Slow Horses: lo spionaggio torna in grande stile su AppleTv+, con un Gary Oldman spettacolare
Debuttano il 1° aprile su Apple TV+ i primi due episodi di questa bellissima serie tratta dai romanzi di Mick Herron con protagonista uno Smiley perdente e alternativo, Jackson Lamb, e della sua squadra di reietti dell'MI5. Ecco cosa ci hanno raccontato il protagonista Gary Oldman e altri attori della serie.

- Slow Horses: il trailer della serie
- Spionaggio sì, ma non il solito
- Chi è Jackson Lamb?
- Lamb, uno Smiley che non ce l’ha fatta
- Lo humor e i personaggi
- Il long form e la creazione di un nuovo mondo
- Mick Jagger per Slow Horses
“È intrigante. Anche solo vedendo il trailer mi sarei convinto, mi sarei detto che l’avrei guardata, questa serie”. A parlare così è Gary Oldman, che sappiamo tutti essere il grande attore che è ma che è davvero imperdibile nei panni del protagonista Jackson Lamb nella serie tv di spionaggio che si intitola Slow Horses e che debutterà in streaming su Apple TV+ (lo streamer che ha appena vinto l’Oscar per il miglior film con CODA) il 1°aprile con i primi due episodi, cui faranno seguito due nuovi episodi ogni venerdì.
Slow Horses: il trailer della serie
Spionaggio sì, ma non il solito
È spionaggio sì, quello di Slow Horses, ma come dice un altro protagonista, Jack Lowden, che appare nei panni di un giovane agente di nome River Cartwright, “è l’antitesi delle storie di spionaggio cui siamo abituati”. È lo spionaggio immaginato dallo scrittore inglese Mick Herron, uno che, come dice Oldman “non nasconde la sua ammirazione per John Le Carré e che, per molti, ne è diventato l’erede. Uno che, proprio come fece Le Carré, sta facendo fare al genere un salto evolutivo, grazie all’introduzione di dosi massicce di dark humor e cinismo”.
I primi sei episodi di Slow Horses sono tratti dal primo romanzo di Herron della serie che vede protagonista Jackson Lamb, che in Italia, pubblicato da Feltrinelli, si intitola “Un covo di bastardi”; e ne arriveranno a stretto giro altri sei tratti dal secondo, “In bocca al lupo”, per completare così la prima stagione della serie.
Chi è Jackson Lamb?
Ma chi è questo Jackson Lamb? È il capo di una sezione dell’MI5 chiamata dispregiativamente “Il Pantano”: la sezione in cui vengono spediti tutti coloro che ne han combinate di grosse, o han dimostrato gravi incompetenze. Gli “slow horses”, i brocchi dell’intelligence britannica, insomma.
Lì finisce, all’inizio del primo episodio, il giovane agente River Cartwright, reo di non aver bloccato un attentatore che si è fatto esplodere nella stazione ferroviaria dell’aeroporto di Stansted, avendpo frainteso le indicazioni del quartier generale sul colore di giacca e maglietta del sospettato. Ma River, che pure ha un nonno che è stato nei Servizi per una vita (Jonathan Price) è un agente in gamba, e convinto di non aver commesso errori, e vive il suo esilo al Pantano come peggio non potrebbe, snobbando i pochi colleghi della sezione e scontrandosi con Lamb.
“River è competente, molto bravo in quello che fa, ma è anche vanesio e arrogante”, dice Lowden. “Non credo che guardando alla tradizione genere si trovi una spia simile. È più probabile rintracciare uno come lui dentro un episodio di The Office, o di The Thick of it che in un film di spie”.
“Jackson è un uomo dalle abitudini disgustose, scoreggia, fa il bullo”, spiega Saskia Reeves, che nella serie interpreta Catherine Standish, la sua segretaria. “Ma in fondo tutti lo rispettano perché sanno che è pieno di sorprese, ed è dannatamente bravo a fare il suo lavoro, e tutti vogliono la sua approvazione. È una cosa che confonde profondamente River. E a Catherine, che ci deve avere a che fare tutto il giorno, non rende affatto la vita facile, anche se lei sa che quel lavoro lo deve a lui. Ci sono molte contraddizioni, ed è una cosa interessante per un attore”.
Fatto sta che in questi primi sei episodi di Slow Horses Jackson, River e gli altri agenti del Pantano proveranno a prendersi delle rivincite nei confronti di chi, nell’MI5 (su tutti, l'ambigua dirigente Diana Taverner, interpretata da Kristin Scott Thomas), li guarda con ironia e disprezzo, e che magari li vuole usare per qualche lavoro sporco, intrecciando le loro vicende personali con quelle di un ragazzo di origine pakistana che è stato rapito da un gruppo di suprematisti bianchi che minacciano di decapitarlo.
Lamb, uno Smiley che non ce l’ha fatta
Nonostante le abitudini discutibili e la sua ostentata, cinica disillusione, non è difficile vedere una qualche relazione tra il personaggio di Jackson Lamb e quello di George Smiley, interpretato sullo schermo dallo stesso Oldman nel bellissimo La talpa. Oldman a dire di credere che “il loro cervello funzioni in maniera simile, che entrambi amino il lato scacchistico dello spionaggio, la meccanica del venire a capo di intrighi e misteri”. Probabilmente, dice Oldman, “il giovane Jackson di stanza a Berlino sarebbe stato alla pari con il giovane Smiley, ma in lui c’è anche un po’ di Ricky Tarr”, aggiunge, facendo riferimento al personaggio interpretato in La talpa da Tom Hardy, quello che si mette e mette altri nei pasticci. “Se tutto fosse andato male nella carriera di Smiley, allora lui sarebbe stato come Jackson,” dice Oldman. “Dicevano che Smiley fosse la persona più intelligente d’Inghilterra e credo che Jackson sia spesso e volentieri il più intelligente nella stanza”.
Lo humor e i personaggi
Se la trama è intricata e piena di doppi e tripli giochi quel tanto che è giusto e necessario perché una storia di spionaggio risulti intrigante, in Slow Horses la cosa davvero importante sono i toni e i personaggi.
“Non è una commedia, ma ci sono situazioni molto divertenti, e c’è anche dello slapstick, il che è stato una sorpresa e un piacere,” dice Reeves. “Noi cercavamo di non mostrare troppo il divertimento che provavamo in certe scene perché la situazione per il personaggio è cupa, ma non per il pubblico”, aggiunge Olivia Cooke, che è Sid Baker, una dei “brocchi” di Lamb, che avrà un rapporto particolare con River.
“Il sarcasmo è per me una delle forme più alte di spirito”, dice Lowden, “e questa serie ne è intrisa. Ogni battuta, volendo, può essere letta come sarcastica, e questo dice molti dei personaggi, del loro cinismo, del loro mondo, di quanto poco siano soddisfatti delle loro vite. E poi, di fronte alle cose oscure del mondo devi conservare l’umorismo”.
“È una strategia di sopravvivenza”, aggiunge Oldman, che ha detto anche di aver affrontato la lavorazione di Slow Horses come se fosse un film lungo sei ore e che non appariva in un prodotto televisivo dai tempi della sua memorabile comparsata in Friends, nel 2001.
Il long form e la creazione di un nuovo mondo
“Dalla tv long form degli ultimi anni alcune delle cose migliori nella recitazione, nella regia, nella fotografia, nella scenografia, nello storytelling”, dice Gary Oldman. “Quel che amo del longform e di Slow Horses è il fatto che i personaggi contino quanto e più del plot: in questi personaggi, che non vengono sacrificati come avviene inevitabilmente in un film di due o magari anche tre ore, puoi perderti. Puoi scegliere di settimana in settimana una linea narrativa da seguire e godertela, goderti il viaggio e in compagnia di questi personaggi, senza ossessione per la risoluzione della trama principale”.
Oldman si augura che dopo questi primi dodici episodi di Slow Horses ne possano arrivare altri, anche perché i libri della serie scritti da Herron - e adattati per la serie dallo sceneggiatore Will Smith (omonimo dell'attore americano che ha preso a sberle Chris Rock), che con Herron ha collaborato strettamente sono - sono molti. “È stato bellissimo far parte di una serie che ha dato una nuova, unica interpretazione a un genere che tutti conosciamo e che qui viene sovvertito, e che regala a questo mondo una prospettiva nuova grazie all’immaginazione di Mick e degli sceneggiatori. E poi il regista James Hawes ha fatto un gran lavoro, ha creato un mondo bellissimo, un template che altri registi potranno usare come punto di partenza, come fece Chris Columbus con Harry Potter, a uso di tutti gli altri che gli sono succeduti”.
Mick Jagger per Slow Horses
Slow Horses, se non si fosse capito, è una serie di quelle da non perdere. E per gli appassionati di musica, oltre che di spionaggio e di serie tv, regala anche un’altra piccolo, grande perla.
La musica che accompagna la sigla d’apertura e i titoli di coda è infatti quella di una canzone davvero bella intitolata “Strange Game”, cantata da un tal Mick Jagger, che l’ha composta in collaborazione con l’autore delle musiche della serie, Daniel Pemberton, cercando di rispecchiare tutti i tanti affascinanti toni di questo prodotto di cui, spero, vedremo presto nuove stagioni.
Buon ascolto.