Mani Nude: recensione dell'anti-noir con Alessandro Gassmann e Francesco Gheghi

24 ottobre 2024
3.5 di 5

Mani Nude è la seconda collaborazione fra Mauro Mancini e Alessandro Gassmann e racconta la storia di due disperazioni che si incontrano. Sullo sfondo, il nostro mondo violento e incapace di redimersi. La recensione di Carola Proto.

Mani Nude: recensione dell'anti-noir con Alessandro Gassmann e Francesco Gheghi

"Non c'è nessun inferno e neanche il paradiso. La vita è qui, la ricompensa è qui, il dolore è qui".
Inizia con una citazione da un libro di Eddie Bunker Mani Nude di Mauro Mancini, e che la storia che verrà raccontata si svolga in una specie di carcere ha molto a che fare con la vita di colui che ha interpretato Mr. Blue ne Le Iene, che ha trascorso gran parte del suo tempo su questa terra in prigione e, a 17 anni, era l'ospite più giovane di San Quintino.

Edward Bunker, però, è stato "salvato" dalla detenzione, perché dietro le sbarre ha cominciato a leggere ed è diventato uno scrittore, mentre i nostri personaggi muoiono dentro dentro giorno dopo giorno e da esseri umani diventano bestie pronte a scattare, divorare e smembrare appena sentono l'odore del sangue.

Comincia in maniera brusca l'educazione criminale del ragazzo di buona famiglia Davide, che viene aggredito fuori da una discoteca e trascinato prima in una specie di cava sabbiosa, dove lo aspetta uno scontro feroce dentro cassone di un camion, e poi all’interno di una petroliera dove si dorme in cabine/celle e ci si allena per combattimenti clandestini che finiscono solo con la morte di uno dei partecipanti. Li organizza uno spietato signore con la benda sull'occhio come John Ford, mentre ad allenare i prigionieri è un bestione di 102 chili soprannominato Minuto ed emotivamente anestetizzato, un samurai con un suo codice di efferatezza che crede nella pazienza e sa che per le anime perse non esiste un riscatto.

In un tale contesto reso ipnotico da sonorità disturbanti, da una luce livida e da tonalità sul blu, rosso e verde, Mauro Mancini rovescia il noir, anzi lo svuota, privandolo delle sue inconfondibili atmosfere e dei suoi eroi e antieroi. In Mani Nude ci sono infatti soltanto uomini impauriti che hanno fatto dell'autocontrollo la propria salvezza, anche se sanno di essere dei morti che camminano. Perfino Minuto ha paura, anche se non combatte più, ma dall'incontro fra la sua disperazione e quella di Davide nascerà non un vuoto ancora più grande ma un pieno. Nonostante questa tremula fiammella di speranza, Mani Nude è un film nerissimo, che c'entra ben poco con Fight Club ed è girato con una macchina da presa che non si incolla ai personaggi ma si tiene spesso lontana grazie a campi lunghi. Difficile dire se questa distanza sia sinonimo di rispetto o di freddezza. Indubbiamente stempera la violenza, che non è mai grafica ma sempre crudele, e se usiamo un simile aggettivo è perché si sente il rumore sordo dei pugni e dei labbri spaccati, proprio come succedeva ne La promessa dell’assassino di David Cronenberg. E tuttavia c’è una pietas quasi cristiana che pian piano si fa spazio fra il sangue e le cicatrici, e allora il film diventa un altro film, con una nuova ambientazione, nuovi colori e un nuovo personaggio che rappresenta l'amore e la possibilità di salvezza.

È in questo secondo tempo che nascono i grandi interrogativi di Mani Nude, che insieme a Minuto si domanda se nella vita alla fine diventiamo quello che dobbiamo diventare o se ci sia una minima possibilità di riscatto. E quando, pensando ai suoi genitori, Davide dice che stanno aspettando un figlio che non esiste più, Mauro Mancini si trova ancora una volta a parlare dei sensi di colpa e dei cambiamenti che questi possono innescare, mentre impensabili segreti vengono svelati e i protagonisti cercano una normalità. Ma può esistere la normalità il un mondo come il nostro? Ovunque ci giriamo, infatti, homo homini lupus (l’uomo è un lupo per un altro uomo), non ci si ascolta e si alzano muri, mentre i principianti del combattimento a mani nude salgono di livello diventando, come li chiama il film, dei "cani maggiori".



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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