Si muore tutti democristiani: recensione del primo film de Il Terzo Segreto di Satira
Un ottimo esordio per il gruppo di videomaker che riflette sui compromessi dell’età adulta e di un tempo come il nostro.
Che cosa vuol dire nel 2017 morire democristiani? Sposare tardivamente un'ideologia politica che qualcuno definì comicamente "uno status mentale"? Sventolare la bandiera con su scritto "Libertas" o auspicare un ritorno dell’UDC? No, morire democristiani significa avviarsi verso una maturità in cui l’eskimo e la kefia sono stati sostituiti dal cappotto di cammello e la sciarpa in cachemire e gli ombrelli piccoli, pieghevoli e comprati dai cinesi sono stati surclassati da parapioggia ampi, quadrettati e con il manico in legno. Fuor di metafora, e nel primo lungometraggio de Il Terzo Segreto di Satira, morire democristiani equivale a imborghesirsi, ad abbracciare le comodità del capitalismo e a smettere di essere "duri e puri" proprio come il vecchio comunista di uno dei video migliori del collettivo nato nel 2011 con l’intento di fare satira politica. Morire democristiani, infine, corrisponde a diventare grandi, a smettere di fare i contestatori e a capire che per non essere più degli sfigati a volte bisogna contravvenire ai propri principi.
A porsi il problema se tradire o meno se stessi e un’ideologia di sinistra abbracciata fra i banchi del liceo classico o cantando Guccini o partecipando al G8, sono Stefano, Enrico e Fabrizio, che gestiscono una piccola casa di produzione e che un giorno trovano la gallina dalle uova d’oro sotto forma di un lavoro che arriva da gente probabilmente disonesta. Il film racconta il loro dilemma e lo racconta benissimo, in una storia che non è un puzzle di momenti esilaranti o di tirate attoriali ma un romanzo di formazione tardivo nel quale i personaggi vengono ben sviluppati e compiono un percorso, chi verso l’accettazione dei propri limiti, chi verso il compromesso come unica soluzione possibile. I cinque videomaker amano appassionatamente questi loro alter-ego, e li tengono per mano mentre attraversano un'Italia che è sì arraffona, razzista e ottusa, ma anche bella nella tolleranza di chi invece gli immigrati li aiuta e in certi angoli urbani illuminati solo dalla luce dei lampioni, o nei ricordi di una gioventù spensierata trascorsa su una spiaggia e invece che sulle barricate.
C’è poesia e candore, insomma, in Si muore tutti democristiani, e forse dipende dal fatto che i suoi tre protagonisti sono dei perdenti, degli irrisolti e dei sognatori, e proprio il sogno, o meglio un sogno, è fra le parti più gradevoli di questo primo film che un primo film non sembra, perché Belfiore, Bonacina, Rossi, Fadenti e Mazzarella il cinema lo hanno studiato e lo sanno fare, e sanno quando è il momento giusto per introdurre la musica, quando far entrare in scena i personaggi secondari senza sbrodolare con le sottotrame e quando scatenare i conflitti. Sanno, infine, quanto facciano ridere le persone quando si arrabbiano con le cose o quanto possano essere buffi gli incontri casuali: in ospedale, al bar, a una festa.
Nasce quindi da un’attenta e profonda osservazione della realtà il primo film dei magnifici cinque ragazzi del nord e ci rende testimoni della loro grande capacità di tratteggiare con precisione una varietà di tipi umani che, però, invece di definirsi in base a luoghi comuni, deviano inaspettatamente dal loro percorso. Qualcuno si dimostra migliore di ciò che sembrava, qualcun'altro peggiore, perché lontano dalla persona che a 20 anni gridava cose giuste proprio come lo splendido quarantenne interpretato in Caro diario da Nanni Moretti.
A proposito di Moretti e del suo cinema, sembrano un po’ i fratelli dei protagonisti di Ecce Bombo i tre amici con il volto di Marco Ripoldi, Massimiliano Loizzi e Walter Leonardi. Nostalgici come Michele, Vito, Mirko e Goffredo che telefonavano a una ragazza solo per farle ascoltare "E lucean le stelle", si trovano a fare i conti con un'epoca in cui non è più possibile andare contro il sistema, perché nel tempo della crisi e della classe operaia che non esiste più, certo non si campa protestando. Il film non sembra farne un dramma, ma chi negli anni '70 si svegliava la mattina con l'idea di cambiare il mondo un po' di amarezza la proverà a fine visione, e questo perché Si muore tutti democristiani, a suo modo, è tutt'altro che consolatorio, e ci dice che prima si stava - e si era - molto meglio.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali