Morbius: la recensione del film
Debutta sul grande schermo un altro personaggio "minore" dell'universo Marvel, qui declinato in maniera insolita e ambigua, con uno stile a cavallo tra quello dell'horror più commerciale e la via Sony al cinecomic. Recensione di Federico Gironi.
Di Morbius io sapevo davvero pochissimo, prima di andare a vedere il film. E tutto sommato non è che ne sappia tantissimo anche dopo averlo visto. Ma sono andato al cinema pensando che, hei, una contaminazione horror alla struttura più o meno predefinita dei cinecomic male non potesse fare, anzi. E che Daniel Espinosa era pur sempre quello di Snabba Cash e di Life; che poi a pensarci bene è un film, Life, che ha diversi punti di contatto con questo qui. E che, insomma, la via Sony al cinecomic rappresentata dai due Venom a me diverte.
Allora diciamo che non è che avessi particolari aspettative, ma che più o meno pensavo di sapere a che cosa andavo incontro. E invece no.
E alla fine sono uscito dal cinema (rigorosamente dopo le due scene post-credits, che iniettano direttamente questo nello SpiderVerse) senza essere del tutto sicuro di cosa avessi visto.
Se visto alla luce di quelle due scene lì, Morbius, con i suoi lodevolissimi e contenutissimi 104 minuti di durata, potrebbe sembrare semplicemente un biglietto da visita, una presentazione giusto un po' estesa di personaggio Marvel da far debuttare sul grande schermo.
Se visto alla luce della sua seconda parte, più o meno, Morbius sembra una versione non particolarmente riuscita di un film in stile Venom, con molto meno divertimento e zero ironia.
Se invece considerato solo per la sua prima parte, una sorta di horror molto, molto commerciale.
E però, l'unione di queste anime, ognuna o modo suo legittima, prima ancora che apprezzabile o meno, dà forma a un oggetto-film davvero inusuale, e di difficile, ma non per questo sempre fastidiosa, inafferrabilità a dispetto della sua chiara riconoscibilità. Anche perché, e il motivo è abbastanza comprensibile, il copione di Matt Sazama e Burk Sharpless è modellato in modo tale da stendere sulla base della storia del personaggio spessi strati di riferimenti al Dracula di Stoker, e all'antieroe pipistrelloso della DC, ovvero Batman.
Si parte in Costa Rica, dove il geniale e ammalatissimo Michael Morbius cattura i pipistrelli di cui finirà con l'iniettarsi il DNA, modificando il suo.
Si passa per la Grecia, con un flashback in cui il Michael bambino incontra il Milo bambino (quello che da grande sarà il suo migliore amico, ma anche un grande nemico) e il paterno medico Nicholas.
E, passando da Stoccolma, si arriva poi a New York, una New York che non è quella tutta ordinata e patinata di tanti film Marvel ma, nella sua voluta e ricercata caoticità (Espinosa gira scene su marciapiedi affollatissimi, mostra strade trafficatissime) non è solo è più realistica ma pare guardare a certe Gotham recenti.
E, passando da Stoccolma, ovvero da un Nobel rifiutato, a New York Morbius sviluppa il siero che poi s'inietterà a bordo di una nave che si chiama "Murnau", diventando "il vampiro vivente", e a New York tornerà per cercare una cura, incontrando invece chi (Milo, appunto) vorrà profittare della sua scoperta.
Jared Leto fa Jared Leto, nel senso che si prodiga tantissimo nelle sbandierate e sofferentissime trasformazioni fisiche mantenendo sempre un côté molto emo (che poi qui, con tutto quel parlare di sangue, ci sta anche bene), e - come tutto il film - si prende assai più sul serio di quanto facesse Tom Hardy in Venom (il che non è un bene). E Matt Smith, già ambiguissimo lenone in Last Night in Soho, sta benissimo nella parte di quello che, malato e in fin di vita pure lui, come Michael, perde la testa di fronte al potere del vampiro.
Certo, la natura speculare e antagonista del rapporto tra Morbius e Milo è vista e stravista, e i loro confronti e gli scontri non particolarmente originali, anche se va detto che Espinosa tende sempre a scartare leggermente rispetto a modello estetico e cinematografico standard del cinecomic, dimostrando la sua voglia quasi disperata di essere personale e far riconoscere una mano dentro una struttura che quella mano, di solito, la annichilisce.
Le differenze più chiare, rispetto a quel modello, stanno però come detto tutte all'inizio, e scene come quelle in cui il neonato Morbius dà la caccia ai mercenari nei ponti inferiori della nave Murnau, o quella in cui un'infermiera avverte una presenza nel buio corridoio di un ospedale confermano la confidenza del regista svedese con le atmosfere alla Alien che già aveva dimostrato in Life.
Ma, come detto, e a dispetto di quanto brutti siano Morbius e il suo rivale una volta trasformati, il film di Espinosa non è un vero horror. E non è nemmeno un cinecomic puro. È qualcosa di sfumato e cangiante, come le scie che si lascia dietro il suo protagonista quando si muove ultraveloce o pare addirittura volare, discutibili come molti degli effetti speciali. Qualcosa di terribilmente stupido e curiosamente intrigante al tempo stesso, o a fasi alterne. Qualcosa che, alla fine, mica hai capito bene che roba era.
Almeno, io non l'ho capito. Ma son sicuro che è colpa mia.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival