Trap: la recensione del thriller di M. Night Syamalan con Josh Hartnett
Il re del thriller M. Night Shyamalan gira un film in tempo reale durante un concerto di una popstar e affida a Josh Hartnett il ruolo di un serial killer camaleontico e furbo, creando un feeling con lo spettatore. La recensione di Carola Proto.
L'acrimonia con cui la critica statunitense parla dei film di M. Night Shyamalan - ad eccezione de Il sesto senso, Unbreakable, Signs e The Village - meriterebbe un articolo a sé, perché nelle prime recensioni di Trap, che continuano a ricordare i gloriosi inizi del regista, sembra di cogliere una certa qual soddisfazione nel denigrare un autore di cui probabilmente sfugge in parte la poetica o semplicemente la profondità. Nonostante qualche passo falso, il filmmaker indiano naturalizzato americano non è, come vuole qualcuno, artefice di un cinema trash di serie B, così come Trap non è una sconclusionata presa in giro del pubblico. Piuttosto, il thriller con Josh Hartnett che si svolge durante l'esibizione di una popstar, è una dichiarazione d'amore agli spettatori, che fin dal principio, proprio come accadeva per taluni film di Hitchcock, ne sanno di più della maggior parte dei personaggi del racconto e sono dunque invitati a concentrarsi più sul "come" che sul "cosa".
In Trap, il pubblico apprende in brevissimo tempo che il pompiere Cooper che porta sua figlia al concerto di tale Lady Raven è "Il macellaio", killer psicotico che ha ucciso 12 persone per poi tagliarle a pezzi. E siccome la polizia sa della sua presenza nell'Arena Tanaka, il nostro deve trovare il modo di fuggire. Questa parte del film, che ne costituisce poco meno che i due terzi, non è né un tentativo mal riuscito di scimmiottare il Brian De Palma di Omicidio in diretta perché l'azione si svolge in tempo reale, né tantomeno un malcelato desiderio di M. Night di celebrare sua figlia Seleka, che interpreta Lady Raven e che canta le sue canzoni. Trap nasce da una conversazione fra un padre e una figlia intenzionati a mescolare un film musicale con un thriller, e questa doppia natura non va mai dimenticata, principalmente perché Shyamalan un concerto lo ha filmato pr davvero, mostrandolo come lo vedono Cooper e la sua bimba tredicenne Riley (Ariel Donoghue), e quindi da posti così così in platea. Trap, infatti, ci restituisce lo spettacolo, e anche ciò che accade lontano dal palco, attraverso lo sguardo di Cooper.
Diciamocelo: non capita tutti i giorni che un thriller o un horror venga raccontato dal punto di vista dell'omicida. E invece Shyamalan ci prova e ci riesce, e una grande parte del merito va a Josh Hartnett, ex star di Hollywood che ha un certo punto ha capito che doveva reinventarsi, e infatti si è affidato a un regista che lui stesso definisce "un autore". Hartnett si muove tra malizia e amore paterno, tra paura e ironia, ma soprattutto è un'eccellenza nell'arte dell'inganno e della manipolazione psicologica, tant'è che prende per il naso parecchie persone, a cominciare da noi spettatori, che finiamo per stare dalla sua parte nonostante un poveretto che Cooper ha legato e chiuso in una cantina, nell'attesa che arrivi il momento in cui potrà sventrarlo.
Scrivere e costruire, insieme a un attore, un personaggio tanto complesso e mutevole non è certo tirar via, e non lo è nemmeno girare in 35mm o forzare la comicità laddove serve per stemperare la tensione. Altra cosa che i detrattori di M. Night probabilmente non noteranno, visto che viene fuori in maniera sottile, è la sua abilità nel restituire, spesso attraverso alcuni dettagli, le piccole miserie umane di una fascia sociale che sta al di sotto della middle class, e che quindi non può permettersi posti in tribuna come un paio di compagne di scuola con cui Riley non è in buoni rapporti. Perché succede anche questo in Trap: succede che tra i banchi si litighi, si venga bullizzati o ignorati.
Fermiamoci a quest'ultimo concetto. Da regista che mostra di conoscere le "regole" dei generi cinematografici, M. Night Shyamalan sa che può trasformare le sue paure e i nostri grandi rimossi in personaggi e situazioni inventate, e sa che, attraverso la finzione, può spingere il pubblico, e persino sé stesso, a guardare in faccia i propri demoni e le reali mostruosità. Il "male" da esorcizzare qui è la sociopatia, e quindi l'assenza di empatia, di una discreta parte della popolazione mondiale. M. Night si domanda anche cosa si provi a essere conosciuti da tutti o, viceversa, a risultare un estraneo alla gente, e difatti Cooper ha il terrore che la sua parte segreta diventi di pubblico dominio, e per questo il concerto è per lui la peggiore delle prigioni.
Per onestà, diremo che non crediamo che sbagli chi sostiene che, quando finisce il concerto e il punto di vista della storia diventa quello di Lady Raven, il film "si sgonfi", nel senso che, nonostante gli eventi concitati che si verificano, l'adrenalina non scorre quasi più, bloccata da un semi-spiegone sul disturbo mentale e la storia familiare del protagonista. Siamo insomma di fronte a un cambio di passo che toglie mordente alla vicenda, che sarebbe stata più coinvolgente se fossimo rimasti nell'arena o nelle sue immediate vicinanze. Ciò non toglie che sia interessante vedere come si muove Cooper nel suo milieu, se non altro per capire che c'entra poco con lo zio de L'ombra del dubbio interpretato da Joseph Cotten a cui qualcuno lo ha paragonato. In questa seconda parte è Josh Hartnett a tenere il timone. La sua credibilità ci inchioda alla poltrona, mentre il regista si prepara per il gran finale.
Torniamo ai critici USA più intransigenti. Che de gustibus non disputandum est siamo i primi a sostenerlo, ma è come se oltreoceano si facesse fatica ad abbracciare l'umorismo sottile e le inquietudini sotterranee di un personaggio, e ad accettare il desiderio di Shyamalan di far sentire chi guarda un po’ a disagio se non di scioccarlo. M. Night non vuole infierire su di noi ma divertirci. Non vuole drogarci di contenuti tutti uguali ma stimolare la nostra intelligenza, per poi ottenere da noi quel "sussulto di gruppo" che considera felicità pura, oltre che una vera e propria dipendenza.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali