Romulus: recensione dei primi due episodi

25 ottobre 2020
3,5 di 5
3

Abbiamo visto in anteprima alla Festa del Cinema di Roma i primi due episodi della serie SKY ideata da Matteo Rovere con protagonisti Marianna Fontana, Andrea Arcangeli e Francesco di Napoli. Eco cosa ne abbiamo pensato.

Romulus: recensione dei primi due episodi

Romulus non è Il Primo Re, anche se ha a che fare con il mito della fondazione di Roma, o meglio con ciò che lo ha preceduto. Tuttavia, Matteo Rovere a parte, con il film con Alessandro Borghi l’ambiziosa serie ha in comune una parola che rimanda a un concetto e insieme a un legame. La parola è bethel, fratello, e l'amore fra due fratelli, gli eredi al trono Enitos e Lemos, è croce e delizia nella nuovissima produzione Sky, Cattleya e Groenlandia, ed è la fiamma che tiene acceso il sacro fuoco della partecipazione emotiva alla storia raccontata e la linfa vitale di una materia solo all'apparenza difficile perché legata a un tempo lontano e a un'umanità remota. La fratellanza è la modernità versus la barbarie di un mondo ancestrale e cattivo, e sono i giovani, nella nostra vicenda, a sentirne l'importanza più dei vecchi, ed è per questo che i veri protagonisti di Romulus sono, a ragione, dei ragazzi, che naturalmente crescono troppo in fretta e perdono l'innocenza, ma che coltivano un'apertura mentale squisitamente contemporanea e una grande capacità di ascolto, quell'ascolto che è l'unica cosa che lo schiavo Wiros può offrire al principe caduto Enitos. Già questo ci piace moltissimo.

Ci piace anche che, nell'avvicinarsi alla serialità televisiva, Rovere, insieme a Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, abbia capito subito le regole del gioco. Il regista ha compreso inoltre che narrare la violenza dal punto di vista di un personaggio, e senza inutili stilizzazioni, genera empatia e interesse, e che seguire alternativamente i destini dei diversi protagonisti crea ritmo e tiene vivo l'interesse. Matteo si è infine divertito a strizzare l'occhio a Il Trono di Spade, sdoganando nudità e scene di sesso, e ha superato di gran lunga gli americani che osano andare a disturbare il mito e il genere peplum, perché, da italiano e soprattutto da romano, conosce il passato e forse addirittura a scuola ha introiettato concetti legati all'antichità come predestinazione o ereditarietà della colpa. Matteo Rovere sa anche che nell'ottavo secolo a.c. le passioni erano impetuose, si uccideva per un non nulla e non si sfuggiva al potere degli Dei o ai tiri mancini di una natura matrigna. E infatti, in Romulus, tutto comincia con una pioggia che proprio non ne vuole sapere di cadere, e non cadendo porta all'orribile accecamento di un sovrano, e alla sete di potere di un altro sovrano, Amulius, che però è codardo e quindi destinato alla débacle.

Amulius non gigioneggia mai, così come ogni singolo personaggio della serie, che la lingua protolatina rende incredibilmente realistica. Emettono suoni dolci e musicali re e regine, schiavi e sacerdotesse, e ciò costituisce un ottimo contrappunto con la brutalità di alcune scene, in cui si uccidono cinghiali o si tagliano gole. Perché di sangue ce n'è nella serie, non come in un horror, ma come in una giusta ricostruzione d'epoca che ci si può permettere di far accompagnare, entrando nel territorio quasi del pop, dalle note di "Shout" dei Tears for Fears cantata dalla dolce voce di Elisa. Di sangue ce n'è perché è il rosso il colore di Romulus, che è anche marrone come la terra e nero come la notte e come il kajal sugli occhi delle donne. E’ fuoco Romulus, fuoco di un corpo che arde e fuoco che la vestale Ilia si permette di spegnere, compiendo un gesto sacrilego. E’ amica la religione nella serie? Non proprio. La religione, almeno nei primi due episodi, è anch'essa ferina, ingiusta, ed è lo strumento che rende accettabili le cose che non si comprendono, che poi corrispondono alle paure più nascoste.

Romulus ha fra i suoi pregi anche la scelta di attori non troppo conosciuti. E' una scelta sacrosanta, perché dietro al personaggio non vediamo mai la star. E poi sono bravi e a fuoco Andrea Arcangeli e Marianna Fontana: forte, eroico e silenzioso lui, dolente e magnifica lei. Francesco Di Napoli non ha molte battute nelle due puntate iniziali, e quindi siamo curiosi di scoprire cosa farà nelle successive. Certo, vedere solo un assaggio di una serie non permette di valutarla nella sua complessità, ma ciò che possiamo dire al momento è che Rovere ha un grande senso della messa in scena, che è una messa in scena moderna. La sua "parte" di Romulus è un grande spettacolo, uno spettacolo in cui si uccide, un po’ come oggi, per potere e per amore, e nel quale la tensione è ai massimi livelli. 



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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