Pets 2, la recensione del sequel animato a quattro zampe

30 maggio 2019
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Max, Nevosetto e Gidget affrontano nuove avventure... e nuove paure.

Pets 2, la recensione del sequel animato a quattro zampe

Il mondo del cane Max viene stravolto ancora una volta, quando la sua padrona mette al mondo un bambino: dovrà capire come affrontare e superare le sue ansie per l'incolumità del piccolino. Nel frattempo, Gidget perde un prezioso giocattolo che Max le ha affidato (finisce nelle grinfie di una comunità di gatti psicotici). Il coniglio Nevosetto invece, sicuro di essere un supereroe, accetterà il salvataggio di una tigre da un circo.

Per Pets 2 l'Illumination Entertainment dei Minions gioca sul sicuro nel senso più letterale del termine: il regista Chris Renaud e lo sceneggiatore Brian Lynch seguono la stessa strategia applicata dall'azienda su Cattivissimo Me 3. Tale strategia consiste nel puntare più sulla riuscita della singola circoscritta gag che sulla tenuta dell'insieme o sulla progressione narrativa di ampio respiro. Come nel terzo capitolo della saga di Gru, si seguono qui tre vicende slegate, che alla fine convergono insieme ai loro protagonisti, in modo piuttosto pretestuoso. Nello specifico, è la vicenda di Max a reggere sul serio l'impianto emotivo del film: è quella che garantisce quel minimo di connessione col materiale da parte del pubblico in età non più prescolare-scolare. Non per nulla il nuovo personaggio più convincente introdotto è proprio Galletto (Rooster), modellato su Harrison Ford che in originale gli dà la voce, al suo debutto nel cinema d'animazione. Max giunge in campagna con il suo bagaglio di nevrosi cittadine, e Galletto gli spalanca gli occhi, spegnendo le ansie in cui l'intera attuale generazione di genitori può riconoscersi, a volte incapace di accettare i rischi con il fatalismo d'una volta.

Per il resto, Pets 2 conferma la tendenza di un certo tipo di cinema d'animazione americano a medio-alto budget, protrattasi da almeno una decina d'anni: il recupero di quel compiacimento per la buffoneria fine a se stessa, tipica dei cortometraggi della Golden Age anni Trenta-Quaranta, assemblata però nella forma di lungometraggio, l'unica rimasta commercialmente proponibile in sala. E' un taglio adatto a intrattenere i più piccoli o chiunque non pretenda dal cinema animato le sfide narrative della Pixar o anche, di recente, quelle estetiche raffinate della Sony Pictures Animation sull'ultimo Spider-Man Un nuovo universo.
Pets offre il minimo sindacale che ci si aspetta, assicurando smorfie, urla, caratterizzazioni generalmente indovinate, sarcasmo e gag slapstick: spiace tuttavia notare come la dimensione corale dell'originale fosse organizzata meglio, in una narrazione meno frammentata e più coesa. Ci permettiamo di pensare che sul Max in campagna sarebbe potuto ruotare l'intero lungometraggio, facendo a meno tranquillamente delle storie con Gidget e Nevosetto.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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