Prisma 2 è tutto quello che volevamo vedere, e anche di più: La nostra recensione
La seconda stagione della serie di Prime Video continua a raccontare gioie e dolori dell'adolescenza con originalità e poesia, procedendo per sottrazione più che per addizione. Ha la grazia dei prodotti d'autore, ma rimane anche molto pop non negando ai fan quello che si aspettavano. E meno male. La nostra recensione di Prisma 2.
Nel 1810 Johann Wolfgang von Goethe, il più romantico degli autori romantici, osò sfidare Newton con il suo saggio La teoria dei colori. Sosteneva che i colori fossero il risultato dell'offuscamento della luce. Che scaturissero, insomma, dall'interazione con l'oscurità piuttosto che con la luce. La seconda stagione di Prisma, una serie che ha reso proprio i colori metafore delle molte sfaccettature dell'adolescenza, si conclude con un episodio intitolato Nero, il colore che secondo Goethe racchiude - o meglio, nasconde - tutti gli altri. Un caso? È vero che tutto, in questo nuovo capitolo della serie di formazione creata da Ludovico Bessegato, sembra procedere per sottrazione: meno dialoghi, meno artifici, meno musica forzata, meno spiegazioni. Ma, allo stesso tempo, ogni episodio pone i protagonisti di fronte a nuove sfide e sensazioni mai provate prima e li arricchisce. Il risultato è una seconda stagione che parte lenta e poi esplode e che non fa altro che confermare l'assoluta qualità di una serie preziosa, per temi e stile. Una serie che, tra le altre cose, non ha paura di regalare ai fan quello che vogliono pur non rinunciando all'incertezza e alla suspense che, si sa, sono il pepe di ogni serie tv.
Prisma 2 è Andrea e Daniele, ma non solo
C'era, in questa seconda stagione di Prisma, la necessità di dare una risposta ai fan che per quasi due anni avevano pensato e ripensato alla scena che aveva chiuso la prima stagione: Andrea (Mattia Carrano) e Daniele (Lorenzo Zurzolo) su un autobus in direzione Giardino di Ninfa, finalmente rivelatisi l'uno all'altro, messi di fronte alle reciproche verità. Gli autori sapevano bene di dover gestire al meglio l'opportunità offerta da questo cliffhanger e lo hanno fatto egregiamente fin dai primi minuti della stagione. Il modo in cui è stata costruita la storia dei due ragazzi strizza l'occhio a un certo stile indie da Sundance: la timida intimità, i loro sguardi (che chimica che hanno saputo creare Carrano e Zurzolo!), l'indugiare del regista sui particolari e il non detto - soprattutto il non detto - sono stati motore dell'azione. Arriviamo all'episodio finale increduli e grati perché - per una volta - la "ship" più amata dai fan è diventata realtà.
Ma i nuovi episodi di Prisma espandono la storia anche in un racconto corale. C'è spazio per tutti e anche le storie di Carola (Chiara Bordi), Marco (Mattia Carrano), Nina (Caterina Forza) e tutti gli altri vengono raccontate con cura e originalità. La prima affronta a testa alta le conseguenze del revenge porn, solo per rendersi conto che la popolarità derivata dal suo gesto coraggioso non ha portato agli esiti previsti. Il secondo si riconcilia con il suo passato (e con Carola) imparando dagli errori. La terza scende a patti con sentimenti che non può più negare quando capisce di provare qualcosa per la tredicenne Akemi (Elisa Qiu Tian Scenti); e probabilmente la sua è la storyline più delicata, perché fa riflettere sul tema della differenza di età in una relazione omosessuale che spesso genera omofobia.
Recensione della seconda stagione di Prisma: L'arte al servizio del racconto
Tutto in Prisma è estremamente raffinato: dalle interpretazioni degli attori (davvero tra i più bravi di questa generazione), alla fotografia ricercata, alle location che non sanno mai di già visto (una balena spiaggiata sull'arenile di Nettuno, che trovata) a certe scelte registiche davvero originali (basti pensare alla scena del bacio sul treno tra Carola e Marco o agli sguardi che si scambiano Daniele e Andrea tra le fiamme di un falò). La sensazione è che, ancora una volta, Ludovico Bessegato (insieme a Francesca Scialanca che lo ha affiancato nella scrittura in questa stagione) abbia messo l'arte al servizio del racconto. È una serie che, non a caso, lui ama definire "un prodotto culturale" rifuggendo tutte le implicazioni politiche che comunque non si può negare che abbia. Perché temi caldi come la ricerca della propria identità, la fluidità, la carriera alias nelle scuole, l'omofobia interiorizzata urlano forte nel mese del Pride e in un contesto politico che mette sempre di più in discussione diritti che sembravano acquisiti. Per fortuna, tornando a Goethe, anche nel Nero si possono scorgere i colori. E quelli di Prisma vibrano. Ora più che mai.
- Giornalista professionista
- Appassionata di Serie TV e telespettatrice critica e curiosa