomparsa di David Lynch, autore, regista, fotografo, musicista, mente geniale, che tra quattro giorni avrebbe compiuto 79 anni. Cosa ci ha lasciato e cosa ci toglie la sua morte.

David Lynch ci lascia e il mondo improvvisamente è un posto più buio e spaventoso

Fa male, malissimo, mozza il respiro la notizia che arriva all'improvviso, nel tardo pomeriggio del 16 gennaio, diffusa dalla famiglia sui suoi social, della morte di David Lynch, una delle menti artistiche più geniali che il Novecento abbia conosciuto. Non ci si crede, si spera in una di quelle bufale acchiappaclic che periodicamente si diffondono, perché sì, è vero che l'agosto scorso aveva annunciato di avere un enfisema polmonare a causa del suo inveterato tabagismo, e che non poteva più uscire di casa, ma progetti ne aveva ancora tanti e tutti noi che amiamo il cinema, la musica e le arti figurative aspettavamo ancora un annuncio dei suoi col fiato sospeso, come quando, in una memorabile edizione del Lucca Film Festival nel 2014, lasciò intuire tra il tripudio generale che Twin Peaks avrebbe avuto una continuazione. Ovviamente lo disse a modo suo, con lo stile con cui dalla famiglia è arrivata oggi la notizia della sua scomparsa. Questo l'annuncio ufficiale che poi è stato purtroppo confermato:

“E' con profondo rimpianto che noi, la sua famiglia, annunciamo la scomparsa dell'uomo e dell'artista David Lynch. In questo momento chiediamo il rispetto della nostra privacy. C'è un grnde buco nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come avrebbe detto lui, “guardate la ciambella e non il buco”. E poi la conclusione, squisitamente lynchiana, che fa riferimento alle sue previsioni del tempo da Los Angeles, con cui ci ha deliziato fin che ha potuto: “E una bellissima giornata di sole splendente e cieli azzurri a perdita d'occhio”.

Il mio. Il nostro David Lynch

Mi scuserete se passo momentaneamente alla prima persona, ma sono sicura che ognuno di noi avrà in mente il suo colpo di fulmine con David Lynch e spero non vi offendiate se vi parlo del mio, che sono assai più grande di molti di voi. Vivevo ancora a Lucca, città di provincia all'epoca ignorata dal turismo, ma erano gli anni Settanta/Ottanta e sulle sedie di legno del Centrale, il locale cinema d'essai, ogni sera passavano capolavori a ripetizione. Ricordo quanto piansi nel vedere The Elephant Man, un film che ancora oggi mi commuove e che si deve a Mel Brooks, che da produttore scelse questo giovanotto dai capelli dritti, il “James Stewart venuto da Marte”, dopo aver visto Erarserhead. E fu proprio quello, visto al cinema nel 1982, a segnare il mio ingresso senza remore né difese nel mondo meraviglioso di David Lynch. In quell'incubo famigliare, che rispecchiava le preoccupazioni e le ansie di un giovane padre, feci la conoscenza con le stranianti immagini che mi avrebbero accompagnato per tutta la vita e col suo primo aler ego, Jack Nance. Poi arrivarono Dune, il meraviglioso Velluto blu, Strade perdute, Mulholland Drive, tutti visti in sala, con l'apoteosi di Cuore selvaggio al Festival di Cannes nel 1992 e la conferenza stampa di cui conservo ancora il pressbook autografato da tutti, la lettura compulsiva di tutto quello che si pubblicava su di lui, la collezione e la periodica visione dei dvd dei suoi film.

A Lynch devo anche il mio promo saggio in un libro, il primo dedicato a lui in Italia, nel collettivo “David Lynch. Film, visioni, incubi da Six Figures a Twin Peaks”, pionieristico volume pubblicato da Sentieri Selvaggi nel 1998. E proprio a proposito di Twin Peaks, nel 1990 ero al MystFest di Cattolica che presentò al cinema il primo episodio della serie e ricordo perfettamente quanto ne restammo abbagliati e affascinati, senza parole. E quando finalmente arrivò in Italia in tv, in un'epoca in cui non esistevano social e i tenutissimi spoiler potevano arrivare solo dalle telefonate di qualche carogna che aveva visto la serie in America, fosse tassativamente proibito a chiunque di chiamare durante la messa in onda degli episodi. Eravamo giovani e nerd e non dimenticherò mai la serata a casa del collega Alberto Farina per vedere in gruppo l'ultimo episodio (che ci lasciò sospesi), con tanto di torta di ciliegie, ciambelle, caffè nero e cartello dipinto sulla porta che riproduceva quello di ingresso alla cittadina. Nel 2014 David Lynch arrivò per tre giorni al Lucca Film Festival ed ebbi l'occasione di chiedergli un ricordo di Jack Nance e Richard Farnsworth, splendido protagonista del bellissimo Una storia vera, e lui rispose raccontando due aneddoti belli e toccanti su di loro. Confesso che la sua serenità e le sue lezioni sulla meditazione trascendentale mi indussero a prendere informazioni in merito, salvo poi scoprire che ahimè non era un metodo alla portata di tutti.

Ma quanti regali ha fatto David Lynch, a tutti noi che abbiamo seguito quelle strade notturne, che ci siamo ritrovati a parlare con noi stessi al telefono, che abbiamo riso e ci siamo terrorizzati con le sue storie, con l'accensione di fuochi improvvisi che oggi sembrano presaghi di quelli che hanno divorato in parte Hollywood, con tutte quelle bizzarre, surreali e al tempo stesso plausibili situazioni e quei personaggi, giunti all'apice con quel capolavoro che è la terza stagione di Twin Peaks, che torneremo a rivedere ancora e ancora. I doppelganger, i gufi, i boschi, le logge, i misteri che attraversano il suo cinema e la sua arte ci hanno ammaliato e fatto provare la sensazione stordente e vertiginosa di una porta su altro mondo, come se lui, che pescava le idee così in profondità dentro se stesso, fosse davvero riuscito a mettersi in contatto con una realtà altra e sapesse cosa c'è dietro il tenue velo che ce ne separa e anche cosa ci aspetta dopo. Il mondo senza David Lynch ci sembra all'improvviso più buio e spaventoso: lui se ne va e lascia il posto a quel Male che i suoi personaggi hanno sempre combattuto, ma ci invita a fare altrettanto, senza dimenticare di assaporare le cose belle che la vita può ancora darci: una giornata di sole, una sigaretta, un buon caffè e la consapevolezza che l'arte può davvero salvarci. Vedendo i suoi film, le sue irresistibili performance attoriali, ascoltando la sua musica e ammirando le sue foto e i suoi dipinti, ci rendiamo conto che se oggi siamo tutti così scossi è perché il genio è capace di cambiare la nostra percezione del mondo senza che quasi ci rendiamo conto di quanto la sua creatività sia essenziale al nostro benessere. Per tutto quello che hai dato ad ognuno di noi e ci lasci in eredità, grazie, David. In fondo non sei scomparso, ti sei solo spostato dietro la tenda rossa, dove tutti noi ti raggiungeremo un giorno.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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