Ruth & Alex: recensione della commedia "immobiliare" con Morgan Freeman e Diane Keaton
Richard Loncraine racconta senza troppe scosse una coppia di lunga data.
Punti a favore del feel good movie
Ruth & Alex: Morgan Freeman e Diane Keaton e il fascino caldo e accogliente
dell'ambientazione newyorchese.
Punti a sfavore: la totale assenza di
tensione e la scarsità di conflitti drammatici.
Tanto per entrare nel vivo e
andare subito al punto.
Cosa aspettarsi, insomma, dal nuovo film di Richard Loncraine, regista
dell'interessante Riccardo III e
del meno interessante
Wimbledon che si è lasciato emozionare dal
romanzo di Jill Ciment "Heroic Mesasures"
?
Di certo non le orribili sciagure che uno spettatore abituato a disastri
naturali, tracolli finanziari e storie di malati terminali attenderebbe timoroso dopo una
manciata di sequenze introduttive traboccanti amore, solidarietà e relativa
serenità – il che, nel caso del vecchio Alex che sale
faticosamente cinque piani di scale prima di entrare in casa e ritrovare l’amata
sposa, significa come minimo una una disfunzione cardiaca incurabile o un incidente
domestico.
E invece nessun problema irrisolvibile minaccia la quieta esistenza di Mr.
& Mrs. Carver ed è strano e forse azzardato,
perché anche nel film più ottimista, romantico e destinato a un pubblico
dalla chioma canuta, la presenza di una seppur minima difficoltà che generi un
orizzonte di attesa dovrebbe essere un requisito fondamentale.
A
Ruth & Alex questo non importa, dal momento che
l'unico dilemma di un'anziana coppia che abita da quarant’anni nel
quartiere che è diventato il nuovo paradiso degli hipster è semplicemente
se lasciare o no il nido con vista che ha ospitato amore, buon sesso, ispirazione artistica,
letture formative.
A pensarci bene, una simile premessa potrebbe anche bastare, se la trafila
burocratica che accompagna la vendita dell’appartamento e l'eventuale nuovo
acquisto fosse un tripudio di comicità e situazioni imbarazzanti e
impreviste.
Bersaglio mancato anche qui, perchè le sorprese sono poche e
le goffagini dei due padroni di casa, per nulla esperti di questioni immobiliari, non risultano
abbastanza comiche o comunque foriere di duetti al vetriolo in stile screwball
comedy.
No, Alex e Ruth si amano
davvero e invece di riaprire vecchie ferite e vomitarsi addosso recriminazioni come Jim Broadbent e Lindsay Duncan in
Le Week-End, formano un blocco granitico di
sostegno reciproco: nel passato come nel presente, nell'ordine come nel
caos.
L'intensità e l'immutabilità del loro legame
è dunque il limite di Ruth & Alex? Secondo
noi, paradossalmente, è anche uno dei suoi pregi, perchè è bello
che ci sia una difesa dei grandi amori di una volta, di quelle fortissime famiglie a due che
hanno vissuto il matrimonio come libertà ritrovata invece che negata.
Da filmmaker europeo che si è innamorato di New York anche
attraverso il cinema, Loncraine mette perfino la ciliegina sulla torta,
collocando il suo tenue romanzo sentimentale in uno scenario che racchiude decenni di bei
film e allude, fra gli altri, al miglior Woody Allen
.
Mentre si lascia andare a vecchie e nuove iconografie, il regista sente
però il bisogno di tirare fuori dal cilindro un oggetto estraneo capace di dare uno
scossone alla magia del "tutto è bene quel che finisce bene".
Così, intreccia la disavventura di Alex e Ruth con lo
scalpore mediatico scatenato da un possibile terrorista che ha bloccato il ponte di
Williamsburg. L'idea è buona, ma per quanto perturbante possa essere
questo elemento etsreno, non riesce a trovare la giusta collocazione, diventando
pretestuoso e accessorio.
Torniamo alla domanda di prima: cosa ci riseva insomma
Ruth & Alex, aldilà del piacere di veder duettare
due grandissimi del cinema di questo e dell'altro secolo?
In effetti per
godere appieno del film un trucco esiste. Per apprezzarlo, basta semplicemente aspettarsi
l'istantanea di una tranche de vie, una po' alla maniera non delle nuove serie
tv, ma dei vecchi telefilm, o meglio di quelle sitcom che ritraevano giornate particolari ma
non troppo di normali cittadini americani.
Però il film di Richard Loncraine non è tutto qui, perchè nella rappresentazione di una contemporaneità in cui i matrimoni interraziali sono ormai una realtà accettata emerge come dato preoccupante la quantità spropositata di nevrosi che tormentano tanti illuminati uomini occidentali. Persi dietro animali domestici affetti da disturbi comportamentali, o tiranneggiati da manie del controllo e fretta cosmica, formano un bestiario pericolosamente vero ma spassoso, testimonianza di una capacità di osservare e di raccontare che ha solo bisogno di essere impiegata in maniera migliore.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali