Taken - La vendetta: la recensione del thriller con Liam Neeson

10 ottobre 2012
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Il sequel di Io vi troverò vive di rendita sul successo di quest'ultimo. La storia si fa troppo ambiziosa quando la virtù del primo film era brutale azione, pura e semplice.

Taken - La vendetta: la recensione del thriller con Liam Neeson

Nel 2009 Io vi troverò si mise in evidenza come il più redditizio al box office americano degli action movies prodotti da Luc Besson. Una sorpresa, considerato che su quello stesso genere di film prettamente hollywoodiano Besson aveva già scritto e prodotto parecchie pellicole capaci di ottenere una buona riscontro dal pubblico in Europa ma non sul territorio ispiratore. Ciò che fece presa, tra l’altro nemmeno rapida, fu la storia semplice di un padre in cerca della figlia rapita. Non un padre come gli altri, naturalmente, ma un ex-agente della CIA con doti da segugio fenomenali in grado di scovare la ragazzina in 72 ore dentro la popolosa Parigi. Una sceneggiatura scarna, molte scene d’azione ben coreografate, una regia asciutta e un impeccabile Liam Neeson sull’incazzato andante. Taken era il titolo originale, Taken 2 è diventato in italiano Taken: La vendetta. Quel Io vi troverò, scelto per l’edizione italiana tre anni fa, simboleggia proprio il primo imbarazzo che Luc Besson e Robert Mark Kamen hanno affrontato dovendo scrivere il sequel.

Riproporre un rapimento, peraltro dell’unica figlia, avrebbe portato sulla strada (sbagliata) del remake. Quegli elementi che avevano fatto lievitare lentamente l’interesse degli spettatori grazie soprattutto al passaparola, dovevano tornare in una storia diversa ma fedele all’originale. Tutti i criminali albanesi uccisi da Neeson a Parigi avevano parenti non meno farabutti. Decisi a cercare vendetta e guidati dal quel grande attore serbo che è Rade Sherbedgia, i banditi pianificano il rapimento dell’uomo, dell’ex-moglie e della figlia mentre soggiornano in un hotel di Istanbul. Neeson e Famke Janssen vengono prelevati, mentre la figlia scampa all’imboscata. Quest’ultima, sempre interpretata da Maggie Grace, aiuta materialmente il padre a fuggire a scapito della madre che resta prigioniera. Il film si spezza in tre tronconi: 1) sequestro, 2) fuga, 3) ritrovamento.

Il successo che Taken: La vendetta prevedibilmente si appresta ad ottenere è in gran parte la rendita del suo predecessore. Questo sequel è solo parzialmente apprezzabile, troppo intricato, meno brutale, poco sorprendente. Nonostante l’onesta regia di Olivier Megaton, subentrato a Morel, si omologa a tanti altri del genere, e resta impossibile giudicarlo come un film a sé stante. Anche perché non sarebbe mai esistito senza gli ottimi incassi del primo. Dare spazio più spazio alla presenze femminili non ha aiutato, soprattutto se Maggie Grace, da teenager californiana qual è nella storia, si ritrova da un giorno all’altro a lanciare granate e guidare come una forsennata senza patente. Meglio sarebbe stato, a questo punto, creare una franchise sul personaggio di Neeson, Bryan Mills, agente della CIA in pensione che torna in attività perché è il migliore ed è sempre incazzato.





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