Tutta un'altra vita: recensione della commedia con Enrico Brignano, Ilaria Spada e Paola Minaccioni
"I sogni bisogna andarseli a prendere" dice Gianni. E possiamo essere d'accordo, ma lasciamo che sia lui a farci ridere quando entra in casa d'altri abusivamente.
Ah, che fatica tirare a campare. Siamo in molti a sentire il peso di una quotidianità dove gli impegni sono costanti e i soldi mai abbastanza. Risolvere i problemi con un gratta e vinci è pura illusione. È più realistico invece intravedere uno spiraglio per rifiatare, una finestra di tempo in cui sospendere la propria vita per farne un'altra. Questo è ciò che accade a Gianni in Tutta un'altra vita, un personaggio con cui l'immedesimazione è totale fino a quando il film entra in quel territorio fantasioso che è il motivo stesso per cui andiamo al cinema. "I sogni bisogna andarseli a prendere" dice Gianni e possiamo essere d'accordo con lui, ma se questo questo significa entrare abusivamente in una villa di lusso e approfittare di tutti comfort, noi siamo contenti che a farlo per il nostro divertimento sia Enrico Brignano.
Tassista, con moglie e due figli piccoli e quella routine un po' opprimente fatta soprattutto di doveri, il buon Gianni è "vittima" di quell'occasione che fa l'uomo ladro. Quello che ruba è uno stile di vita, un'agiatezza che non ha mai avuto fatta di villa con piscina, vasca idromassaggio, costosi champagne e una Lamborghini bianca. Questo è ciò che gli offre una chiave di casa dimenticata sul sedile del suo taxi da una facoltosa coppia diretta in aeroporto. Lasciandoci cullare dall'interrogativo se anche noi (probabilmente no) avremmo fatto la stessa cosa, il protagonista abbraccia pienamente il suo momento di puro egoismo che lo porta a party esclusivi dell'alta società. Si ride vedendo quanto sia un pesce fuor d'acqua e si ride assistendo ai suoi tentativi di tenere il piede in due scarpe, quando si ricorda di aver pur sempre una famiglia. Ma si ride con le giuste pause, perché la sceneggiatura vuole raccontare bene una storia con un arco compiuto anziché imboccare la facile strada della farsa.
Il regista Alessandro Pondi tiene il polso della situazione anche quando il film scava nei personaggi, cercando di dare spessore e motivazioni per rinnovare l'empatia con il pubblico. Enrico Brignano rispetta il ruolo e usa se stesso con parsimonia, per essere più credibile che comico, così come fa Paola Minaccioni nella parte della moglie. Sarebbe stato banale vederla in un ruolo antipatico per avvalorare la fuga temporanea del marito, invece è anche lei schiacciata dalla routine ma più solida. L'arrivo del personaggio di Ilaria Spada, sempre brava nel passare dall'aristocratica alla popolana in un batter di ciglia, è ciò che per Gianni significa "sogno e son desto". Anche con un finale senza l'ovvia risoluzione che ci si sarebbe aspettati, la commedia Tutta un'altra vita suggerisce di guardarci allo specchio per chiederci se c'è qualcosa che ci manca e quanto vogliamo aspettare prima di rimediare.
- Giornalista cinematografico
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