Dracula, Recensione della miniserie Netflix: Il Conte non è Sherlock. E va bene così
L'ultima opera di Mark Gatiss e Steven Moffat è arrivata in streaming lo scorso 4 gennaio. Top o flop? La nostra recensione.
- Dracula VS Dracula VS Sherlock: Vietati i paragoni
- Dracula: Una parabola discendente
- Dracula: Claes Bang fa dimenticare quello che non funziona
Ci sono personaggi della letteratura che nessuno si stancherà mai di citare, interpretare, riadattare. Rimangono nell'immaginario collettivo incarnando vizi e virtù, speranze e paure degli esseri umani. Sono come materia prima in attesa dell'ennesimo demiurgo che li plasmi. Uno di questi è Dracula, il tenebroso e crudele vampiro risultato di centinaia di credenze popolari prima e del popolare romanzo di Bram Stoker poi. Non hanno saputo resistere alla tentazione di portare in scena la loro personale versione del Conte neppure Mark Gatiss e Steven Moffat, la coppia d'oro della TV britannica che aveva già creato nel 2010 Sherlock. Innamorati degli eroi (e degli anti eroi) della letteratura inglese, Gatiss e Moffat hanno dato vita a un nuovo Conte Dracula interpretato da Claes Bang. I tre episodi della miniserie co-prodotta da BBC e Netflix, dopo essere andati in onda in anteprima su BBC One nel Regno Unito, sono arrivati in streaming lo scorso 4 gennaio. Lo diciamo subito: Dracula non è Sherlock. La nostra recensione partirà da questo presupposto (e dal solito consiglio: non proseguite con la lettura se non volete imbattervi in spoiler).
Dracula VS Dracula VS Sherlock: Vietati i paragoni
Il fatto è che i paragoni (sia quelli tra questa versione del vampiro più famoso della storia e quelle già conosciute che quelli tra il Dracula e lo Sherlock degli stessi autori) sono inevitabili; vengono automatici ma rischiano di inquinare il giudizio sulla miniserie. Chi ha amato il brillante detective interpretato da Benedict Cumberbatch potrebbe non apprezzare il contraddittorio e perverso vampiro interpretato da Claes Bang. Perché, sebbene l'approccio degli autori sia lo stesso (prendere una grande figura della letteratura, individuarne pregi e difetti, iniettare humour inglese in quantità e lasciare che i (pre)giudizi degli spettatori creino il resto) i due personaggi sono per natura molto diversi. Allo stesso modo, chi è abituato a un certo tipo di conte Dracula potrebbe rimanere deluso da alcune sfaccettature del vampiro di Gatiss e Moffat (il quale, se in un primo momento sembra aver ereditato molto da quello di Bram Stoker, si dimostra, in certe circostanze, molto più umano). Il consiglio, per chi vuole dare una chance alla miniserie Netflix, è guardarla con la mente sgombra di preconcetti. Solo così si potranno apprezzare gli elementi veramente positivi dell'opera: l'ottima interpretazione di Claes Bang, il macabro gusto per elementi squisitamente horror, il ritmo serrato della narrazione - preso in prestito da certi polizieschi - che rende il racconto (perlomeno nel primo episodio) particolarmente avvincente.
Dracula: Una parabola discendente
La storia di questo Dracula inizia dove ti aspetti: siamo in Romania nel 1897 (anno di pubblicazione del romanzo di Stoker). L'avvocato britannico Jonathan Harker (John Heffernan) si trova nel convento delle suore di Budapest. Lì, consunto e cadaverico dopo il suo soggiorno presso il castello del Conte Dracula, viene interrogato dall'arguta Suor Agatha (Dolly Wells), ansiosa di scoprire di più sul celeberrimo vampiro. Il primo episodio procede veloce; la sceneggiatura è precisa e il personaggio della suora (sicuramente fuori dal comune perché senza fede e appassionata di occulto) è un ottimo antagonista a Dracula. La scrittura di Gatiss e Moffat si nota e si apprezza: questo Dracula è ironico, acquisisce man mano (e nella serie viene spiegato come) dosi massicce di humour inglese (a Harker che gli dà del mostro risponde: "E tu sei un avvocato. Nessuno è perfetto") e riserva battute e perle di saggezza che solo a due autori di quel calibro potrebbero venire in mente. Il secondo episodio sembra inizialmente avere la stessa struttura del primo (ancora un interrogatorio, questa volta tra Dracula e Suor Agatha); il segreto da scoprire è ciò che è successo sulla nave Demeter, in rotta verso l'Inghilterra. Si scopre presto che niente è come sembra e, per come è costruito il racconto, i 90 minuti assomigliano molto a un giallo di Agatha Christie. Se già in questo secondo capitolo la storia inizia a vacillare (ci sono vuoti, elementi dati per scontato, svolte prevedibili e molti stereotipi), il terzo episodio, che si svolge in un'ambientazione inaspettata (non diciamo altro per non rovinare la sorpresa), è purtroppo il punto più basso della miniserie.
Dracula: Claes Bang fa dimenticare quello che non funziona
È da apprezzare il tentativo, fatto dagli autori, di spiegare in soli tre episodi (e in 4 ore e mezza totali) l'intera storia del Conte Dracula: le leggende attorno alla sua epica figura, le sue debolezze e il suo essere mostro e uomo insieme. Il risultato, però, è un racconto poco coerente con un finale che lascia perplessi e, per certi versi, insoddisfatti. C'è forse nei piani dei creatori un secondo atto? L'ipotesi spiegherebbe alcuni vuoti e quella sensazione di incompiuto che si avverte sui titoli di coda. Se qualche difetto questa miniserie ce l'ha, è anche vero che la magistrale interpretazione di Claes Bang ci fa chiudere un occhio sulle pecche della co-produzione di BBC e Netflix. Il fascino oscuro e d'altri tempi dell'attore danese si addice perfettamente al personaggio dell'austero Conte. La domanda a cui tocca rispondere, alla fine dei conti, è una: avevamo bisogno di un altro Dracula? No. Ma questo qui - sono aperte le scommesse - ce lo ricorderemo.
- Giornalista professionista
- Appassionata di Serie TV e telespettatrice critica e curiosa