Mia e il leone bianco, la recensione della fiaba ecologica
Il regista Gilles De Maistre rifiuta gli effetti digitali e si lancia in un'interazione reale tra essere umano e leone.
La famiglia di Mia (Daniah De Villiers) si è da poco ritrasferita in Sud Africa: l'idea di papà John è dedicarsi all'allevamento dei leoni a scopo turistico. Traumatizzata sulle prime dall'aver lasciato l'amata Londra, Mia si affeziona presto a Charlie, un leone bianco per il quale prova affetto anche suo fratello Mick. Un triste destino attenderebbe Charlie, che crescendo diventa sempre meno probabile come animale domestico, però non è detto che Mia si rassegni tanto facilmente...
Mia e il leone bianco di Gilles De Maistre è, almeno per una prima metà, un lungometraggio per ragazzi molto classico nello schematismo del racconto e nella retorica di alcuni passaggi, con una recitazione piuttosto acerba degli interpreti più giovani. Se il suo pregio migliore fossero soltanto gli incantevoli paesaggi del Sud Africa, avrebbe poco da offrire. Fortunatamente De Maistre ha scommesso tutto su una carta imprevedibile: l'uso di un leone reale nelle scene che prevedono la sua interazione con gli attori. Nessun effetto digitale, nessun modello 3D fotorealistico animato. Charlie è il leone Thor, la cui interazione con la giovane De Villiers è stata monitorata sin dalla nascita dall'esperto zoologo Kevin Richardson. Mia e il leone bianco è stato girato nel corso di tre anni, in sessioni di riprese ben distanti: Daniah e Thor sono cresciuti in parallelo, come i loro Mia e Charlie, ed è davvero raro vedere un'interazione reale tra uomo e animale selvaggio in un contesto di fiction. Forse non è un caso che De Maistre abbia un trascorso di documentarista: azzarderemmo persino che un documentario sulla realizzazione di Mia e il leone bianco potrebbe risultare più interessante del film stesso!
Richardson, presente sul set anche come attore per ragioni di praticità e sicurezza (interpreta il guardiano dell'allevamento), ha dedicato tutta la sua vita ai leoni, al punto da aver creato il Kevin Richardson Wildlife Sanctuary: la sua competenza assicura che il rispetto per l'animale non nasconda la sua effettiva pericolosità. Uno degli scopi principali di Richardson è proteggere alcune specie da un metodo di caccia spregiudicato ben descritto nel film. Da questo elemento sgorga una tensione tra padre e figlia più efferata di quanto normalmente si veda in un film per ragazzi più edulcorato. Non compensa del tutto l'esilità della sceneggiatura, ma colpisce.
Mia e il leone bianco mantiene dunque una sua dignità, per il modo in cui contamina la classica fiaba ecologica per i più piccoli con un modus operandi realistico e una conseguente anima severa.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"